sabato 15 gennaio 2011

132 - ECCO L’AGNELLO DI DIO, CHE TOGLIE IL PECCATO DEL MONDO! - 16 GENNAIO 2011 – IIª DOMENICA TEMPO ORDINARIO

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
(Isaia 49,3.5-6 1ªCorinti 1,1-3 Giovanni 1,29-34)

“Ecco l’agnello di Dio , colui che toglie il peccato del mondo!”. E’ questo l’Annuncio, è questa la testimonianza riassuntiva del Battista secondo il Quarto vangelo. In quante maniere la simbologia ecclesiale (sia liturgica, sia teologica, sia artistica) ha assimilato e formulato tale testimonianza sul Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto per noi!Fino a renderla professione di fede riassuntiva, al momento della comunione eucaristica nella Santa Messa.
Per l’approfondimento, peraltro inesauribile, del suo contenuto può essere utile risalire a due testi dell’Antico Testamento: quello che sta all’origine del rituale relativo alla Pasqua di Israele in Esodo 12,3-11: il sacrificio dell’agnello pasquale; ed Isaia 52,13-53,12: quarto canto del profeta-servo del Signore. Vi si rievoca e interpreta la sua morte espiatoria “per i peccati di noi tutti”.

Cristo ha salvato l’umanità
Cristo vuol salvato me. Secondo la dottrina tradizionale, la salvezza in Cristo implica due dimensioni. Quella “oggettiva”, secondo la quale Egli ci ha salvato dal peccato, mediante la sua opera, compiuta una volta per tutte nel mistero pasquale, di cui siamo resi partecipi attraverso il dono della fede e i sacramenti della Chiesa. Quella “soggettiva”, per cui al dono ricevuto corrisponde il compito personale di accoglienza fruttuosa mediante la vita di carità. In altre parole, per diventare effettiva, la salvezza di Cristo offerta a tutti gli uomini è necessario che si compia in me, che mi salvi dal mio peccato.
Ci chiediamo, allora, che cosa significa che Gesù ha tolto il peccato del mondo, eppure deve ancora toglierlo in me? Infatti, potrebbe sembrare un’affermazione incongruente quella che sostiene la cancellazione del peccato a fronte della sua presenza ancora così potente nel “mondo” in cui viviamo; tanto che si potrebbe ritenere fallito il progetto salvifico di Dio. La nostra domanda, pertanto, si ripresenta nella seguente formulazione: Se Gesù c’è, irreversibilmente, il peccato può ancora dominare irresistibilmente la vita dell’umanità.
Anche se è vero che la salvezza ha un valore ultraterreno, ossia che il suo ultimo compimento avverrà nell’aldilà del Regno di Dio, debbono pur darsi anticipazioni concrete e storiche della vittoria pasquale di Cristo sul male e sulla morte. In tal senso, la domanda esige risposte non solo sul piano personale, ma anche a livello comunitario e sociale, in quanto, come non si tratta soltanto dei miei peccati, ma anche di quelli di tutti (del peccato del mondo), così la salvezza si attua a livello individuale e collettivo. Si dischiude, in questa direzione, la prospettiva ecclesiale: nel soggetto della comunità dei credenti è in atto la salvezza di Cristo, pur nella forma del “già e non-ancora”, quale anticipazione del Regno.

La comunità credente è il luogo della salvezza accolta.

La presenza irreversibile di Gesù escude l’irresistibilità del peccato del mondo, nonostante la sua insistente sopravvivenza, proprio grazie all’esperienza della Chiesa (quella parte del mondo che ha accolto il Figlio) , che permette ai credenti di testimoniare la fede in Gesù Signore e di offrire speranza al mondo mediante l’amore verso i fratelli. Quindi, è l’esistenza cristiana (fede, speranza, carità), sostenuta dalla grazia dei sacramenti, a custodire la paradossale condizione in cui convivono la santità della Chiesa insieme ai peccati dei suoi figli, così come nel mondo continuano a crescere il buon seme e la zizzania. Solo l’amorosa pazienza di Dio è capace di sostenere il lento cammino di costante purificazione e di permanete conversione che segna la strada dei discepoli di Gesù nel vasta orizzonte del mondo.
Possiamo nutrire la speranza che - nonostante il peccato sia già stato tolto, eppure ancora sopravviva nel mondo – la salvezza di Dio (in Cristo, per lo Spirito, accolta dalla Chiesa) , com’è stata la prima parola sul mondo, così sarà anche l’ultima.

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