Dall’adorazione alla vita
I Magi compiono un gesto di adorazione, riconoscono il Mistero presente nel Bambino, accettano la dipendenza dalla sua signoria, obbediscono a Colui che è la mèta della loro ricerca. Gli offrono l’oro (la libertà, la decisione di impegnare la loro vita), l’incenso (la preghiera, l’ammissione dell’essere creatura) e la mirra (il dono di sé, la fedeltà gratuita). Non è un gesto devozionale o rituale, ma un culto che coinvolge tutta la loro persona ed esistenza. A Dio non si va a mani vuote: per riconoscenza e lode. Ma Dio non chiede né gradisce cose, ma soltanto cuori. E’ questa la liturgia autentica e quotidiana, che giunge certamente a Dio e cambia la persona che sta davanti a Lui. L’Eucarestia è il memoriale del dono totale di sé da parte del Figlio di Dio, che si fa nutrimento per il cammino spirituale. Non è causale che, per ricevere Gesù eucaristico, ci si metta in processione: è il simbolo del coinvolgimento integrale del discepolo, corpo e anima, passato-presente-futuro. Solo chi sa stare in ginocchio davanti a Cristo può stare in piedi: è adoratore in spirito e verità. Con l’Epifania, o si adora Dio o lo si perseguita.
La vicenda dei Magi è sempre al plurale. La traversata della realtà è personale, ma non individuale: è condivisa. Non si può andare a Dio da soli. C’è bisogno di qualcuno che assicuri il viaggio e garantisca che la passione per la realtà non è un sogno o un’alienazione: ecco la Chiesa, che accompagna le persone nell’attraversamento dell’esistenza ed aiuta a giudicarla “in Cristo”. La fedeltà alla Chiesa toglie la paura di improvvisare e di sbagliare, di non farcela e di non avere il risultato sperato. Il legame tra i cristiani è più forte di qualsiasi vincolo umano, perché fondato su Cristo.
La Chiesa è il modo permanente in cui il Dio fatto uomo è disponibile ad essere incontrato da chi lo vuole, è il “metodo” con cui Dio ha scelto di donarsi all’incontro con l’uomo. L’esperienza dei Magi è una possibilità reale per l’uomo di oggi, grazie alla Chiesa nella quale è offerto un cibo ai pellegrini, un conforto agli incerti, una strada agli smarriti. Se questi doni non vanno mai confusi con possessi gelosi, è pur vero che essi sono là per nutrirci; non per esimerci dalla lotta, ma per darci forza; non per addormentare le coscienze, ma per svegliarle e stimolarle a opere e giorni d’amore, in cui l’amore invisibile si faccia presente. E’ la vita della comunità cristiana.
I Magi tornano “per un’altra strada”. “Il test che la mèta è quella vera, cioè compie il desiderio e porta a termine l’inizio, è il ritorno. Il ritorno è la verifica della mèta”. Si tratta non semplicemente di un ritorno, ma di un “rincasare”, cioè di un tornare alla propria casa, al proprio quotidiano, vivendo il Mistero incontrato. I Magi non si isolano nel loro privilegio, ma rientrano nella loro normalità. La santità consiste nel vivere l’ordinario in modo straordinario, cioè insieme a Gesù.
Non si può “tornare da Erode”, rifare il percorso precedente; non ancora segnato dall’incontro con Cristo. Non fotocopie, ma l’inedito dello Spirito perché Gesù cambia nel profondo chi lo avvicina con cuore semplice; lo rende oggettivamente “diverso” da chi non crede, lo abilita ad esperienze alternative in quanto generate dalla grazia e non dalla stravaganza del carattere o della tendenza culturale del momento. Di qui i valori dell’umanesimo cristiano sono indisponibili; il fine dell’educazione cristiana è la conformazione a Cristo; la testimonianza è vivere all’altezza del dono ricevuto; i mezzi essenziali sono la Parola e i Sacramenti; la condivisione coi fratelli di fede e con i poveri.
