L’amore salva
Il dialogo del Battista con Gesù, raccontato dal Vangelo di Matteo (3,13-17), è carico di stupore, sorpresa e ricerca spirituale: “Tu vieni da me?” Molti si sono fatti tale domanda: la Vergine fecondata dallo Spirito, Giuseppe nella scelta determinante, Elisabetta che accoglie Maria, i pastori invitati dagli angeli, i Magi guidati dalla stella … E’ l’interrogativo di ogni cristiano, conscio dei propri limiti e stupito di Dio che condivide la sua povertà.
Il mettersi in fila con i peccatori, stare dalla loro parte, è la garanzia che nessuno è escluso o abbandonato da Cristo. Il peccato è lontananza dell’uomo da Dio, ma non di Dio dall’uomo. Gesù è solidale con i peccatori, pur essendo senza peccato.
Nel battesimo si rivela il Dio di Gesù Cristo: il totalmente Altro, l’Assoluto e il P Perfetto si fa solidale con l’umanità ferita dal peccato. Gesù svela il volto di un Dio che esce a cercare la pecora smarrita, attende il ritorno del figlio spendaccione, si ferma nella casa di Zaccheo, banchetta con i peccatori, non spegne il lucignolo fumigante né spezza la canna inclinata, fa festa per ogni peccatore che si converte e muore pronunciando parole di perdono.
Solo la condivisione generata dall’amore redime dal male: non servono disvorsi sull’origine del male, raccomandazioni morali sul peccato, ricorso a mezzi straordinari. Con la sua vita Gesù insegna che il mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri, di martiri più che di predicatori della fedeltà al Vangelo, di santi più che di sostenitori dellle cause dei santi, di uomini giusti più che di persone che parlano di giustizia. Dio si spoglia della sua gloria per tendere la mano a chi rischia di affogare nel fango. Gesù paga di persona per vincere il male, liberare il divino presente in ognuno e tendere all’armonia iniziale. E’ la legge dell’incarnazione, lo stile del dono come uscita da sé per porsi al servizio, l’opposto dell’autopossesso egoistico e dell’isolamento. Questo è il metodo scelto da Gesù per “ricreare” il mondo.
Nel Figlio prediletto
Gesù risponde al Battista, secondo quanto racconta il Vangelo di Matteo (3,13-17): “Lascia fare per ora”. Il suo gesto umile e sconcertante scalza i ragionamenti umani e la meritocrazia religiosa. Per Gesù l’importante è immergersi nel limite umano, per poter aiutare le persone, per essere l’Emmanuele di tutti.
Questo risponde all’anelito della natura umana e alla vocazione del Messia. Spendersi con gratuità e generosità là dove si vive, nella piene fiducia in Dio, può sembrare poco: in realtà è tutto, perché va oltre la giustizia, intesa come dare a ciascuno il suo. Gesù, il Figlio che ha sperimentato l’amore del Padre, non può accettare che gli altri siano abbandonati alla rovina. Ciò che il Battista non comprende, apparirà pienamente nella Pasqua: Colui che è senza peccato, porta il peso dei peccati di tutti perché ognuno sia di nuovo reso capace di muoversi verso il Padre, con autentico spirito filiale. L’esperienza del male, esterno e interno all’uomo, non è più paralizzante perché assunto e vinto da Cristo, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, che ha dato la vita per far emergere l’umano ed esaltarlo nella sua totalità.
La salvezza passa da un atto di amore, mediante il quale lo Spirito svela l’identità di Gesù e il suo rapporto col Padre. Gesù sale dalle acque e lo Spirito scende dal cielo. In Gesù cielo, terra e acqua, Dio e uomo sono finalmente uniti: gli elementi vitali e le relazioni sono armonizzati. Il Battista potrà dire. “Io vi battezzo con acqua … Lui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. In Gesù l’uomo può diventare figlio di Dio e compiere la sua destinazione originaria: riconoscere Dio come “Abbà” (Papà) e rivolgersi a Lui con gratitudine. Questa riflessione serva a riscoprire, coltivare e testimoniare il dono della fede; a vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani. La fede è una luce che splende nel mondo, che brancola nelle tenebre del dubbio. Il battesimo è un cambiamento radicale di vita che porta a seguire Cristo; è ben più di una specie di purificazione e abbellimento dell’anima: è realmente una trasformazione in una nuova vita.
