LA PAROLA LETTA IN FAMIGLIA
(Numeri 6,22-27 Galati 4,4-7 Luca 2,16-21)
Già Sant’Agostino ha legato indissolubilmente la maternità di Maria con l’obbedienza del suo cuore. Ella ha generato Gesù nella carne perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre. Con il suo “sì” Maria ha fatto spazio nel proprio corpo a Gesù: una grazia del tutto singolare ed unica, ma concretissima. Il grembo di Maria è la primissima dimora dell’Emmanuele, è il suo tabernacolo più bello ed originale, perché costruito dall’amore. Dal concepimento a tutto l’arco della sua vita terrena, Maria, la Madre, è stata tanto unita al Figlio e con tale profondità da avere quasi in comune con Lui il pensare e l’agire, il gioire e il soffrire.
Questa solennità, che affonda la sue radici liturgiche nei primi secoli della Chiesa, impedisce uno sguardo gnostico a Cristo, riducendolo cioè a dottrina o a morale, senza realtà e concretezza umana. Tutta la narrazione evangelica della nascita di Gesù è caratterizzata dal linguaggio della fisicità: realmente Gesù è nato da Maria, che lo ha reso visibile, fisicamente incontrabile da tutti. La maternità di Maria mostra l’inconsistenza e l’erroneità di ogni astrazione e genericità riguardo a Cristo. Se Maria non è Madre del Figlio di Dio, allora non esiste la presenza reale nell’E$ucarestia, la Chiesa si riduce a folclore o ad associazione filantropica, l’identità cristiana è sfumata.
Al contrario Ella educa i cristiani ad ospitare suo Figlio in se stessi e li aiuta ad arrivare a Lui, li stimola ad imparare i misteri della vita del Figlio e a conformarsi a Lui. Per Maria, Gesù è il “tu” con cui ha condiviso una profonda sintonia di sangue e di cuore, una Presenza capace di suscitarle letizia. E così deve essere per ogni cristiano: finché non “sente” crescere Cristo dentro di sé, è ancora lontano dalla maturità di fede e di testimonianza.
La maternità di Maria è verginale non solo al momento del concepimento, ma in tutta la sua vita. Questo significa che tutto quello che lei sta vivendo non è una sua conquista e possesso, ma appartiene a Dio, e solo in Lui trova il suo compimento.
Amare in modo verginale significa sentire il figlio non come strumento di gratificazione, ma avere a cuore il suo ultimo destino, riconoscere la sua “trascendenza”, cioè la sua provenienza lontana, in Dio. Questo genera una nuova fecondità e allarga la propria maternità. Con Giovanni sotto la croce, la maternità di Maria esce dalla fisicità per estendersi a quanti costituiscono il Corpo Vivente di Cristo. Maria, Madre di Cristo, diventa Madre della Chiesa.
In Maria che ascolta, medita e custodisce quanto vive, anche la Chiesa è chiamata a riconoscersi Vergine e Madre. Madre come Maria, la Chiesa ha la missione di generare le giovani generazioni alla fede e alla vita cristiana, assumendo alcune caratteristiche della Madre di Dio: la sua santità, la sua docilità, la sua obbedienza alla volontà del Padre. Vergine come Maria, alla Chiesa è chiesto di mantenersi fedele al suo Sposo e Signore, conservando una fede integra, una speranza solida e una carità generosa. Il contributo di Maria è dunque essenziale alla vita cristiana, trascende la pietá devozionale e diventa il modello di ogni autentica fecondità, anche sociale.
(Numeri 6,22-27 Galati 4,4-7 Luca 2,16-21)
Già Sant’Agostino ha legato indissolubilmente la maternità di Maria con l’obbedienza del suo cuore. Ella ha generato Gesù nella carne perché ha aderito totalmente alla volontà del Padre. Con il suo “sì” Maria ha fatto spazio nel proprio corpo a Gesù: una grazia del tutto singolare ed unica, ma concretissima. Il grembo di Maria è la primissima dimora dell’Emmanuele, è il suo tabernacolo più bello ed originale, perché costruito dall’amore. Dal concepimento a tutto l’arco della sua vita terrena, Maria, la Madre, è stata tanto unita al Figlio e con tale profondità da avere quasi in comune con Lui il pensare e l’agire, il gioire e il soffrire.
Questa solennità, che affonda la sue radici liturgiche nei primi secoli della Chiesa, impedisce uno sguardo gnostico a Cristo, riducendolo cioè a dottrina o a morale, senza realtà e concretezza umana. Tutta la narrazione evangelica della nascita di Gesù è caratterizzata dal linguaggio della fisicità: realmente Gesù è nato da Maria, che lo ha reso visibile, fisicamente incontrabile da tutti. La maternità di Maria mostra l’inconsistenza e l’erroneità di ogni astrazione e genericità riguardo a Cristo. Se Maria non è Madre del Figlio di Dio, allora non esiste la presenza reale nell’E$ucarestia, la Chiesa si riduce a folclore o ad associazione filantropica, l’identità cristiana è sfumata.
Al contrario Ella educa i cristiani ad ospitare suo Figlio in se stessi e li aiuta ad arrivare a Lui, li stimola ad imparare i misteri della vita del Figlio e a conformarsi a Lui. Per Maria, Gesù è il “tu” con cui ha condiviso una profonda sintonia di sangue e di cuore, una Presenza capace di suscitarle letizia. E così deve essere per ogni cristiano: finché non “sente” crescere Cristo dentro di sé, è ancora lontano dalla maturità di fede e di testimonianza.
La maternità di Maria è verginale non solo al momento del concepimento, ma in tutta la sua vita. Questo significa che tutto quello che lei sta vivendo non è una sua conquista e possesso, ma appartiene a Dio, e solo in Lui trova il suo compimento.
Amare in modo verginale significa sentire il figlio non come strumento di gratificazione, ma avere a cuore il suo ultimo destino, riconoscere la sua “trascendenza”, cioè la sua provenienza lontana, in Dio. Questo genera una nuova fecondità e allarga la propria maternità. Con Giovanni sotto la croce, la maternità di Maria esce dalla fisicità per estendersi a quanti costituiscono il Corpo Vivente di Cristo. Maria, Madre di Cristo, diventa Madre della Chiesa.
In Maria che ascolta, medita e custodisce quanto vive, anche la Chiesa è chiamata a riconoscersi Vergine e Madre. Madre come Maria, la Chiesa ha la missione di generare le giovani generazioni alla fede e alla vita cristiana, assumendo alcune caratteristiche della Madre di Dio: la sua santità, la sua docilità, la sua obbedienza alla volontà del Padre. Vergine come Maria, alla Chiesa è chiesto di mantenersi fedele al suo Sposo e Signore, conservando una fede integra, una speranza solida e una carità generosa. Il contributo di Maria è dunque essenziale alla vita cristiana, trascende la pietá devozionale e diventa il modello di ogni autentica fecondità, anche sociale.
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