sabato 29 settembre 2012

432 - MONOPOLIZZARE DIO - 30 Settembre 2012 – XXVIª Domenica Tempo ordinario

(Numeri 11,25-29 Giacomo 5,1-6 Marco 9,38-47

La tentazione di monopolizzare Dio e di misurarlo secondo i nostri pensieri e scopi è sempre forte, anche nei credenti. Dio, però, manifesta il suo amore in modo completamente libero. La «via e la verità» che egli ha mostrato in Gesù sono un invito serio a rivedere continuamente i nostri schemi religiosi. E soprattutto a non giudicare, bensì ad operare affinché «a tutti i popoli della terra siano annunciate le meraviglie del suo amore».

Il vangelo riunisce insieme alcuni insegnamenti di Gesù che riguardano la vita pratica e tentano di risolvere alcuni problemi che andavano sorgendo in seno alla comunità cristiana primitiva.

L’uso del nome di Gesù suscita frutti di salvezza anche al di fuori della cerchia ristretta dei discepoli. Il problema nasce perché un estraneo (v. 38: «uno» [in greco: tina]) utilizza il nome di Gesù come parola di guarigione nei suoi esorcismi (cfr. At 19,13-16). La reazione dei discepoli è rappresentata da Giovanni, che anche altre volte nei vangeli viene presentato con un temperamento focoso e intransigente (Lc 9,54) fino a meritarsi, con il fratello Giacomo, il titolo di «figlio del tuono» (Mc 3,17). La sua reazione è degna di uno «zelota»; egli non ammette che si possa produrre qualche frutto di salvezza fuori dalla cerchia dei discepoli. L’atteggiamento di Giovanni ricorda quello di Giosuè (prima lettura): egli giudica intollerabile che uno sconosciuto, estraneo al gruppo, cacci i demoni nel nome di Gesù. L’atteggiamento intollerante di Giovanni verso questo esorcista non autorizzato si muove su due registri: il verbo «seguire» e il pronome «noi»; il testo greco letteralmente dice: «perché non ci seguiva» (v. 38). Il problema sta nel complemento che fa da oggetto al verbo «seguire». La sequela non consiste nell’aggregarsi a un gruppo (= ci), ma nel «seguire» Gesù Cristo. Il motivo di coesione della comunità cristiana è il «me» che troviamo in ogni racconto di chiamata: Seguimi! (cfr. Mc 2,14 e paralleli; Gv 1,43) e non il gruppo dei discepoli. La comunità radunata da Gesù non è un ente autonomo, solo Gesù Cristo e la sua presenza giustifica il cammino dei Dodici. Dunque, il «noi» non può essere protagonista assoluto. Gesù capovolge la prospettiva di Giovanni, allarga i confini, sbriciola la categoria «blindata» del discepolo appartenente a una specie di setta. Se Gesù è il riferimento assoluto, allora chi scaccia demoni nel suo nome non può essere né contro di lui né contro il gruppo che lui ha costituito (cfr. vv. 39-40).

La relazione che i discepoli hanno con Gesù viene da loro vissuta come se Gesù fosse loro esclusivo possesso, e la sequela dovesse garantire loro un privilegio che tutti devono rispettare. La risposta di Gesù: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me» (v. 39), è un avvertimento a evitare ogni forma di invidia per il bene che fanno gli altri, ogni forma di concorrenza, ogni pretesa di accaparrare solo per sé la potenza (il nome) di Cristo. Lo Spirito soffia dove vuole (cfr. Gv 3,8), e anche fuori della comunità dei cristiani può guidare gli uomini al compimento delle opere di Dio (cfr. vv. 40-41). Gesù afferma che, se uno ricorre al suo nome per fare del bene, questo è sempre e comunque un segno positivo, perché ha riconosciuto l’importanza della sua persona, e finché non c’è una presa di posizione che si distanzi da lui, resta una vicinanza misteriosa con lui e perfino con i discepoli: «Chi non è contro di noi è per noi» (vv. 40-41). Esiste una parola, usata abbastanza frequentemente nel mondo ecclesiale, la parola «lontano». Chiamiamo «lontani» coloro che non si riconoscono nella comunità parrocchiale o nei movimenti cattolici. Chiamiamo «lontani» coloro che, in qualche modo, sono in una linea diversa dalla nostra quanto alla fede e al modo di viverla. Questa pagina di Vangelo mette profondamente in crisi questa categoria, e noi che l’abbiamo creata. Le persone che chiamiamo «lontani», infatti, «da chi» sono «lontani»? O «da dove» sono «lontani»? La lontananza da un certo modello di comunità ecclesiale è sempre identificabile con la lontananza da Cristo? E se i «lontani» li creassimo noi? Se fossimo noi a creare dei confini rigidi in base ai quali c’è chi è dentro e chi è fuori?

Certe persone che non conoscono il vangelo, ne sono talvolta più vicine di altre, sedicenti cristiane, che si vantano di conoscerlo, ma che con le loro infedeltà ne sono invece molto lontane. Il «lontano» che opera il bene ci interpella e ci provoca. La sua opera al servizio dell’uomo interroga la nostra religiosità, a volte così sterile e incapace di produrre solidarietà.

PREGHIERA - Siamo talmente affezionati alle nostre etichette, ai nostri registri ed elenchi, che ci balza subito all’occhio, Gesù, chi non è dei nostri, chi non appartiene al nostro gruppo, alla nostra comunità. E subito investiamo zelo ed energie per bloccarlo immediatamente, per impedirgli di agire nel tuo nome. Del resto ci chiediamo: Dove andremo a finire se gli estranei usurpano le tue parole e i tuoi gesti, un tesoro di cui noi solamente ci consideriamo eredi autorizzati?

Tu non sembri condividere il nostro comportamento e ci chiedi di usare determinazione e coraggio in tutt’altro senso: nello sradicare risolutamente il male che ha attecchito nel nostro cuore, nelle decisioni e negli atteggiamenti, in tutto ciò che scandalizza i poveri ed i piccoli. Gesù, donami la tua saggezza e liberami dalla fretta nel giudicare gli altri.

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