sabato 2 febbraio 2013

463 - TANTE MEMBRA UN SOLO CORPO - 27 Gennaio 2013 – IIIª Domenica del Tempo ordinario

(Neemia 8,2-10 1ªCorinti 12,12-30 Luca 1,1-4;4,14-21)

La comunità cristiana sta alla Chiesa come la famiglia sta alla comunità. Leggendo e meditando questo brano possiamo scoprire le regole del vivere insieme. Paolo continua a dialogare con la comunità di Corinto per aiutarla ad assumere una nuova percezione della propria identità, passando dall’auto-affermazione all’offerta di sé. Paolo sfida la comunità a riconoscere la propria unicità, esemplificata dal dono di carismi diversi, come parte di un progetto più grande: la costruzione del Corpo di Cristo. L’apostolo sottolinea come doni diversi sono distribuiti da Dio ad un unico scopo: rendere una comunità umana prolungamento della presenza di Cristo nella storia, luogo dell’esperienza di Lui. È un progetto che sorpassa l’individuo senza però annientarlo.
Nei vv. 12-13 Paolo ricorda il senso del loro essere insieme: «e in un solo Spirito noi tutti in vista di un unico corpo siamo stati battezzati». Per l’azione dello Spirito, nel battesimo, è generato un corpo che appartiene a Cristo. Per descrivere l’universalità di questo ‘corpo’ Paolo utilizza i binomi, giudei-greci; schiavi-liberi: l’appartenenza culturale, etnica; la distinzione sociale, tutto ciò che crea barriere ed è sorgente di conflitti nella società umana, è trasformata dallo Spirito in un’unità organica chiamata ad essere Cristo nella storia.
Nei versetti seguenti Paolo esemplifica un concetto importante: il ‘Corpo’ è uno ed insieme è ‘molte membra’. Le membra non sono semplicemente parti del corpo, ma sono il corpo. Rileggendo i vv. 14-20 notiamo la contrapposizione continua tra ‘non è’, ‘ma è’. Nessun membro isolato è il corpo, ma il corpo non sarebbe tale se mancasse una sola delle sue membra. Paolo è attento a riportare questa armoniosa complessità all’opera di Dio che ha ordinato le membra «come ha voluto».
Sfogliando la Bibbia, possiamo notare la ripetuta attenzione alla relazione problematica tra individuo e comunità. Nel racconto delle origini leggiamo che la relazione tra le persone è un costitutivo antropologico fondamentale: Dio non crea solo la persona, ma anche la relazione tra le persone. L’altro è dunque una presenza inevitabile, da abbracciare come ‘fratello’ o respingere come ‘minaccia’.
Utilizzando una nota espressione del filosofo francese J. Guitton: «In mancanza di un amore comune ci accontentiamo di una paura comune». La Scrittura svela l’origine della paura dell’altro nell’incapacità di articolare le differenze. La creatura rinuncia al suo essere immagine e somiglianza di Dio per porre se stesso come paradigma autonomo di umanità. L’altro è ridotto ad un’immagine riflessa e l’incontro inter-personale diviene strumentale alla soddisfazione dei propri bisogni. La storia sacra ci insegna che le relazioni tra persone sono spesso ferite, asimmetriche. Eppure, come ricorda Martin Buber: «Fuggire dall’altro è fuggire da me stesso». La Scrittura invita a superare la paura dell’altro attraverso l’educazione dello sguardo, per incontrare la differenza come ricchezza ed opportunità.
Quale rapporto deve dunque esistere tra le diverse membra? Paolo risponde a questa domanda nei versetti seguenti attraverso l’uso del termine ‘bisogno’: ogni membro deve riconoscere di ‘avere bisogno’ dell’altro ed insieme essere disponibile ad ‘andare incontro al bisogno dell’altro’. Questo equilibrio è concretizzato da Paolo attraverso alcuni esempi: protezione di ciò che è più debole; solidarietà; compartecipazione; consapevolezza che senza l’altro non sono; come ha espresso un noto teologo africano: «Io sono perché noi siamo e dato che noi siamo, io sono». L’essere Corpo di Cristo è dunque dono comune elargito dallo Spirito: lo stesso Spirito è l’origine della diversificazione operativa. In vista della missione lo Spirito con la creatività che gli è propria ha suscitato carismi diversi: ogni dono è essenziale ed insieme non sufficiente ad ‘esaurire’ la personalità del Cristo.

PREGHIERA
Gesù, tu sei venuto a portare un Vangelo, un lieto annuncio che rallegra tutti coloro che attendono, invocano un cambiamento decisivo nella loro esistenza. Ecco perché i tuoi primi destinatari sono proprio i poveri: quelli che non hanno nulla da difendere, né proprietà, né confini, e neppure gruzzoli consistenti. E non possono contare neppure su se stessi perché non ce la fanno nemmeno ad andare avanti, tanto pesano i carichi sulle loro spalle. Ecco perché tu ti rivolgi ai prigionieri, a quanti si trovano privati della loro libertà, incatenati ai loro debiti, schiacciati da una situazione impossibile. Ecco perché indirizzi la tua parola a tutti coloro che soffrono, condannati ad una vita di stenti, costretti a vivere di elemosina perché privati di un bene essenziale come la vista, l’udito, il movimento.
Tu dichiari che per ogni creatura, ma soprattutto per queste, si apre un anno di grazia: Dio prende nelle sue mani la loro sorte, le loro fatiche, i loro dolori e trasforma la loro oppressione in libertà e pienezza di vita.

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