(2ºRe 4,42-44 Efesini 4,1-6 Giovanni 6,1-15)
Giovanni difficilmente usa il termine miracolo per descrivere i prodigi compiuti dal Signore. Preferisce parlare di segni, perché questi gesti hanno un valore simbolico, vogliono rimandare oltre, e spiegare qualcosa della persona di Cristo, del suo ‘mistero’, cioè del disegno di Dio che si rivela in Gesù. Il segno del pane moltiplicato avviene nell’imminenza della Pasqua ebraica, la festa dell’agnello immolato, la festa memorabile dei prodigi dell’esodo, tra cui la manna. Quell’agnello, quel pane, erano soltanto una prefigurazione ed una profezia, un pallido presagio, di ciò che il Figlio di Dio avrebbe compiuto: il dono di Sé come nuovo Agnello, nuovo Pane, nuova Alleanza. Non si tratta di una semplice sostituzione di cose simili, ma di una cosa completamente nuova, di qualità nettamente superiore, perché legata alla persona stessa del Dio fatto uomo.
Che cosa rivela, e a che cosa educa la moltiplicazione dei pani e dei pesci? Rivela un Dio tanto innamorato dell’uomo da donare, anzi, da donarsi senza riserve, senza risparmio, senza misura. È un passo iniziale, perché tale rivelazione avrà il suo apice nell’ultima cena e sulla croce. Non è un caso che i gesti e le parole che Gesù usa per moltiplicare i pani ed i pesci siano quasi identici ai gesti ed alle parole dell’ultima cena e della celebrazione dell’Eucaristia. Sono questi i gradi diversi, i passaggi logici di un Mistero tanto grande da non poter essere rivelato in un colpo solo, ma gradualmente, perché la mente ed il cuore umani possano comprendere e gustare l’immensità dell’amore di Dio.
A che cosa educa la moltiplicazione dei pani? Il segno compiuto da Gesù ha voluto mettere alla prova innanzitutto i discepoli. Nonostante i segni già compiuti dal Signore, essi sono ancora molto pragmatici, dei perfetti calcolatori. L’uno, Filippo, ragiona su numeri maggiori, Andrea constata la pochezza dei mezzi, ma nessuno dei due prende in considerazione l’ipotesi che Gesù possa compiere meraviglie quanto Dio. Solo la semplicità e l’ingenuità di un bambino sa sognare che da quella miseria Dio possa trarre un’eccedenza addirittura capace di sfamare l’intero popolo di Israele, che è rappresentato dalle dodici ceste avanzate, una cesta per ogni tribù.
PREGHIERA - La tua domanda, Gesù, probabilmente coglie di sorpresa l’apostolo Filippo. Una somma consistente non sarebbe bastata a sfamare quella grande folla. Ma è proprio partendo da questa constatazione realistica che tu mostri come il problema possa essere risolto in un altro modo.
Cinque pani d’orzo e due pesci: ecco quello che ti viene posto tra le mani. Ed è per quel dono che tu rendi grazie e cominci a distribuire pane e pesci alla gente. La “ricetta” che tu ci suggerisci non ha niente a che fare col denaro perché in fondo non è quella la vera soluzione.
È il dono di un ragazzo che innesca la catena di una sorprendente solidarietà. Ed è la forza dell’amore, un amore straordinario che sprigiona da te, a compiere il segno prodigioso. Riusciremo mai, Gesù, a donarti i nostri cinque pani e i due pesci? Saremo capaci di condividerli perché avvenga il miracolo?
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