La luce dall’Alto
Il prologo del Vangelo di Giovanni approfondisce la vera identità del Bambino di Betlemme per capire il quale si deve risalire oltre la sua storia, ripartire “dal principio” della creazione. Gesù “Verbo, Luce, Vita, Gloria di Dio, Tenda di Dio fra noi”: ognuno di questi termini significa rapporto, dialogo, comunicazione e comunione, legame, circolazione di vita. Gesù infatti è il sacramento dell’incontro con Dio e con gli uomini.
E’ importante porre attenzione al soggetto dell’azione cristiana, cioè chiedersi “per chi” si agisce. Non rispondere a questa domanda, concentrarsi solo su ciò che si fa, provoca una rottura tra fede e vita, spesso tra persona e persona, e trasforma la comunità in un’azienda, che procede senza conoscere ciò che – o meglio chi – ci spinge ad agire. Il Natale porta un messaggio gioioso di inclusione nell’abbraccio caldo di un Dio, che si è fatto Bambino per parlare al cuore di ognuno e per unire le persone nel dono della salvezza. Se Gesù è al centro, tutti sono dentro al grande centro dell’umanità. Un uomo è veramente tale solo quando, con l’aiuto del Signore, è capace di includere tutti. Gesù, l’Amore totale, non esclude nessuno.
Diceva Santa Edith Stein, uccisa in un campo di concentramento: “Più si fa buio intorno a te, più devi aprirti alla Luce che viene dall’alto”. Gesù illumina e attira perché è sincero, fino a pagare il prezzo più alto per la verità che annuncia. Appare umile e coraggioso, totalmente disinteressato, niente affatto ripiegato in un amaro vittimismo. E’ esigente ma non fiscale, forte e mite, grande nel donarsi, radicale nell’amare sino alla follia della croce.
Gesú chiede di aderire alla sua persona, perché sa di essere il Figlio di Dio venuto a rivelare l’amore sconfinato di un Dio che è Padre per tutti, e per indicare che la via della felicità si imbocca all’incrocio tra le vie della verità, dell’amore e della libertà. Gesù è il volto umano di Dio: incontrare Lui è incontrare Dio. Ma Egli è anche il volto divino dell’uomo: non censura, ma eleva tutto ciò che di positivo appartiene ai sogni e slanci umani. Il miglior augurio per ogni cristiano è di arrivare a fare la professione di fede di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Tu solo hai parole di vita eterna”.
L’evangelista Giovanni esprime questo processo con i simboli della luce e delle tenebre e afferma che “la luce risplende nella tenebra, ma la tenebra non l’ha accolta.”
Il problema non è nella fonte, ma nella ricezione, nell’accoglienza. Oggi il frastuono riempie le orecchie, gli spot televisivi abbagliano gli occhi e l’eccesso di stimoli sequestra il cuore. Il dramma del presente è che non sembra più esserci una ragione grande per vivere e per morire. Il relativismo (“Tutto è relativo”) porta all’individualismo, al vuoto e ad una profonda solitudine. Se il giorno di ieri è passato e per il futuro manca una speranza comune, si è soli, prigionieri del presente frammentato (società del labirinto), prigionieri di calcoli di bassa lega. La decadenza non è rifiuto dei valori, ma indifferenza ai valori, l’assenza di una passione per cui valga veramente la pena di vivere.
Il prologo del Vangelo di Giovanni approfondisce la vera identità del Bambino di Betlemme per capire il quale si deve risalire oltre la sua storia, ripartire “dal principio” della creazione. Gesù “Verbo, Luce, Vita, Gloria di Dio, Tenda di Dio fra noi”: ognuno di questi termini significa rapporto, dialogo, comunicazione e comunione, legame, circolazione di vita. Gesù infatti è il sacramento dell’incontro con Dio e con gli uomini.
E’ importante porre attenzione al soggetto dell’azione cristiana, cioè chiedersi “per chi” si agisce. Non rispondere a questa domanda, concentrarsi solo su ciò che si fa, provoca una rottura tra fede e vita, spesso tra persona e persona, e trasforma la comunità in un’azienda, che procede senza conoscere ciò che – o meglio chi – ci spinge ad agire. Il Natale porta un messaggio gioioso di inclusione nell’abbraccio caldo di un Dio, che si è fatto Bambino per parlare al cuore di ognuno e per unire le persone nel dono della salvezza. Se Gesù è al centro, tutti sono dentro al grande centro dell’umanità. Un uomo è veramente tale solo quando, con l’aiuto del Signore, è capace di includere tutti. Gesù, l’Amore totale, non esclude nessuno.
Diceva Santa Edith Stein, uccisa in un campo di concentramento: “Più si fa buio intorno a te, più devi aprirti alla Luce che viene dall’alto”. Gesù illumina e attira perché è sincero, fino a pagare il prezzo più alto per la verità che annuncia. Appare umile e coraggioso, totalmente disinteressato, niente affatto ripiegato in un amaro vittimismo. E’ esigente ma non fiscale, forte e mite, grande nel donarsi, radicale nell’amare sino alla follia della croce.
Gesú chiede di aderire alla sua persona, perché sa di essere il Figlio di Dio venuto a rivelare l’amore sconfinato di un Dio che è Padre per tutti, e per indicare che la via della felicità si imbocca all’incrocio tra le vie della verità, dell’amore e della libertà. Gesù è il volto umano di Dio: incontrare Lui è incontrare Dio. Ma Egli è anche il volto divino dell’uomo: non censura, ma eleva tutto ciò che di positivo appartiene ai sogni e slanci umani. Il miglior augurio per ogni cristiano è di arrivare a fare la professione di fede di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Tu solo hai parole di vita eterna”.
L’evangelista Giovanni esprime questo processo con i simboli della luce e delle tenebre e afferma che “la luce risplende nella tenebra, ma la tenebra non l’ha accolta.”
Il problema non è nella fonte, ma nella ricezione, nell’accoglienza. Oggi il frastuono riempie le orecchie, gli spot televisivi abbagliano gli occhi e l’eccesso di stimoli sequestra il cuore. Il dramma del presente è che non sembra più esserci una ragione grande per vivere e per morire. Il relativismo (“Tutto è relativo”) porta all’individualismo, al vuoto e ad una profonda solitudine. Se il giorno di ieri è passato e per il futuro manca una speranza comune, si è soli, prigionieri del presente frammentato (società del labirinto), prigionieri di calcoli di bassa lega. La decadenza non è rifiuto dei valori, ma indifferenza ai valori, l’assenza di una passione per cui valga veramente la pena di vivere.
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