sabato 9 giugno 2012

399 - CHE COSA OPERA LA TRINITÀ PER NOI

Per una pausa spirituale nella settimana della SS. Trinità
Israele è cosciente della particolarità della sua storia a causa della relazione con Dio che l’ha resa unica. Questa consapevolezza è espressa nel Deuteronomio (4,32) con la forza delle domande retoriche: «Vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa?». Dio quindi ha parlato a un popolo che poi si è scelto come sua proprietà in mezzo alle nazioni.
Anche Gesù risorto conferma la sua presenza per sempre in mezzo ai suoi discepoli (Matteo 28,20); questa prerogativa di Dio è fatta propria da Gesù e nel momento conclusivo della sua missione, prima di lasciare il mondo terreno per tornare al Padre, promette di rimanere con i suoi sino alla fine del mondo. Colui che entra nella storia umana come l’Emanuele si mostra realmente il Dio-con-noi per sempre.
Il Dio della Bibbia, colui che Gesù ci ha mostrato nel volto del Padre misericordioso, non è quindi un Dio asettico o distaccato come quello dei filosofi, non è neanche un generico essere superiore che ci guarda dall’alto, non è nemmeno una divinità indistinta presente nella natura come una sorta di madre-terra che tutto contiene, ancora meno è una forza che agisce in noi e genera una situazione di benessere e pace interiore. Queste visioni distorte di Dio non sono pura accademia, ma idee più o meno diffuse nella mentalità contemporanea e talvolta acriticamente anche in persone che si dicono cristiane.
Più volte nella Bibbia si racconta la storia che Dio ha intessuto con il suo popolo, gli eventi che hanno manifestato la sua presenza e la sua azione a favore di Israele. Ogni credente, ogni cristiano dovrebbe poter raccontare la propria storia con Dio.

La storia di Dio con il suo popolo è più che un semplice fare qualcosa per noi e con noi, infatti tende a costruire una relazione interpersonale così profonda che consente a ciascun fedele di entrare nella comunione della Trinità. La lettera ai Romani (8,14-17) articola il rapporto che Dio instaura con noi: nel Battesimo siamo resi figli, riceviamo lo Spirito Santo che ci guida e ci fa sentire che Dio è Padre, siamo uniti intimamente a Cristo nelle sue sofferenze ma anche nella sua gloria. Altro che un generico essere superiore che ha creato il mondo! Altro che una forza interiore che ci fa stare bene! Il nostro Dio è comunione nella relazione di amore al suo interno tra le persone divine della Trinità, comunione che partecipa anche a noi e che ci permette di condividere. Ecco che cos’è anzitutto la fede, che cosa significa in primo luogo credere: professare che Dio è amore nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito, e accogliere questo dono per noi, che così possiamo entrare in questa comunione trinitaria.

Come in ogni relazione interpersonale, anche nella comunione tra Dio e l’uomo occorre salvaguardare le esigenze che rendono questa relazione salda e autentica. Le condizioni dell’amicizia umana – sincerità, fedeltà, dono di sé – sono da coltivare anche nell’amicizia con Dio. Le letture bibliche e i testi eucologici di questa domenica richiamano alcune di queste condizioni imprescindibili, se desideriamo che la nostra storia con Dio abbia un seguito.

La prima esigenza è senz’altro quella di ascoltare e obbedire, perché è Dio che compie il primo passo, che chiama all’amicizia; a questo invito l’uomo risponde accogliendo la chiamata e osservando la parola di Dio. Da questo atteggiamento deriva la seconda esigenza, che consiste nel professare la fede e nell’adorare, perché la comunione comporta la testimonianza della propria fede, anche in pubblico. La terza esigenza consiste nella vita del cristiano che crede e sta nella comunione con Dio, che consiste nel lasciarsi guidare dallo Spirito e nell’imitazione di Cristo.

La solennità della Santissima Trinità ci invita a superare, laddove esista, la superficialità di una fede generica in un essere superiore, per condividere e vivere in pienezza la comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

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