lunedì 8 ottobre 2012

435 - I DUE SARANNO UN’UNICA CARNE

Una settimana di riflessione sul Matrimonio


Primo giorno
Dal libro della Genesi (2,18-24) “18Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».19Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. 21Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. 22Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. 23Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». 24Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.”

La pagina della Genesi è tratta dal racconto più antico della creazione (Jahwista). Il racconto non ha l’obiettivo di dire come sono andate le cose, ma di dire il senso delle cose attraverso espressioni proprie della cultura del tempo.

L’uomo, nella sua componente maschile, è messo in scena nella terra dove gli viene affidato ogni bene, ma viene evidenziata la sua solitudine: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (v. 18). La ricerca parte da lontano, passa in rassegna tutti gli esseri animati, ma la constatazione finale è che tra tutti gli animali «l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse» (v. 20), cioè non fu trovato un essere con cui poter comunicare in profondità. «Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo» (vv. 21-22). Il torpore e il sonno dell’uomo dicono che la donna non è un suo progetto, ma è opera di Dio.

Questa pagina è uno dei testi biblici a cui ci si rifaceva per sostenere e dimostrare il rapporto di dipendenza della donna dall’uomo. In questa interpretazione giocavano fattori storici, culturali e ambientali, e una visione parziale e unilaterale che, in tutto il contesto di Genesi 1–3, coglieva la donna prevalentemente in un ruolo negativo, come seduttrice e causa del peccato. Gli studi esegetici recenti hanno contribuito a mettere in luce una immagine della donna molto diversa, investita di un ruolo

positivo nei confronti dell’uomo e nella storia della salvezza. In questo senso è da sottolineare prima di tutto l’atteggiamento di Dio che, nel racconto sacerdotale della creazione (Gen 1,10.12.18.21.25.31), si era sempre compiaciuto delle sue opere trovandole «buone»; qui invece, quando si ferma a considerare l’uomo, fa una riflessione negativa: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (v. 18).

L’espressione ebraica, usata per indicare nella donna l’aiuto adatto all’uomo [ebraico: neghed], lascia intendere che non si tratta di un aiuto qualsiasi, ma di un essere che può stare di fronte all’uomo faccia a faccia, alla pari; un partner nel quale l’uomo può riconoscere se stesso e con cui può stabilire una comunione di vita e di sentimenti (vv. 18.20). La donna è creata per-essere-con l’uomo; in altri termini, nel pensiero creatore di Dio la realtà umana non è rappresentata da un solo sesso, essa è maschile-femminile in un rapporto di complementarità e reciprocità.

Nella stessa linea va interpretata la descrizione plastica con cui lo scrittore sacro presenta la creazione della donna (v. 22). Il racconto della nascita di Eva dalla costola di Adamo è metaforico, e probabilmente la stessa parola «costola» ha un significato simbolico misterioso. Tuttavia, ciò che viene indubbiamente dichiarato dal racconto biblico è la parità di natura e di dignità tra uomo e donna; la donna non è un essere inferiore, è posta sullo stesso piano dell’uomo. Il fatto che la costola sia vicina al cuore aiuta a trarre una conclusione profonda e consolante sul rapporto tra uomo e donna, e a questa idea allude anche un passo del Talmud: «Dio non ha creato la donna dalla testa dell’uomo perché lo comandasse, né dai suoi piedi, perché ne fosse la schiava, ma dal suo fianco, perché rimanesse vicina al suo cuore », cioè: il rapporto tra uomo e donna non è di subordinazione, si tratta invece di un rapporto di amore e di collaborazione reciproca che deve durare per la vita.

Il grido di gioia e di ammirazione che esce dalla bocca dell’uomo quando si trova di fronte alla sua compagna (v. 23), indica che egli riconosce nella donna il suo completamento. In presenza della donna, l’uomo scopre se stesso come «esserein- relazione», e lo scrittore sacro per indicare questo profondo rapporto di intimità e reciprocità fa derivare il nome della donna (isshah) da quello dell’uomo (ish).

Lo stato di asservimento della donna al dominio dell’uomo compare solo dopo il peccato; la punizione divina colpisce la donna nella sua stessa ragion d’essere: fare da compagna all’uomo (cfr. Gen 3,16). La redenzione operata da Cristo agirà anche all’interno delle relazioni tra uomo e donna, e porrà le condizioni per un ritorno a quello stato di armonia e di equilibrio che corrisponde al pensiero creatore di Dio.

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