I Magi compiono un gesto di adorazione, riconoscono il Mistero presente nel Bambino, accettano la dipendenza dalla sua signoria, obbediscono a Colui che è la mèta della loro ricerca. Gli offrono l’oro (la libertà, la decisione di impegnare la loro vita), l’incenso (la preghiera, l’ammissione dell’essere creatura) e la mirra (il dono di sé, la fedeltà gratuita). Non è un gesto devozionale o rituale, ma un culto che coinvolge tutta la loro persona ed esistenza. A Dio non si va a mani vuote: per riconoscenza e lode. Ma Dio non chiede né gradisce cose, ma soltanto cuori. E’ questa la liturgia autentica e quotidiana, che giunge certamente a Dio e cambia la persona che sta davanti a Lui. L’Eucarestia è il memoriale del dono totale di sé da parte del Figlio di Dio, che si fa nutrimento per il cammino spirituale. Non è causale che, per ricevere Gesù eucaristico, ci si metta in processione: è il simbolo del coinvolgimento integrale del discepolo, corpo e anima, passato-presente-futuro. Solo chi sa stare in ginocchio davanti a Cristo può stare in piedi: è adoratore in spirito e verità. Con l’Epifania, o si adora Dio o lo si perseguita.
La vicenda dei Magi è sempre al plurale. La traversata della realtà è personale, ma non individuale: è condivisa. Non si può andare a Dio da soli. C’è bisogno di qualcuno che assicuri il viaggio e garantisca che la passione per la realtà non è un sogno o un’alienazione: ecco la Chiesa, che accompagna le persone nell’attraversamento dell’esistenza ed aiuta a giudicarla “in Cristo”. La fedeltà alla Chiesa toglie la paura di improvvisare e di sbagliare, di non farcela e di non avere il risultato sperato. Il legame tra i cristiani è più forte di qualsiasi vincolo umano, perché fondato su Cristo.
La Chiesa è il modo permanente in cui il Dio fatto uomo è disponibile ad essere incontrato da chi lo vuole, è il “metodo” con cui Dio ha scelto di donarsi all’incontro con l’uomo. L’esperienza dei Magi è una possibilità reale per l’uomo di oggi, grazie alla Chiesa nella quale è offerto un cibo ai pellegrini, un conforto agli incerti, una strada agli smarriti. Se questi doni non vanno mai confusi con possessi gelosi, è pur vero che essi sono là per nutrirci; non per esimerci dalla lotta, ma per darci forza; non per addormentare le coscienze, ma per svegliarle e stimolarle a opere e giorni d’amore, in cui l’amore invisibile si faccia presente. E’ la vita della comunità cristiana.
I Magi tornano “per un’altra strada”. “Il test che la mèta è quella vera, cioè compie il desiderio e porta a termine l’inizio, è il ritorno. Il ritorno è la verifica della mèta”. Si tratta non semplicemente di un ritorno, ma di un “rincasare”, cioè di un tornare alla propria casa, al proprio quotidiano, vivendo il Mistero incontrato. I Magi non si isolano nel loro privilegio, ma rientrano nella loro normalità. La santità consiste nel vivere l’ordinario in modo straordinario, cioè insieme a Gesù.
Non si può “tornare da Erode”, rifare il percorso precedente; non ancora segnato dall’incontro con Cristo. Non fotocopie, ma l’inedito dello Spirito perché Gesù cambia nel profondo chi lo avvicina con cuore semplice; lo rende oggettivamente “diverso” da chi non crede, lo abilita ad esperienze alternative in quanto generate dalla grazia e non dalla stravaganza del carattere o della tendenza culturale del momento. Di qui i valori dell’umanesimo cristiano sono indisponibili; il fine dell’educazione cristiana è la conformazione a Cristo; la testimonianza è vivere all’altezza del dono ricevuto; i mezzi essenziali sono la Parola e i Sacramenti; la condivisione coi fratelli di fede e con i poveri.
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