(Giona 3,1-5.10 1ª Corinti 7,29-31 Marco 1,14-20)
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (v. 15). Sono le prime parole di Gesù nel vangelo di Marco e può essere considerata la sintesi del Vangelo. Il tempo dell’attesa è compiuto, è arrivato il momento decisivo: Dio inaugura il regno, si fa presente nella storia dell’uomo per liberarlo e salvarlo. Cosa intendeva dire Gesù con l’espressione: «Il regno di Dio è vicino»? La prima impressione è che si tratti di una vicinanza di tempo: oggi, domani, tra pochissimo. Come quando si dice che la primavera è vicina: una vicinanza inevitabile, basta aspettare. Gesù però, con l’avverbio «vicino», voleva dire «possibile subito». Questo è importante: un frutto pende a un metro da me, mi basta un piccolo movimento per prenderlo e mangiarlo. Mi è vicino dal punto di vista dello spazio, ma non è questa vicinanza che me lo fa cadere in bocca. È il mio gesto di impossessarmene. Se non compio questo gesto, il frutto penderà e resterà là, come se fosse lontanissimo da me o addirittura inesistente. Il regno di Dio è già presente in mezzo a noi, è Gesù stesso, basta fargli spazio, farlo entrare nella nostra vita. Il regno di Dio può essere vicino o lontano, tutto dipende da noi, dalla nostra decisione. Per entrare nel regno è necessario convertirsi e credere al vangelo. ‘Convertirsi’ significa fare spazio a Dio e ai suoi progetti, abbandonare un modo di pensare e di agire non conforme alla sua parola. ‘Credere’ significa accogliere e aderire alla persona e all’azione di Gesù, inviato da Dio per annunciare e offrire il perdono, la riconciliazione, la pace e la salvezza; significa aprirsi con fiducia a Gesù e al suo annuncio, mettendo lui a fondamento della propria esistenza. «Convertitevi e credete» non indica un atto momentaneo, transitorio, ma un comportamento costante e continuativo, significa: perseverate nella conversione e nella fede.
La sintesi del messaggio di Gesù è seguita dalla chiamata di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni (vv. 16-20). Gesù è la figura dominante, il protagonista assoluto, il soggetto dei verbi principali: «vedere, dire, chiamare». Tutto è messo in movimento dalla sua parola autorevole. Non sono i quattro fratelli che scelgono Gesù, ma è Gesù che li sceglie. I discepoli non si presentano di propria iniziativa a Gesù, non fanno domanda per partecipare alla sua opera. D’altra parte Gesù non li assume come collaboratori, con stipendio e vacanze assicurate. Gesù li chiama. La sua chiamata è esigente, ma è anche tale da dare pienezza di senso alla loro vita.
I primi quattro discepoli vengono chiamati mentre stanno svolgendo il loro lavoro: «Passando lungo il mare di Galilea vide Simone e Andrea mentre gettavano le reti» (v. 16). Sembra un’annotazione accidentale, invece è molto significativa. Gesù fa la sua proposta a partire da ciò che stanno facendo e propone loro di lasciare quel che stanno facendo: «Vi farò diventare pescatori di uomini» (v. 17). La promessa è formulata al futuro («Vi farò diventare»), cioè vocazione e missione non avvengono nello stesso momento, la missione si sviluppa solo dal discepolato, dalla consuetudine di vita e dalla familiarità con Gesù.
L’immagine della pesca, di per sé, non è un’immagine di salvezza; infatti, essere presi nella rete non è un fatto positivo. Ma Gesù usa questa immagine in maniera nuova. Le acque profonde del mare sono simbolo di morte, quindi, applicata agli uomini, la pesca, il prendere nella rete, diventa immagine di riunificazione degli uomini per sottrarli alla morte, per salvarli. La sua chiamata è un invito a prendersi cura degli uomini per far loro conoscere la salvezza e renderli partecipi di essa.
La risposta dei primi discepoli diventa modello esemplare di ogni risposta: «E subito lasciarono le reti e lo seguirono» (v. 18); «Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui» (v. 20). Comincia l’impegno su un altro fronte, che li porterà a lasciare il lago, la terra, il padre... Quello che è fortemente evidenziato è il seguire Gesù, nella sua stessa missione di annunciare il vangelo agli uomini, ovunque si trovino.
PREGHIERA - Il tuo non è un messaggio qualsiasi. Ogni giorno veniamo bombardati da parole accompagnate da immagini seducenti che si propongono di piegarci a qualche scopo preciso. Vogliono catturare il nostro consenso per costruire il potere di qualcuno o raggiungere il nostro portafoglio per accaparrarsi il denaro che abbiamo. Talvolta si tratta di idee luccicanti lanciate in modo sofisticato per guadagnare seguaci a questo o quel sistema.
Tu ci porti un “Vangelo”, una buona notizia, che può realmente trasformare la nostra esistenza. Ci riveli che Dio è all’opera, agisce in mezzo a noi e offre a tutti la possibilità di una pienezza e di una gioia sconosciute. Non c’è nulla che possa fermarlo, nessuno che possa impedire il realizzarsi dei suoi progetti. Ma egli vuole fare appello alla nostra libertà, alla nostra decisione.
Niente sarà più come prima, Gesù, se accetteremo di metterci nelle tue mani, tu però non ci proponi un’esperienza passeggera, non ti accontenti dello slancio di un momento. Solo se siamo pronti a lasciare tutto per te assaporeremo il gusto di un mondo nuovo.