Il dialogo del Battista con Gesù, raccontato dal Vangelo di Matteo (3,13-17), è carico di stupore, sorpresa e ricerca spirituale: “Tu vieni da me?” Molti si sono fatti tale domanda: la Vergine fecondata dallo Spirito, Giuseppe nella scelta determinante, Elisabetta che accoglie Maria, i pastori invitati dagli angeli, i Magi guidati dalla stella … E’ l’interrogativo di ogni cristiano, conscio dei propri limiti e stupito di Dio che condivide la sua povertà.
Il mettersi in fila con i peccatori, stare dalla loro parte, è la garanzia che nessuno è escluso o abbandonato da Cristo. Il peccato è lontananza dell’uomo da Dio, ma non di Dio dall’uomo. Gesù è solidale con i peccatori, pur essendo senza peccato.
Nel battesimo si rivela il Dio di Gesù Cristo: il totalmente Altro, l’Assoluto e il P Perfetto si fa solidale con l’umanità ferita dal peccato. Gesù svela il volto di un Dio che esce a cercare la pecora smarrita, attende il ritorno del figlio spendaccione, si ferma nella casa di Zaccheo, banchetta con i peccatori, non spegne il lucignolo fumigante né spezza la canna inclinata, fa festa per ogni peccatore che si converte e muore pronunciando parole di perdono.
Solo la condivisione generata dall’amore redime dal male: non servono disvorsi sull’origine del male, raccomandazioni morali sul peccato, ricorso a mezzi straordinari. Con la sua vita Gesù insegna che il mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri, di martiri più che di predicatori della fedeltà al Vangelo, di santi più che di sostenitori dellle cause dei santi, di uomini giusti più che di persone che parlano di giustizia. Dio si spoglia della sua gloria per tendere la mano a chi rischia di affogare nel fango. Gesù paga di persona per vincere il male, liberare il divino presente in ognuno e tendere all’armonia iniziale. E’ la legge dell’incarnazione, lo stile del dono come uscita da sé per porsi al servizio, l’opposto dell’autopossesso egoistico e dell’isolamento. Questo è il metodo scelto da Gesù per “ricreare” il mondo.
Nel Figlio prediletto
Gesù risponde al Battista, secondo quanto racconta il Vangelo di Matteo (3,13-17): “Lascia fare per ora”. Il suo gesto umile e sconcertante scalza i ragionamenti umani e la meritocrazia religiosa. Per Gesù l’importante è immergersi nel limite umano, per poter aiutare le persone, per essere l’Emmanuele di tutti.
Questo risponde all’anelito della natura umana e alla vocazione del Messia. Spendersi con gratuità e generosità là dove si vive, nella piene fiducia in Dio, può sembrare poco: in realtà è tutto, perché va oltre la giustizia, intesa come dare a ciascuno il suo. Gesù, il Figlio che ha sperimentato l’amore del Padre, non può accettare che gli altri siano abbandonati alla rovina. Ciò che il Battista non comprende, apparirà pienamente nella Pasqua: Colui che è senza peccato, porta il peso dei peccati di tutti perché ognuno sia di nuovo reso capace di muoversi verso il Padre, con autentico spirito filiale. L’esperienza del male, esterno e interno all’uomo, non è più paralizzante perché assunto e vinto da Cristo, Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, che ha dato la vita per far emergere l’umano ed esaltarlo nella sua totalità.
La salvezza passa da un atto di amore, mediante il quale lo Spirito svela l’identità di Gesù e il suo rapporto col Padre. Gesù sale dalle acque e lo Spirito scende dal cielo. In Gesù cielo, terra e acqua, Dio e uomo sono finalmente uniti: gli elementi vitali e le relazioni sono armonizzati. Il Battista potrà dire. “Io vi battezzo con acqua … Lui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. In Gesù l’uomo può diventare figlio di Dio e compiere la sua destinazione originaria: riconoscere Dio come “Abbà” (Papà) e rivolgersi a Lui con gratitudine. Questa riflessione serva a riscoprire, coltivare e testimoniare il dono della fede; a vivere la bellezza e la gioia dell’essere cristiani. La fede è una luce che splende nel mondo, che brancola nelle tenebre del dubbio. Il battesimo è un cambiamento radicale di vita che porta a seguire Cristo; è ben più di una specie di purificazione e abbellimento dell’anima: è realmente una trasformazione in una nuova vita.
