mercoledì 24 novembre 2010

94 - Una settimana per SENTIRSI AMATI

Quinto giorno: Per diventare l’Amato …essere Benedetto
Come Amati Figli di Dio, noi siamo benedetti. Cosa intendo con la parola “benedire”. In latino benedire è “benedicere” che letteralmente significa: parlare (dicere) bene (bene) cioè “dire cose buone” di qualcuno. Questo mi dice qualcosa. Ho bisogno di sentire che si dicano cose buone di me, e so quanto tu abbia lo stesso bisogno. Al giorno d’oggi diciamo spesso: “Dobbiamo rassicurarci l’uno l’altro”. Senza sicurezza è difficile vivere bene. Dare a qualcuno una benedizione è la più significativa sicurezza che possiamo offrire. E’ più che una parola di lode o di apprezzamento, è piu’ che indicare i talenti o le buone azioni di qualcuno; e’ più che porre qualcuno in luce. Dare una benedizione è confermare, dire “sì” al fatto che una persona è Amata. Una benedizione tocca la primigenia bontà dell’altro e dà vita al suo “essere Amato”.
Non molto tempo fa, nella mia comunità per persone disabili, ho avuto una autentica esperienza personale del potere di una vera benedizione. Poco tempo prima che ciò accadesse, avevo iniziato una funzione in una delle nostre cappelle. Janet, una handicappata della nostra comunità, mi disse: “Henri, mi puoi benedire?”. Io risposi alla sua richiesta in maniera automatica tracciando con il pollice il segno della croce sulla sua fronte. Invece di essere grata, lei protestò con veemenza: “No! Questa non funziona. Voglio una vera benedizione!” Mi resi subito conto di come avevo risposto in modo formalistico alla sua richiesta e dissi: “Oh, scusami… ti darò una vera benedizione quando saremo tutti insieme per la funzione religiosa”. Lei mi fece un cenno con un sorriso e io compresi che mi si richiedeva qualcosa di speciale. Dopo la funzione, quando circa una ventina di persone erano sedute in cerchio sul pavimento, io dissi: “Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale. Lei sente di averne bisogno adesso”. Mentre stavo dicendo questo, non sapevo cosa Janet volesse veramente. Ma Janet non mi lasciò a lungo nel dubbio. Appena dissi: “Janet mi ha chiesto di darle una benedizione speciale”, lei si alzò e venne verso di me. Io indossavo un lungo abito bianco con ampie maniche che coprivano sia le mani che le braccia. Spontaneamente Janet mi cinse tra le sue braccia e pose la testa contro il mio petto. Senza pensare, la coprii con le mie maniche al punto da farla quasi sparire tra le pieghe del mio abito. Mentre ci tenevamo l’un l’altra io dissi: “Janet, voglio che tu sappia che sei l’Amata figlia di Dio. Sei preziosa agli occhi di Dio. Il tuo bel sorriso, la tua gentilezza verso gli altri della comunità e tutte le cose buone che fai, ci mostrano che bella creatura tu sei. So che in questi giorni ti senti un po’ giù e che c’è della tristezza nel tuo cuore, ma voglio ricordarti chi sei: sei una persona speciale, sei profondamente amata da Dio e da tutte le persone che sono qui con te”.
Appena dissi queste parole, Janet alzò la testa e mi guardò; il suo largo sorriso mi mostrò che aveva veramente sentito e ricevuto la benedizione. Quando Janet tornò al suo posto, un’altra donna handicappata alzò la mano e disse: “Anch’io voglio una benedizione”. Si alzò e, prima che mi rendessi conto, mise il suo viso contro il mio petto. Dopo che io le dissi parole di benedizione, molti altri handicappati vennero, esprimendo lo stesso desiderio di essere benedetti. Ma il momento più toccante si verificò quando uno degli assistenti, un giovane di ventiquattro anni, alzò la mano e disse: “E io?” “Certo”, risposi. “Vieni”. Lui venne e, quando ci trovammo di fronte, lo abbracciai e dissi: “John, è così bello che tu sia qui. Tu sei l’Amato figlio di Dio. La tua presenza è una gioia per tutti noi. Quando le cose sono difficili e la vita è pesante, ricordati sempre che tu sei Amato di un amore infinito”. Pronunciate queste parole, egli mi guardò con le lacrime agli occhi e disse: “Grazie, grazie molte!”.
Quella sera compresi l’importanza della benedizione e dell’essere benedetto e l’ho intesa come il vero segno che contraddistingue l’Amato. Le benedizioni che diamo gli uni agli altri sono espressioni della benedizione che riposa su di noi da tutta l’eternità. E’ la più profonda conferma del nostro vero io…
Lascia che ti dia due suggerimenti per rivendicare il tuo “essere benedetto”. Prima di tutto la preghiera. Per me, personalmente, la preghiera diventa sempre piu’ un modo di ascoltare la benedizione. Ho letto e ho scritto molto sulla preghiera, ma quando mi ritiro in un luogo appartato per pregare, capisco che, sebbene io abbia la tendenza a dire molte cose a Dio, il vero “lavoro” della preghiera è di farsi silenziosa e ascoltare la voce che dice cose buone di me. Questo può suonare come una sorta di auto indulgenza, ma in pratica è una disciplina dura.
Il mio secondo suggerimento per sostenere il tuo “essere benedetto”, è quello di coltivare la presenza. Con questo intendo dire di porgere attenzione alle benedizioni che giorno dopo giorno, anno dopo anno, ti arrivano. Questa attenta presenza può permetterci di vedere quante benedizioni riceviamo: la benedizione del povero che ci ferma per strada, la benedizione delle gemme degli alberi e dei fiori freschi che ci parlano di una nuova vita, la benedizione della musica, della pittura, della scultura e dell’architettura, ma soprattutto le benedizioni che ci vengono attraverso parole di gratitudine, incoraggiamento, affetto e amore. Queste molte benedizioni non hanno bisogno di essere inventate. Sono qui, ci circondano da ogni parte, ma dobbiamo essere presenti e riceverle. Esse non si impongono a noi. Sono il dolce ricordo della bella, forte, ma nascosta voce di colui che ci chiama per nome e dice cose buone di noi.
(Le riflessioni sono tolte dal libro SENTIRSI AMATI di Henri J.M. Nouwen – Editrice Queriniana)

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