Per una pausa spirituale nella prima settimana dell’anno
È la prima Parola di Dio che abbiamo ascoltato all’apertura del nuovo anno. Vale la pena rileggerla con calma e meditarla.
DAL LIBRO DEI NUMERI: «Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». (6,22-27)
Trai testi più antichi che possediamo dell’AT si può annoverare certamente il brano che abbiamo appena letto. Si tratta di benedizioni, una delle forme più arcaiche e semplici per esprimere l’alleanza tra Dio e l’uomo. Se consideriamo il brano all’interno del suo contesto letterario del libro dei Numeri, l’atto del benedire è centrale tra le molte azioni divine a favore del popolo. Infatti i primi capitoli del quarto libro della Bibbia sono dedicati alla descrizione della organizzazione cultuale delle tribù d’Israele attorno alla tenda che contiene l’arca dell’alleanza. In cammino verso la terra promessa Israele non procede in maniera disordinata e scomposta, ma si lascia guidare nel suo viaggio dalle disposizioni divine che vengono impartite tramite Mosè. Il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe non ha solo compiuto l’atto di liberare il popolo dalla schiavitù di Egitto, ma si è incaricato di accompagnare questa gente raccogliticcia (cfr. Nm 11,4) per educarla a stare alla sua presenza, trovando per ciascuno un posto adeguato.
In questa logica la centralità spaziale dell’arca nella disposizione del popolo di Israele è elemento fondamentale che dà senso alle varie norme di purità cultuale che gli autori sacri descrivono. Solo i leviti possono avvicinarsi all’arca e solo i sacerdoti, davanti all’arca, possono offrire a nome di tutto il popolo i sacrifici richiesti. Se per la nostra sensibilità odierna questo ordine può sembrare un creare divisioni e separazioni, per la sensibilità antica, terrorizzata dal caos e dalla confusione, che significa prevaricazione, tale ordine organizzato in classi distinte, uffici e differenti funzioni garantisce l’ordine dato nella creazione, assicurando a tutti la possibilità di intravvedere il primato di Dio in ogni cosa. Per chi si trova nell’accampamento l’essere vicino o lontano dall’arca conta poco, l’importante è che ciascuno stia al suo posto, nel luogo stabilito da Dio, né troppo vicino né troppo lontano, affinché ciascuno possa lodare Dio da quel luogo assegnato e così ricevere la benedizione divina.
Volgiamo lo sguardo al testo un po’ più da vicino. L’incarico di benedire viene direttamente da Dio che rimane soggetto principale di ogni benedizione. Infatti è Dio che incarica Mosè di dire ad Aronne le parole con le quali il popolo viene assicurato dei favori divini. La benedizione però è mediata attraverso Mosè, il grande amico di Dio, con il quale parlava faccia a faccia (cfr. Dt 34,10). Come la promessa fatta ad Abramo, anche la liberazione e la benedizione avvengono tramite uomini scelti da Dio per il bene del popolo. Fa parte della struttura della rivelazione biblica il coinvolgimento umano nell’opera di Dio per il bene di tutti. Nessun chiamato riceve un incarico solo per sé, ma sempre in vista di tutto il popolo. Lo stesso Mosè, probabilmente tentato a volte di fare da solo (cfr. Nm 11), riceve da Dio il comando di coinvolgere altri nell’incarico ricevuto; in primis Aronne suo fratello, il capostipite dei leviti, coloro che si dedicheranno, a nome di tutto il popolo, alla lode di Dio. Così in una scala discendente la benedizione di Dio raggiunge tutto il popolo di Israele, attraverso le parole stesse di Dio affidate ai suoi ministri.
La benedizione viene spiegata con diverse espressioni significative: custodire, sentire su di sé il volto splendente di Dio, ricevere la grazia di Dio, avere pace. Ogni espressione è densa di significato e trova in ampie pagine della Scrittura esempi concreti. All’inizio dell’anno val la pena puntare il nostro sguardo sul volto di Dio che nessuno ha mai visto (cfr. Gv 1,18), ma della cui luce abbiamo bisogno per procedere nel cammino. Come la nube ha accompagnato Israele nel deserto, facendosi luce di notte e ombra di giorno, così la benedizione del Signore accompagna il cammino dei suoi figli facendosi luce nei momenti di tenebra e protezione da tutto ciò che acceca e brucia.
Benedizione … una parola chiave che ci deve accompagnare tutto l’anno. Come abbiamo visto, benedizione fa emergere l’esperienza benefica della relazione con Dio: l’essere custoditi, avere il suo volto splendente davanti agli occhi, ricevere la sua grazia, trovare pace. Per tutte queste ragioni il credente «dice bene» di Dio e proprio questo gli infonde fiducia all’inizio di un nuovo tornante della storia!
BUON ANNO ACCOMPAGNATO DA 366 BENEDIZIONI!