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Dal Battesimo la Fraternità
Dal battesimo deriva anche un nuovo modello di società: Quella dei fratelli. La fraternità non nasce da un’ideologia, da un decreto o da un atto di socializzazione ecclesiale. Ci si riconosce fratelli in forza dell’essere figli dell’unico Padre. Lo Spirito genera il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come “lievito” di un’umanità nuova, solidale, ricca di pace e di speranza. Le parrocchie faticano a superare il proprio campanile e a cogliere l’arricchimento di collegarsi con le altre comunità, la zona pastorale e la diocesi, e di collaborare di più insieme. Quanto è proposto al di fuori della pastorale quotidiana è inteso come un di più. Invece la Chiesa è comunione e comunicazione, sinergia e corresponsabilità. Più ci si apre ad una Chiesa vasta e più si cresce insieme, pur con le normali difficoltà, come in una famiglia. Talvolta le realtà ecclesiali sono ricche di attività, ma “separate” in casa. La parrocchia è un luogo significativo di incontro fra tutte le generazioni, alimentando così anche il tessuto sociale, oggi così frammentato. Lo Spirito, che si manifesta su Gesù in forma di colomba, testimonia che Dio non è assente dalla storia, ma continuamente operante. Ogni volta che si vive da “figli nel Figlio”, si proclama l’Amen del battesimo ricevuto e si rinnova il prodigio del Natale.
Per concludere
Questa festa, ammettiamolo, rappresenta una sorta di risveglio brusco, che ci richiama alla realtà perché la dolcezza del presepio non ci impedisca di colgiere il senso della tua venuta, Gesù.
Tu sei venuto nella carne umana perché hai una missione da compiere. Il bambino che abbiamo contemplato nella sua culla improvvisata è destinato a crescere, a diventare un uomo per realizzare un disegno di salvezza.
Coloro che si sono lasciati sedurre dalla magia del Natale non possono fermarsi alla capanna, alle pecore e ai pastori. La struggente nostalgia deve far posto all’impegno di seguirti, di ascoltarti, di lasciarsi cambiare dal tuo annuncio di salvezza.
Al Giordano tu non sei più il bambino del presepio, ma un uomo fatto che ben conosce le fatiche e le gioie dell’esistenza. Al Giordano comincia la parte decisiva del tuo compito. La discesa dello Spirito e la parola del Padre ci ricordano la tua identità e ci rivelano che non sei solo in questa impresa.
Dal battesimo deriva anche un nuovo modello di società: Quella dei fratelli. La fraternità non nasce da un’ideologia, da un decreto o da un atto di socializzazione ecclesiale. Ci si riconosce fratelli in forza dell’essere figli dell’unico Padre. Lo Spirito genera il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come “lievito” di un’umanità nuova, solidale, ricca di pace e di speranza. Le parrocchie faticano a superare il proprio campanile e a cogliere l’arricchimento di collegarsi con le altre comunità, la zona pastorale e la diocesi, e di collaborare di più insieme. Quanto è proposto al di fuori della pastorale quotidiana è inteso come un di più. Invece la Chiesa è comunione e comunicazione, sinergia e corresponsabilità. Più ci si apre ad una Chiesa vasta e più si cresce insieme, pur con le normali difficoltà, come in una famiglia. Talvolta le realtà ecclesiali sono ricche di attività, ma “separate” in casa. La parrocchia è un luogo significativo di incontro fra tutte le generazioni, alimentando così anche il tessuto sociale, oggi così frammentato. Lo Spirito, che si manifesta su Gesù in forma di colomba, testimonia che Dio non è assente dalla storia, ma continuamente operante. Ogni volta che si vive da “figli nel Figlio”, si proclama l’Amen del battesimo ricevuto e si rinnova il prodigio del Natale.
Per concludere
Questa festa, ammettiamolo, rappresenta una sorta di risveglio brusco, che ci richiama alla realtà perché la dolcezza del presepio non ci impedisca di colgiere il senso della tua venuta, Gesù.
Tu sei venuto nella carne umana perché hai una missione da compiere. Il bambino che abbiamo contemplato nella sua culla improvvisata è destinato a crescere, a diventare un uomo per realizzare un disegno di salvezza.
Coloro che si sono lasciati sedurre dalla magia del Natale non possono fermarsi alla capanna, alle pecore e ai pastori. La struggente nostalgia deve far posto all’impegno di seguirti, di ascoltarti, di lasciarsi cambiare dal tuo annuncio di salvezza.
Al Giordano tu non sei più il bambino del presepio, ma un uomo fatto che ben conosce le fatiche e le gioie dell’esistenza. Al Giordano comincia la parte decisiva del tuo compito. La discesa dello Spirito e la parola del Padre ci ricordano la tua identità e ci rivelano che non sei solo in questa impresa.
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