sabato 14 luglio 2012

410 - PRESE A MANDARLI A DUE A DUE - 15 Luglio 2012 – XVª Domenica ordinaria

(Amos 7,12-15  Efesini 1,3-14  Marco 6,7-13)

Gesù, dopo il rifiuto da parte dei compaesani, invia in missione il gruppo dei Dodici, esprimendo in questo modo la sua volontà di non lasciarsi piegare dai rifiuti. Il Dio che lui predica è fedele, non si lascia fermare dall’incredulità, ma risponde con un’offerta ancora più generosa della sua parola di salvezza.

La prima impressione che si ricava dalle parole di Gesù è la determinazione che egli chiede ai suoi apostoli. Il distacco dalle cose e il portarsi dietro solo lo stretto indispensabile pone l’accento sull’idea di fondo: l’unica cosa che conta lungo questo viaggio è non perdere di vista lo scopo per cui si è intrapresa la missione e non lasciarsi quindi distrarre da altro. L’elemento più caratteristico è indubbiamente quello della povertà che non nasce da motivi ascetici o da desiderio di penitenza (questo era presente nella predicazione del Battista e del suo movimento), ma dall’urgenza dell’annuncio e dalla necessità di non porre ostacoli a esso; se Marco permette di portare bastone e sandali, è perché il missionario deve portare con sé solo ciò che rende più spedito e veloce il suo cammino (v. 8).

La povertà che Gesù raccomanda è motivata dal fatto che chi annuncia il vangelo è chiamato a vivere di fiducia in colui che lo ha inviato. I discepoli non portano avanti un loro progetto, ma il progetto di Gesù, e proprio per questo saranno chiamati «apostoli», cioè «inviati», perché non rappresentano se stessi, ma un «Altro». Gesù invita i Dodici a presentarsi alla gente da poveri, in modo che si veda chiaramente che non hanno da offrire vantaggi materiali.

L’argomento della predicazione degli apostoli è lo stesso di Gesù: la conversione e l’annuncio del realizzarsi del regno di Dio. Quest’annuncio è accompagnato anche da miracoli, gli apostoli, infatti, si ritrovano gli stessi poteri di Gesù: «Scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano» (v. 13). Gesù fa capire agli apostoli che devono ritenere normale anche l’eventualità dell’insuccesso. Egli stesso l’ha sperimentato più volte con amarezza. Essi non devono scomporsi di fronte al rifiuto, né sentirsi colpevoli di un fallimento di cui non hanno colpa. Di fronte al rifiuto, il missionario si comporta come Gesù con i suoi compaesani: se ne va altrove, dove è possibile continuare l’annuncio.

Le parole di Gesù valgono ancora oggi e riguardano ciascuno di noi. Spesso siamo portati a credere che la chiesa, la parrocchia, le attività caritative dipendano dalle capacità umane dei sacerdoti, dei laici impegnati, ma questo è vero solo in parte. L’invio degli apostoli e la storia della Chiesa dicono qualcosa di diverso: i primi partono quasi allo sbaraglio, la seconda è stata forte e fiorente proprio nei periodi di persecuzione. Questo aiuta a capire che la cosa essenziale non è l’abilità degli uomini, ma l’azione dello Spirito di Dio. Anche oggi la Chiesa ha poche possibilità di essere accettata quando si presenta con apparati di grandiosità e potenza: l’uomo contemporaneo vuole testimoni capaci di dare valore al loro annuncio con i segni della fede (cioè con il loro affidarsi al Dio che annunciano), come Gesù che è stato potente nella debolezza della croce.

PREGHIERA - Tu invii i tuoi discepoli in missione e trasmetti loro il tuo potere, Gesù. Il potere di guarire e liberare non lo tieni gelosamente per te, ma ne fai partecipi gli operai del Vangelo. A loro affidi la tua Parola e chiedi di proclamarla con uno stile particolare: totalmente disarmati, privi di mezzi e di sostegni, di risorse che diano una qualche sicurezza.

Ciò che conta più di ogni cosa è infatti la forza della Parola deposta nelle loro mani. È questa Parola che è capace di scandagliare i cuori e di chiamarli a conversione. È questa Parola che porta in sé una fecondità imprevista, un lievito buono che trasforma la storia di ogni creatura.

È questa Parola che spezza ogni catena e ogni laccio che ci tengono prigionieri. È questa Parola che disegna in mezzo alle tenebre più profonde i sentieri della speranza. Davanti a questa Parola che lo raggiunge, ognuno è chiamato a prendere posizione e ad assumere la sua responsabilità.

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