È la prima Parola di Dio che abbiamo ascoltato all’apertura del nuovo anno. Vale la pena rileggerla con calma e meditarla.
DAL LIBRO DEI NUMERI: «Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò». (6,22-27)
Trai testi più antichi che possediamo dell’AT si può annoverare certamente il brano che abbiamo appena letto. Si tratta di benedizioni, una delle forme più arcaiche e semplici per esprimere l’alleanza tra Dio e l’uomo. Se consideriamo il brano all’interno del suo contesto letterario del libro dei Numeri, l’atto del benedire è centrale tra le molte azioni divine a favore del popolo. Infatti i primi capitoli del quarto libro della Bibbia sono dedicati alla descrizione della organizzazione cultuale delle tribù d’Israele attorno alla tenda che contiene l’arca dell’alleanza. In cammino verso la terra promessa Israele non procede in maniera disordinata e scomposta, ma si lascia guidare nel suo viaggio dalle disposizioni divine che vengono impartite tramite Mosè. Il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe non ha solo compiuto l’atto di liberare il popolo dalla schiavitù di Egitto, ma si è incaricato di accompagnare questa gente raccogliticcia (cfr. Nm 11,4) per educarla a stare alla sua presenza, trovando per ciascuno un posto adeguato.
In questa logica la centralità spaziale dell’arca nella disposizione del popolo di Israele è elemento fondamentale che dà senso alle varie norme di purità cultuale che gli autori sacri descrivono. Solo i leviti possono avvicinarsi all’arca e solo i sacerdoti, davanti all’arca, possono offrire a nome di tutto il popolo i sacrifici richiesti. Se per la nostra sensibilità odierna questo ordine può sembrare un creare divisioni e separazioni, per la sensibilità antica, terrorizzata dal caos e dalla confusione, che significa prevaricazione, tale ordine organizzato in classi distinte, uffici e differenti funzioni garantisce l’ordine dato nella creazione, assicurando a tutti la possibilità di intravvedere il primato di Dio in ogni cosa. Per chi si trova nell’accampamento l’essere vicino o lontano dall’arca conta poco, l’importante è che ciascuno stia al suo posto, nel luogo stabilito da Dio, né troppo vicino né troppo lontano, affinché ciascuno possa lodare Dio da quel luogo assegnato e così ricevere la benedizione divina.
Volgiamo lo sguardo al testo un po’ più da vicino. L’incarico di benedire viene direttamente da Dio che rimane soggetto principale di ogni benedizione. Infatti è Dio che incarica Mosè di dire ad Aronne le parole con le quali il popolo viene assicurato dei favori divini. La benedizione però è mediata attraverso Mosè, il grande amico di Dio, con il quale parlava faccia a faccia (cfr. Dt 34,10). Come la promessa fatta ad Abramo, anche la liberazione e la benedizione avvengono tramite uomini scelti da Dio per il bene del popolo. Fa parte della struttura della rivelazione biblica il coinvolgimento umano nell’opera di Dio per il bene di tutti. Nessun chiamato riceve un incarico solo per sé, ma sempre in vista di tutto il popolo. Lo stesso Mosè, probabilmente tentato a volte di fare da solo (cfr. Nm 11), riceve da Dio il comando di coinvolgere altri nell’incarico ricevuto; in primis Aronne suo fratello, il capostipite dei leviti, coloro che si dedicheranno, a nome di tutto il popolo, alla lode di Dio. Così in una scala discendente la benedizione di Dio raggiunge tutto il popolo di Israele, attraverso le parole stesse di Dio affidate ai suoi ministri.
La benedizione viene spiegata con diverse espressioni significative: custodire, sentire su di sé il volto splendente di Dio, ricevere la grazia di Dio, avere pace. Ogni espressione è densa di significato e trova in ampie pagine della Scrittura esempi concreti. All’inizio dell’anno val la pena puntare il nostro sguardo sul volto di Dio che nessuno ha mai visto (cfr. Gv 1,18), ma della cui luce abbiamo bisogno per procedere nel cammino. Come la nube ha accompagnato Israele nel deserto, facendosi luce di notte e ombra di giorno, così la benedizione del Signore accompagna il cammino dei suoi figli facendosi luce nei momenti di tenebra e protezione da tutto ciò che acceca e brucia.
Benedizione … una parola chiave che ci deve accompagnare tutto l’anno. Come abbiamo visto, benedizione fa emergere l’esperienza benefica della relazione con Dio: l’essere custoditi, avere il suo volto splendente davanti agli occhi, ricevere la sua grazia, trovare pace. Per tutte queste ragioni il credente «dice bene» di Dio e proprio questo gli infonde fiducia all’inizio di un nuovo tornante della storia!
BUON ANNO ACCOMPAGNATO DA 366 BENEDIZIONI!
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