sabato 30 giugno 2012

406 - LA VITA IN RELAZIONE A CRISTO - 01 Luglio 2012 – XIIIª Domenica ordinaria

(Sapienza 1,13-15;2,23s  2ª Corinti 8,7-15  Marco 5,21-43)

Le letture sono concordi nel dare risalto alla vita. La riflessione della Sapienza guarda al disegno originario del Dio della vita che ha creato l’uomo a immagine del Creatore. Il canto di ringraziamento del Salmo 29 trae origine dall’intervento di Dio che ha risollevato chi si trovava in cammino verso la morte. Il Vangelo non solo presenta la donna guarita e salvata, dopo lunghi anni di tentativi andati a vuoto, ma anche la risurrezione della figlia di uno dei capi della sinagoga. Il racconto è costruito per porre in evidenza il contrasto tra l’azione di Dio e la condizione umana. La richiesta di aver fede posta al papà della bambina e l’intervento di Gesù che opera donando la vita quando tutto sembrava impossibile mostrano la grandezza della potenza di Dio.

La guarigione della donna affetta da perdite di sangue va colta come la guarigione totale della persona. La malattia coinvolgeva la sfera sociale e religiosa. La donna non poteva avere alcun contatto con le persone perché le avrebbe rese impure, impossibilitate a rendere culto a Dio senza passare attraverso i riti di purificazione. Gesù le ridona vita perché riconosce la sua fede e nello stesso tempo la reintegra nella società. È tornata alla vita di relazioni interpersonali e Gesù ha posto fine al suo lungo tempo di malattia e di impurità.

Almeno due itinerari parlano oggi di vita: la speranza e la solidarietà. Mentre si guarda al futuro con accentuazioni negative e ci sono tante motivazioni legate al poco senso di responsabilità verso tutto ciò che non interessa direttamente e di cui non valutiamo le conseguenze se non nell’immediato, avere la forza per sperare significa credere nella vita.

Inoltre uno sguardo all’intero mondo e alle condizioni di indigenza di intere popolazioni ci induce alla solidarietà. Solidarietà come aiuto nell’emergenza alle persone colpite da calamità naturali, ma anche come assistenza agli ammalati, agli anziani, a tutti coloro che si rivelano incapaci di gestire la propria vita. In questo tempo di ristrettezze economiche per alcuni è difficile saper amministrare le limitate risorse a disposizione. Educare ad usare al meglio il poco che si ha: anche questo è un gesto di solidarietà. Speranza e condivisione ci permettono di superare le nostre visioni limitate e sono espressione della nostra adesione di fede al Dio della vita.

Per un cristiano la vita ha senso e significato in relazione a Cristo. L’espressione che nella preghiera liturgica ricorre sovente «Per Cristo nostro Signore» è estremamente significativa. Ipotizzare di vivere la vita contando soltanto sulle qualità umane è un’impresa che non produce alcun frutto. Di fronte a qualsiasi imprevisto negativo e ancor più confrontandosi con la malattia e con il mistero della morte – che umanamente segna la fine – senza avere alcuna apertura ultraterrena l’unico esito possibile è la frustrazione che consuma la vita della persona umana. Nella relazione con Cristo anzitutto non si vive abbandonati a se stessi: il Signore risorto ci accompagna momento per momento nella nostra esistenza terrena. In riferimento alla sua croce qualsiasi evento, compresa la morte, non può più essere la parola definitiva, ma apre sempre a qualcosa di nuovo in una relazione che non finisce mai. La comunione con Cristo è il senso della vita e ogni nostro tentativo di toglierci e negare questa realtà viene superato dal perdono di Dio.

PREGHIERA - Nulla può resistere, Gesù, alla forza del tuo amore. Non c’è malattia o sofferenza oscura da cui tu non ci possa liberare. Tu puoi sconfiggere anche la morte, che ci appare come ineluttabile, basta che noi riponiamo in te la nostra fiducia,

che ci mettiamo risolutamente nelle tue mani, che ci abbandoniamo senza remore alla salvezza che ci offri.

È la fede, dunque, che ti permette di operare in noi, senza intralci. È la fede che ti consegna la nostra esistenza perché tu la possa guarire nel profondo e trasfigurare rendendola un segno incandescente della tua bellezza.

Permettimi, allora, di far cadere tutto ciò che mi separa ostinatamente da te: l’attaccamento sconsiderato al mio modo di vedere e di giudicare, la vergogna nell’ammettere la mia fragilità, la mia debolezza, la presunzione di poter sempre farcela da solo, senza il tuo aiuto, l’orgoglio che mi trattiene dal cercarti con la semplicità di un povero. E apri le profondità del mio cuore alla tua tenerezza benefica.

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