Il pope si
rimbocca le maniche accingendosi all’unzione con l’olio dei catecumeni. Il
piccolo neonato, spogliato, viene collocato sopra il fonte battesimale per
essere unto su tutto il corpo. La mamma collabora reggendo il bambino e
spalmando olio: la forza dell’azione. Segue il battesimo per immersione. Un
candido lenzuolino accoglie il neobattezzato per detergerne le membra.
Siamo in una
chiesa ortodossa, in Bulgaria. Le icone che tappezzano i muri e chiudono
l’altare dietro l’iconostasi, il semibuio dell’ambiente, gli abiti liturgici
del celebrante e i canti tradizionali contrastano con l’atteggiamento dei
partecipanti al rito: abiti all’ultima moda, minigonne e chiacchiericci nelle
retrovie. Si tratta effettivamente di un battesimo di un bimbo nato in Italia,
da padre romano e madre bulgara.
I genitori sono
voluti tornare al paese di origine materna per ritrovare il contesto religioso
e umano favorevole al rito tradizionale (come fanno sovente gli italiani
emigrati dal sud al nord, quando esprimono il desiderio di ritrovare i luoghi
dei propri natali per celebrare le nozze o il battesimo di un figlio).
Ripenso ai
battesimi amministrati nella mia chiesa cattolica del nord Italia: il gesto
dell’unzione (un piccolo tocco sul collo); l’acqua fatta scendere sul capo
stando attento a non bagnare gli occhi; la vesta bianca simbolica posata sul
petto e non indossata. Ripenso anche al pane eucaristico: un’ostia così stereotipata
da non sembrare più pane (piuttosto ‘polistirolo’) e il vino che non si può
assumere comunitariamente per motivi igienici e pratici.
«Metti qua il
tuo dito; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più
incredulo ma credente!» (Gv 20,27). Non è così lontano dal bisogno umano
il gesto di toccare. Il bambino vuole toccare gli oggetti per poterli
‘conoscere’ e porta immediatamente ogni cosa alla bocca per poterla anche
‘gustare’.
Quanti milioni
di persone saranno sfilate davanti alla statua di S. Pietro in Vaticano perché
il dito del piede della statua in bronzo sia stato consumato dai baci e dallo
strofinamento?
Oggi in Italia,
come altrove nella vecchia Europa, si fa fatica a riempire le chiese alla
domenica o nelle altre feste ‘comandate’. Ma quando si distribuiscono il pane
di S. Antonio, o le rose di Santa Rita, o l’olio per lenire i mali con
l’intercessione di qualche altro Santo, allora si accalca la gente, anziana e
anche più giovane. Forse non si ferma molto davanti al tabernacolo e non
esprime con gesti esterni la fede nella presenza reale di Cristo nell’ostia
consacrata, ma ritorna alle proprie case senza rispetto umano, con l’oggetto di
devozione tra le mani o nella borsa. Ne porterà anche ai vicini perché il
contatto è già efficace; e andrà a procurarsene anche al di fuori del rito
perché il potere è nell’oggetto più che nell’intenzione.
Il corpo umano è
oggi molto più esposto e reso pubblico in ogni forma, la privacy è più
un assillo legale che una realtà vissuta, e il pudore è rimpiazzato dalla paura
di contagio e di promiscuità dannosa. La famigliarità con le manifestazioni
fisiche era invece più continua e normale un tempo.
In molte regioni
d’Africa la gente vive ancora accalcata nelle capanne; non c’è sala da pranzo,
soggiorno, camera da letto, bagno. Il contatto fisico è continuo e la vita è
esposta in pubblico.
In Vietnam,
nelle immense distese di riso del Mekong, i bambini cavalcano lo zebù che
trascina l’erpice, piccoli cocchieri sul pachiderma. E quando rientrano la
sera, dormono in cinquanta sul letto di pula.
L’asetticità
corrisponderà, in parte, anche alla perdita di influenza reciproca,
all’impossibilità di creazione dell’humus vitale? La fede non passerà
forse dalla coscienza di essere parte e di dipendere dal corpo comune? Il luogo
della fede non sarà davvero il Corpo mistico?
Allora
l’incarnazione non è soltanto la via dell’incontro con l’uomo, scelta da Dio
creatore in risposta al peccato di Adamo, ma la modalità originale di salvezza
perché il dono della vita possa fiorire nell’umanità.
Non sarà forse
che senza la mediazione della materia non si può, nella condizione umana,
attingere al divino? Due mediazioni veicolano la fede nel mondo degli umani:
– L’incontro con
l’altro (il
prossimo), mediazione universale condivisa da tutta l’umanità: «Ero nudo e mi
avete vestito, malato e mi avete visitato…» (Mt 25,31ss.). Questa
mediazione raggiunge anche i cosiddetti ‘atei’ e tutti i ‘cercatori della
verità’. Il giudizio finale sarà giusto perché non considererà la collocazione
storico-geografico-sociale di ciascuno, ma il coinvolgimento con la vita
dell’‘Altro’.
– L’incontro con
la Chiesa,
mediazione storica scelta da Dio Padre nel suo Figlio Gesù Cristo, luce del
mondo e maestra di umanità, carica di rughe e di contraddizioni, ma sempre madre.
Il paralitico che giace ai bordi della piscina di Betzaida ha bisogno ancora di
chi lo immerga nelle acque. Per questo vale il mandato: «Andate e predicate il
vangelo a tutte le genti». Un vangelo di vita proposto non da maestri insediati
in cattedra, ma da testimoni coerenti e convinti della carità.
La generazione
attuale, in Occidente, è il frutto di periodi storici che ne hanno imbastito la
stoffa. Benedetto XVI ritorna continuamente sulle radici religiose e classiche
dell’Europa, che non dovrebbero essere tradite. Siamo figli di Roma, di Atene,
di Gerusalemme…
L’illuminismo e
il razionalismo dei secoli dei lumi hanno segnato profondamente il pensiero e
anche la prassi dell’uomo ‘moderno’, il quale si trova sollecitato dai messaggi
più disparati che gli vengono non più dai vicini dei quali riconosce la voce e
l’odore, ma dall’etere, in forma anonima, anche se ti danno del ‘tu’.
Da una parte le
prove della scienza ci rendono scettici e sospettosi di fronte a qualsiasi
manifestazione che non cada sotto il controllo dei sensi e degli strumenti di
osservazione. Dall’altra il fascino dell’irrazionale e la convinzione che si possa
andare al di là delle cose sperimentabili spinge l’uomo a cercare oltre, ad
aggrapparsi alla medicina magica per riacquistare la salute, a credere nei
veggenti e nei manipolatori.
Quando Naaman
rispose sdegnato: «Forse i fiumi di Damasco non sono migliori di tutte le acque
di Israele?», i servi dissero: «Che cosa ti costa?» (2 Re 5,10-14).
I nostri occhi un
giorno vedranno la realtà così com’è: oggi come in uno specchio. Intanto è
importante toccare. L’emorroissa, purificata dal dolore di tanti anni di
malattia e con la fiducia dei figli, si è accostata al Maestro convinta che il
tocco l’avrebbe fatta incontrare con la fonte della salute.
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