Per una pausa spirituale a metà settimana della Festa del Battesimo di Gesù
C’è una buona notizia da portare a tutti, una parola che diventa realtà di gioia e di liberazione per tutti coloro che l’accolgono con cuore sincero. C’è un’umanità dolente, provata dal male, dal peccato, dalla sofferenza che attende l’Inviato di Dio per essere liberata e generata ad una speranza nuova. È a questa gente che Gesù si mescola. Vanno da Giovanni il Battista. Vanno a compiere un gesto di conversione, di cambiamento, per andare incontro a Colui che viene nel nome di Dio. Anche Gesù riceve quel battesimo, lui che non ha commesso peccato. Anche Gesù condivide questa preparazione, questo entusiasmo, questa decisione di volgersi verso Dio.
In fondo non è venuto per coloro che si ritengono giusti e non hanno nulla da rimproverarsi. Non è stato mandato a chi è gonfio d’orgoglio, cosciente dei suoi meriti davanti a Dio, ma proprio ai peccatori, alla gente che si è sporcata di cattiveria e di infedeltà, ma ora ha voglia, una voglia intensa, del nuovo, di un profumo di pulito che solo Dio può regalarle. Saranno loro i primi destinatari della sua parola. Per loro affronterà i rimproveri e le critiche dei benpensanti. Per difendersi arriverà ad esporre mortalmente se stesso. In quell’inizio, al fiume Giordano, c’è già il senso di tutto ciò che sta per accadere.
E così il suo battesimo diventa una ‘manifestazione’. I cieli si aprono perché ora non c’è più nessuna separazione tra Dio e l’umanità, dal momento che il suo Figlio è diventato anch’esso un uomo. Lo Spirito discende su Gesù perché egli affronti le difficoltà e gli ostacoli che incontrerà nel suo cammino. Lo Spirito non è estraneo, ma partecipa intensamente alla sua missione. La voce del Padre riconosce in Gesù il Figlio prediletto, il dono perfetto del suo Amore fatto a tutti gli uomini.
Se non ci fosse la festa del Battesimo del Signore noi rischieremmo, molto probabilmente, di fermarci al presepio. E in un qualche modo di separare il mistero dell’Incarnazione dalla Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Così non apparirebbe quanto è, invece, decisivo, e cioè che il Figlio di Dio si è fatto uomo perché ha una missione da compiere: salvare l’umanità. Egli dona ad ognuno misericordia e grazia attraverso un annuncio di gioia (un ‘vangelo’ per l’appunto) e gesti di liberazione e di guarigione, ma soprattutto offre se stesso, la sua stessa vita sulla croce, per amore. Il tempo del Natale non può dunque terminare senza l’evento del battesimo di Gesù. In esso appare la solidarietà del Cristo con l’umanità peccatrice, ma anche la sorgente profonda della sua azione, la comunione del tutto unica che lo lega al Padre nello Spirito.
La scena di per sé non sembra avere proprio nulla di ‘natalizio’. Non si svolge a Betlemme, ma in riva al Giordano. Non mette al centro un bambino, ma un uomo fatto, sulla trentina. Non gli pone accanto Maria e Giuseppe, i pastori e i magi, ma un profeta dallo stile inusuale e dai toni perentori. Eppure, nonostante tutto, si tratta di un racconto di ‘incarnazione’ in cui possiamo toccare con mano cosa significhi che «il Verbo si è fatto carne». Quello che abbiamo ricordato a Natale non è solo un mistero da contemplare, ma anche la strada scelta da Dio per venire incontro all’umanità, per strapparla al potere del male e per offrirle di entrare in un’alleanza d’amore che è partecipazione alla comunione trinitaria.
La scelta di farsi uomo non è stata, per il Figlio, una semplice passeggiata, un percorso trionfale: egli si è immerso totalmente nella condizione umana, condividendo tutto ciò che la caratterizza, eccetto il peccato. Scendendo nelle acque del Giordano, dunque, ricevendo il battesimo dal Battista, ha mostrato di essere tenacemente unito al popolo dei peccatori che si volgono verso Dio con un cuore nuovo. In mezzo ad essi ha «piantato la sua tenda»: della loro esistenza nulla gli sarà ignoto. Perché non è a «distanza di sicurezza» che li vuole salvare, ma attraverso un contatto che finirà col fare di lui l’Agnello che prende su di sé i peccati del mondo e che accetta di lasciarsi inchiodare ad una croce. Non è casuale, dunque, che – per guarirli – egli ‘tocchi’ coloro che sono afflitti da qualsiasi malattia, ‘tocchi’ anche i lebbrosi, il cui contagio fa decisamente paura. Non è casuale che venga accusato di mescolarsi ai pubblicani, di prendere cibo con loro e di lasciarsi avvicinare anche dalle donne di cattiva reputazione. Se lo fa è perché questo fa parte della sua missione, perché attraverso di lui il Padre vuole offrire a tutti il suo perdono. E quindi, costi quel che costi, egli vuole andare fino in fondo, su questa strada di fedeltà che pagherà duramente.