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (v. 15). Sono le prime parole di Gesù nel vangelo di Marco e può essere considerata la sintesi del Vangelo. Il tempo dell’attesa è compiuto, è arrivato il momento decisivo: Dio inaugura il regno, si fa presente nella storia dell’uomo per liberarlo e salvarlo. Cosa intendeva dire Gesù con l’espressione: «Il regno di Dio è vicino»? La prima impressione è che si tratti di una vicinanza di tempo: oggi, domani, tra pochissimo. Come quando si dice che la primavera è vicina: una vicinanza inevitabile, basta aspettare. Gesù però, con l’avverbio «vicino», voleva dire «possibile subito». Questo è importante: un frutto pende a un metro da me, mi basta un piccolo movimento per prenderlo e mangiarlo. Mi è vicino dal punto di vista dello spazio, ma non è questa vicinanza che me lo fa cadere in bocca. È il mio gesto di impossessarmene. Se non compio questo gesto, il frutto penderà e resterà là, come se fosse lontanissimo da me o addirittura inesistente. Il regno di Dio è già presente in mezzo a noi, è Gesù stesso, basta fargli spazio, farlo entrare nella nostra vita. Il regno di Dio può essere vicino o lontano, tutto dipende da noi, dalla nostra decisione. Per entrare nel regno è necessario convertirsi e credere al vangelo. ‘Convertirsi’ significa fare spazio a Dio e ai suoi progetti, abbandonare un modo di pensare e di agire non conforme alla sua parola. ‘Credere’ significa accogliere e aderire alla persona e all’azione di Gesù, inviato da Dio per annunciare e offrire il perdono, la riconciliazione, la pace e la salvezza; significa aprirsi con fiducia a Gesù e al suo annuncio, mettendo lui a fondamento della propria esistenza. «Convertitevi e credete» non indica un atto momentaneo, transitorio, ma un comportamento costante e continuativo, significa: perseverate nella conversione e nella fede.
La sintesi del messaggio di Gesù è seguita dalla chiamata di Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni (vv. 16-20). Gesù è la figura dominante, il protagonista assoluto, il soggetto dei verbi principali: «vedere, dire, chiamare». Tutto è messo in movimento dalla sua parola autorevole. Non sono i quattro fratelli che scelgono Gesù, ma è Gesù che li sceglie. I discepoli non si presentano di propria iniziativa a Gesù, non fanno domanda per partecipare alla sua opera. D’altra parte Gesù non li assume come collaboratori, con stipendio e vacanze assicurate. Gesù li chiama. La sua chiamata è esigente, ma è anche tale da dare pienezza di senso alla loro vita.
I primi quattro discepoli vengono chiamati mentre stanno svolgendo il loro lavoro: «Passando lungo il mare di Galilea vide Simone e Andrea mentre gettavano le reti» (v. 16). Sembra un’annotazione accidentale, invece è molto significativa. Gesù fa la sua proposta a partire da ciò che stanno facendo e propone loro di lasciare quel che stanno facendo: «Vi farò diventare pescatori di uomini» (v. 17). La promessa è formulata al futuro («Vi farò diventare»), cioè vocazione e missione non avvengono nello stesso momento, la missione si sviluppa solo dal discepolato, dalla consuetudine di vita e dalla familiarità con Gesù.
L’immagine della pesca, di per sé, non è un’immagine di salvezza; infatti, essere presi nella rete non è un fatto positivo. Ma Gesù usa questa immagine in maniera nuova. Le acque profonde del mare sono simbolo di morte, quindi, applicata agli uomini, la pesca, il prendere nella rete, diventa immagine di riunificazione degli uomini per sottrarli alla morte, per salvarli. La sua chiamata è un invito a prendersi cura degli uomini per far loro conoscere la salvezza e renderli partecipi di essa.
La risposta dei primi discepoli diventa modello esemplare di ogni risposta: «E subito lasciarono le reti e lo seguirono» (v. 18); «Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui» (v. 20). Comincia l’impegno su un altro fronte, che li porterà a lasciare il lago, la terra, il padre... Quello che è fortemente evidenziato è il seguire Gesù, nella sua stessa missione di annunciare il vangelo agli uomini, ovunque si trovino.
PREGHIERA - Il tuo non è un messaggio qualsiasi. Ogni giorno veniamo bombardati da parole accompagnate da immagini seducenti che si propongono di piegarci a qualche scopo preciso. Vogliono catturare il nostro consenso per costruire il potere di qualcuno o raggiungere il nostro portafoglio per accaparrarsi il denaro che abbiamo. Talvolta si tratta di idee luccicanti lanciate in modo sofisticato per guadagnare seguaci a questo o quel sistema.
Tu ci porti un “Vangelo”, una buona notizia, che può realmente trasformare la nostra esistenza. Ci riveli che Dio è all’opera, agisce in mezzo a noi e offre a tutti la possibilità di una pienezza e di una gioia sconosciute. Non c’è nulla che possa fermarlo, nessuno che possa impedire il realizzarsi dei suoi progetti. Ma egli vuole fare appello alla nostra libertà, alla nostra decisione.
Niente sarà più come prima, Gesù, se accetteremo di metterci nelle tue mani, tu però non ci proponi un’esperienza passeggera, non ti accontenti dello slancio di un momento. Solo se siamo pronti a lasciare tutto per te assaporeremo il gusto di un mondo nuovo.
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