La luce dei volti
La semplicità del Bambino pare in contrasto con la pretesa di Gesù adulto di essere Luce del mondo. Eppure sono due facce della medesima persona, da contemplare non con i criteri della sapienza umana. Perché solo l’amore illumina. Ci può essere una luce/bellezza che seduce ma non convince, attrae ma non riempie il cuore, appaga ma non del tutto.
La liturgia è una scia di luce per la presenza di Dio, la sua inabitazione nei partecipanti, il suo calore di grazia che fonde le scorie ed unisce i cuori. L’opposto del buio della bruttezza dovuto alla banalità, al disordine morale e al disimpegno dell’indifferenza. La luminosità della vita del credente rivela la speranza di chi si sente erede di una splendida terra promessa e la ricerca di inculturare la fede con una fedeltà creativa.
Preoccupanti i dati dell’ultima indagine dell’Istituto Iard di Milano: meno giovani dai 18 ai 25 anni si definiscono cattolici; danno meno credibilità alle figure religiose istituzionali, sono meno disponibili ad accettare il ruolo “politico” della Chiesa, hanno minor senso di appartenenza a una comunità ecclesiale specifica, mostrano minor osservanza di indicazioni etiche e comportamentali offerte dalla Chiesa, presentano minor frequenza anche nelle grandi solennità di Natale e Pasqua. Segnali di una religione fai-da-te, di una generazione incredula, di un anello mancante nella cinghia di trasmissione tra le generazioni.
I giovani sembrano privi di motivazioni circa l’autentica convenienza della fede o della preghiera. Pare che non siano stati aiutati a sviluppare nel loro cuore antenne per Dio. Urge una verifica della catechesi e della vita cristiana in generale.
Nella trasmissione della fede, niente può sostituire i rapporti interpersonali. Forse ci si è illusi che il ricorso ai grandi eventi, l’utilizzo delle nuove tecnologie e l’adeguamento ai modelli vincenti di creazione del consenso potessero funzionare anche a livello ecclesiale. Puntare sull’emozione di raduni eccezionali; dei grandi numeri e della visibilità mediatica ha portato ad una sorta di “assuefazione allo straordinario e al conseguente disinteresse, alla noia, se non al disgusto, per la quotidianità del vissuto”. Il senso del vivere, la speranza del futuro e il balsamo per le proprie ferite vanno cercati, invece, nella quotidianità ordinaria. Spetta agli adulti ritrovare i principi che si vorrebbero presenti nei giovani ed offrire esperienze cui guardare con gratitudine, testimoniare un presente dagli orizzonti aperti e progettare un futuro di vita armonica e condivisibile.
La modernità pare avere annichilito le relazioni, chiuso gli individui in gusci solitari, spenta ogni costruttiva dinamica relazionale. Un meccanicismo amministrativo sostituisce la libertà, la responsabilità e l’etica, portando ad una perdita di umanità. Va trovata la luce per le relazioni umane e per far crescere una società dell’umano, per declinare i bisogni e i diritti non in modo utilitaristico, ma rispondente alle vere esigenze.
La semplicità del Bambino pare in contrasto con la pretesa di Gesù adulto di essere Luce del mondo. Eppure sono due facce della medesima persona, da contemplare non con i criteri della sapienza umana. Perché solo l’amore illumina. Ci può essere una luce/bellezza che seduce ma non convince, attrae ma non riempie il cuore, appaga ma non del tutto.
La liturgia è una scia di luce per la presenza di Dio, la sua inabitazione nei partecipanti, il suo calore di grazia che fonde le scorie ed unisce i cuori. L’opposto del buio della bruttezza dovuto alla banalità, al disordine morale e al disimpegno dell’indifferenza. La luminosità della vita del credente rivela la speranza di chi si sente erede di una splendida terra promessa e la ricerca di inculturare la fede con una fedeltà creativa.
Preoccupanti i dati dell’ultima indagine dell’Istituto Iard di Milano: meno giovani dai 18 ai 25 anni si definiscono cattolici; danno meno credibilità alle figure religiose istituzionali, sono meno disponibili ad accettare il ruolo “politico” della Chiesa, hanno minor senso di appartenenza a una comunità ecclesiale specifica, mostrano minor osservanza di indicazioni etiche e comportamentali offerte dalla Chiesa, presentano minor frequenza anche nelle grandi solennità di Natale e Pasqua. Segnali di una religione fai-da-te, di una generazione incredula, di un anello mancante nella cinghia di trasmissione tra le generazioni.
I giovani sembrano privi di motivazioni circa l’autentica convenienza della fede o della preghiera. Pare che non siano stati aiutati a sviluppare nel loro cuore antenne per Dio. Urge una verifica della catechesi e della vita cristiana in generale.
Nella trasmissione della fede, niente può sostituire i rapporti interpersonali. Forse ci si è illusi che il ricorso ai grandi eventi, l’utilizzo delle nuove tecnologie e l’adeguamento ai modelli vincenti di creazione del consenso potessero funzionare anche a livello ecclesiale. Puntare sull’emozione di raduni eccezionali; dei grandi numeri e della visibilità mediatica ha portato ad una sorta di “assuefazione allo straordinario e al conseguente disinteresse, alla noia, se non al disgusto, per la quotidianità del vissuto”. Il senso del vivere, la speranza del futuro e il balsamo per le proprie ferite vanno cercati, invece, nella quotidianità ordinaria. Spetta agli adulti ritrovare i principi che si vorrebbero presenti nei giovani ed offrire esperienze cui guardare con gratitudine, testimoniare un presente dagli orizzonti aperti e progettare un futuro di vita armonica e condivisibile.
La modernità pare avere annichilito le relazioni, chiuso gli individui in gusci solitari, spenta ogni costruttiva dinamica relazionale. Un meccanicismo amministrativo sostituisce la libertà, la responsabilità e l’etica, portando ad una perdita di umanità. Va trovata la luce per le relazioni umane e per far crescere una società dell’umano, per declinare i bisogni e i diritti non in modo utilitaristico, ma rispondente alle vere esigenze.
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