C’è una buona notizia da portare a tutti, una parola che diventa realtà di gioia e di liberazione per tutti coloro che l’accolgono con cuore sincero. C’è un’umanità dolente, provata dal male, dal peccato, dalla sofferenza che attende l’Inviato di Dio per essere liberata e generata ad una speranza nuova. È a questa gente che Gesù si mescola. Vanno da Giovanni il Battista. Vanno a compiere un gesto di conversione, di cambiamento, per andare incontro a Colui che viene nel nome di Dio. Anche Gesù riceve quel battesimo, lui che non ha commesso peccato. Anche Gesù condivide questa preparazione, questo entusiasmo, questa decisione di volgersi verso Dio.
In fondo non è venuto per coloro che si ritengono giusti e non hanno nulla da rimproverarsi. Non è stato mandato a chi è gonfio d’orgoglio, cosciente dei suoi meriti davanti a Dio, ma proprio ai peccatori, alla gente che si è sporcata di cattiveria e di infedeltà, ma ora ha voglia, una voglia intensa, del nuovo, di un profumo di pulito che solo Dio può regalarle. Saranno loro i primi destinatari della sua parola. Per loro affronterà i rimproveri e le critiche dei benpensanti. Per difendersi arriverà ad esporre mortalmente se stesso. In quell’inizio, al fiume Giordano, c’è già il senso di tutto ciò che sta per accadere.
E così il suo battesimo diventa una ‘manifestazione’. I cieli si aprono perché ora non c’è più nessuna separazione tra Dio e l’umanità, dal momento che il suo Figlio è diventato anch’esso un uomo. Lo Spirito discende su Gesù perché egli affronti le difficoltà e gli ostacoli che incontrerà nel suo cammino. Lo Spirito non è estraneo, ma partecipa intensamente alla sua missione. La voce del Padre riconosce in Gesù il Figlio prediletto, il dono perfetto del suo Amore fatto a tutti gli uomini.
Se non ci fosse la festa del Battesimo del Signore noi rischieremmo, molto probabilmente, di fermarci al presepio. E in un qualche modo di separare il mistero dell’Incarnazione dalla Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Così non apparirebbe quanto è, invece, decisivo, e cioè che il Figlio di Dio si è fatto uomo perché ha una missione da compiere: salvare l’umanità. Egli dona ad ognuno misericordia e grazia attraverso un annuncio di gioia (un ‘vangelo’ per l’appunto) e gesti di liberazione e di guarigione, ma soprattutto offre se stesso, la sua stessa vita sulla croce, per amore. Il tempo del Natale non può dunque terminare senza l’evento del battesimo di Gesù. In esso appare la solidarietà del Cristo con l’umanità peccatrice, ma anche la sorgente profonda della sua azione, la comunione del tutto unica che lo lega al Padre nello Spirito.
La scena di per sé non sembra avere proprio nulla di ‘natalizio’. Non si svolge a Betlemme, ma in riva al Giordano. Non mette al centro un bambino, ma un uomo fatto, sulla trentina. Non gli pone accanto Maria e Giuseppe, i pastori e i magi, ma un profeta dallo stile inusuale e dai toni perentori. Eppure, nonostante tutto, si tratta di un racconto di ‘incarnazione’ in cui possiamo toccare con mano cosa significhi che «il Verbo si è fatto carne». Quello che abbiamo ricordato a Natale non è solo un mistero da contemplare, ma anche la strada scelta da Dio per venire incontro all’umanità, per strapparla al potere del male e per offrirle di entrare in un’alleanza d’amore che è partecipazione alla comunione trinitaria.
La scelta di farsi uomo non è stata, per il Figlio, una semplice passeggiata, un percorso trionfale: egli si è immerso totalmente nella condizione umana, condividendo tutto ciò che la caratterizza, eccetto il peccato. Scendendo nelle acque del Giordano, dunque, ricevendo il battesimo dal Battista, ha mostrato di essere tenacemente unito al popolo dei peccatori che si volgono verso Dio con un cuore nuovo. In mezzo ad essi ha «piantato la sua tenda»: della loro esistenza nulla gli sarà ignoto. Perché non è a «distanza di sicurezza» che li vuole salvare, ma attraverso un contatto che finirà col fare di lui l’Agnello che prende su di sé i peccati del mondo e che accetta di lasciarsi inchiodare ad una croce. Non è casuale, dunque, che – per guarirli – egli ‘tocchi’ coloro che sono afflitti da qualsiasi malattia, ‘tocchi’ anche i lebbrosi, il cui contagio fa decisamente paura. Non è casuale che venga accusato di mescolarsi ai pubblicani, di prendere cibo con loro e di lasciarsi avvicinare anche dalle donne di cattiva reputazione. Se lo fa è perché questo fa parte della sua missione, perché attraverso di lui il Padre vuole offrire a tutti il suo perdono. E quindi, costi quel che costi, egli vuole andare fino in fondo, su questa strada di fedeltà che pagherà duramente.
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