sabato 23 febbraio 2013

468 - L’UOMO È UN ESSERE TENTATO - 17 Febbraio 2013 – Iª Domenica di Quaresima

(Deuteronomio 26,4-10 Romani 10,8-13 Luca 4,1-13)

Nel suo cammino verso la maturità autentica di fede e di vita, ogni persona si viene a trovare in un regime di prova e di scelta. Senza tentazione non c’è libertà. La tentazione è sempre una scelta tra due amori: la seduzione di un mondo secondo Satana e l’attrattiva del mondo come Dio lo sogna. Diceva D. M. Turoldo: «Noi moriamo perché adoriamo cose da nulla, perché scegliamo amori da nulla». È importante non dimenticare di essere persone umane, non angeli. Per B. Pascal «chi vuol essere solo angelo finirà per essere bestia». Ma va anche ricordato che non si è nati per «viver come bruti».Chi si pone alla sequela di Cristo, deve sapere che incontrerà ad ogni passo la tentazione, perché niente infastidisce Satana più del lasciarsi guidare dallo Spirito e dal restare stretto a Dio. Come ricordano i Padri del deserto, la battaglia fondamentale è quella del cuore: presi per mano dallo Spirito attraverso i nostri deserti, si può giungere a quella autenticità di vita a misura di Cristo cui siamo chiamati.
La tentazione fa esercitare e verificare la propria fede come senso di appartenenza al Signore. Nel cristianesimo non vale il principio: «Prima convertitevi e poi sperimenterete la grazia di Dio», perché Dio per primo viene incontro all’uomo, amandolo in modo definitivo e incondizionato. Tale alleanza gli consente di fare un’esperienza nuova e lo rafforza contro il Maligno. Convertirsi è modificare i nostri meccanismi di pensiero e di azione, specchiandosi nella volontà di Dio, e credere significa affidare a Dio ciò che si ha di più prezioso: il cuore e la mente. È certamente doveroso passare dalla ‘conversione’ alle ‘conversioni’: quella personale (la propria coscienza) e familiare, quella ecclesiale e pastorale, quella sociale. La risurrezione è il ‘passaggio’ da una vita schiava e stanca, superficiale e vissuta nel compromesso, a una vita cristiana bella e libera, gioiosa e convinta.
L’esperienza insegna che non è possibile sostenere la fatica dell’ascolto, la corsa dell’annuncio del Vangelo, l’impegno della testimonianza senza mettersi alla prova, senza assaporare la sfida del ‘deserto’. Il silenzio e il deserto sono due grandi tabù dell’odierna società metropolitana. C’è un isolamento subìto e pesante e una solitudine scelta, creativa e feconda, che esige esercizio e audacia. Senza la solitudine e il silenzio, come si potrebbe conoscere se stessi, scavare nel profondo di sé e coltivare semi di comunione? Occorre il coraggio di ritirarsi dal quotidiano, di prendere distanza da impegni e legami, per crescere ‘dentro’, nell’amore. Perché «l’amore e la solitudine sono come i due occhi di uno stesso volto. Né separati né separabili».
I demoni che infestano la nostra esistenza si scacciano con l’ascolto della Parola, la preghiera e il dominio di sé. La Parola rende liberi e capaci di scelte liberanti, senza essere risparmiati dalla prova. Gesù stesso esorta: «Pregate, per non entrare in tentazione» (Lc 22,40).
Una prima indicazione concreta per la Quaresima, dunque, è quella di prevedere un po’ di ‘deserto’ nella nostra quotidianità. Carlo Carretto consigliava di creare «il deserto in città», cioè un posto tranquillo in casa nostra dove ritirarsi per trovare Dio nel silenzio e nella preghiera, «per imparare a riconoscere i segni di Dio e a riportare i nostri problemi al disegno della salvezza che la Scrittura ci testimonia».
La mèta cui tendere è la Pasqua, da cui tutto scaturisce per l’esperienza cristiana. Ma chi potrebbe dirsi degno di meritarsi la Pasqua? La Quaresima non è un percorso irto di prove, il cui superamento dà diritto a celebrare la Pasqua. I quaranta giorni, simbolo di un’intera esistenza, sono il dispiegarsi della misericordia di Dio, che raggiunge gli angoli più nascosti della persona umana, per rigenerarli e risanarli. È seguire, istante per istante, Cristo morto e risorto, vittorioso su ogni tentazione, Figlio amato dal Padre che compie la sua volontà, acqua viva che disseta il nostro cuore, luce che rischiara i nostri occhi, vita immortale che ci partecipa l’esistenza.
Gesù non si lamenta per la nequizia dei tempi, la caduta dei valori, la sfacciataggine del male. Egli non denuncia, come un riformatore religioso o un contestatore moralistico: opta invece per un ‘sì’ più grande all’amore, per una felicità che è dono di sé, per la guarigione della vita. La vittoria redentiva di Cristo tocca la nostra libertà in un modo del tutto umano e assolutamente ‘normale’, attraverso il sacramento della Riconciliazione (lode a Dio per i suoi doni, attento esame di coscienza, sincero pentimento, proposito di non peccare più). È responsabilità degli adulti cristiani incoraggiare e accompagnare i giovani ad esperienze alte, anche se non condivise dalla maggioranza.

PREGHIERA
È lo Spirito a guidarti, Gesù, mentre affronti la missione che il Padre ti ha affidato. Ed è lo Spirito che ti conduce proprio nel deserto, luogo di tentazione. Lì dove Israele ha imparato a fidarsi di Dio, del suo Liberatore, anche tu farai i conti con la solitudine, con la fame e con la sete, con la radicale povertà della condizione umana e sceglierai di essere il Messia secondo il cuore del Padre.
Le attese della gente si faranno sentire e tu dovrai decidere se assecondarle o rifiutarle, se rimanere fedele al progetto di Dio o cercare la popolarità, il consenso, la strada facile dei miracoli, dei gesti spettacolari, dei mezzi abbondanti a tua disposizione.
Nel deserto tu accetti di fidarti interamente del Padre, di mettere la tua esistenza nelle sue mani senza reti di protezione, senza corsie privilegiate. Sarai disarmato e non ricorrerai ad esibizioni di forza, sarai mite e senza il sostegno del denaro, del potere, della cultura. Sarai libero e quindi capace di donare amore a tutti, senza preclusioni, senza sospetti, senza pregiudizi, senza limiti.

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