(Isaia 50,4-7 Filippesi 2,6-11 Luca 22,14-23,56)
Oggi finisce la Quaresima; da lunedì inizia la Settimana santa. Interessante: la Quaresima si conclude con una festa, l’accoglienza trionfale del Messia a Gerusalemme. E anche la Settimana santa tende ad una festa ancora più grande, la Pasqua del Signore. Gloria e passione sembrano temi alternativi e inconciliabili tra loro, mentre il paradosso cristiano li inserisce in un mistero unitario e inscindibile. La festa cristiana è insieme canto e silenzio, danza e adorazione, movimento e meditazione. Per prepararsi alla festa delle feste, la Pasqua, occorre saper fare tesoro sia della sofferenza del morire a se stessi, sia della gioia della rinascita.
Questa domenica, l’unica dell’anno liturgico in cui viene letta la Passione del Signore, presenta gli ultimi giorni della vita di Gesù come un’alternanza di baci e di sputi, di sguardi d’amore e di tradimento, di parole di incoraggiamento e di frasi ingiuriose, di mani che spezzano il pane e di altre che contano monete, di occhi che piangono e di altri che organizzano il rito della crocifissione. È un giorno di lacrime: di angoscia come quelle di Cristo, di pentimento come quelle di Pietro, di disperazione come quelle di Giuda, di dolore come quelle delle donne.
Questa liturgia azzera la religione fai-da-te, per lasciare emergere l’unicità del Dio di Gesù Cristo, il quale toglie ogni falsa immagine di Dio. Il racconto della passione è lo svelamento supremo del Dio-Amore, che dona la vita anche a chi diffonde la morte. La storia ricomincia da un atto di amore totale e perfetto: qui sta la forza attrattiva del Crocifisso. D’ora in poi, per sapere chi sia Dio basta «inginocchiarsi ai piedi della croce» (K. Rahner). Lo ha insegnato anche il centurione, il “lontano” che fa la sua bella professione di fede.
La tentazione perenne è di costruirsi un Dio che corrisponda ai propri bisogni e rassomigli alla soluzione delle proprie richieste. Allora è facile cantare l’«Osanna», nell’attesa di prodigi a buon prezzo. Ed è altrettanto facile passare alla delusione e alla reazione impietosa: «Crocifiggilo!». L’ascolto del racconto della passione deve suscitare la conversione del cuore allo stile di Dio. La liturgia di questa domenica racchiude in sintesi il percorso della fede matura: dal prendere posto a tavola insieme a Gesù fino alla speranza che non viene meno neppure di fronte al suo corpo crocifisso e sepolto. È un percorso che chiede di immedesimarsi nei vari personaggi di quegli eventi che hanno segnato e cambiato la storia dell’umanità.
L’efficacia soggettiva di questa liturgia dipende anche dall’intensità spirituale con cui è stata vissuta l’intera Quaresima: nulla si improvvisa. Questo non significa snobbare quanti, in ossequio alla tradizione, vengono solo oggi «a prendere l’ulivo»: l’importante è partecipare con lo spirito e il corpo e verificare se la propria vita è disposta secondo il senso della passione di Cristo oppure no. È il momento della decisione per Cristo, di prendere posizione di fronte a Lui.
Credere all’amore di Cristo aiuta a credere anche negli altri amori. Quando si è disposti ad amare fino al dono della propria vita, allora si è sulla strada della liberazione. Nel sacramento del perdono Cristo guarisce ed educa la libertà umana, donandole la capacità di amare. Nella passione Gesù è profondamente umano: l’ascolto partecipe del racconto e la contemplazione del Crocifisso rendono più umani, perché l’Amore purifica ed attrae. Il gesto umanissimo di Giuseppe d’Arimatea stimola tutti ad evitare il rischio del ‘pilatismo’ (non compromettersi in nulla) quando è in gioco la cura della vita e dei più deboli.
Un particolare: Gesù entra a Gerusalemme sopra un asino, non su un cavallo. Si tratta di una scelta alternativa alle attese dominanti del dominio politico e religioso. Gesù è un uomo ‘libero’ nel modo di trattare Giuda e l’autorità, nel rifiuto della violenza e nell’attenzione alle donne, nello sguardo a Pietro traditore e nel perdono al “buon ladrone”, nel confronto perdente con Barabba e nell’accettazione della ingiustizia, nella reazione alla folla ingrata.
Il Concilio Vaticano II ha chiesto alla Chiesa di essere libera dai potentati e solidale con ogni persona, di non ‘gareggiare’ col mondo, ma di porsi in atteggiamento di servizio ad esso, di non cercare il proprio successo, ma la fedeltà al Vangelo. Attorno al Crocifisso è più facile per i cristiani battersi il petto e ricomporre l’unità.
Per l’evangelista Luca, Gesù salva il mondo con mezzi ‘poveri’: la fedeltà alla volontà del Padre, il generoso dono di sé, il silenzio, il perdono. È sempre e solo l’Amore a riscattare le vicende umane, come conferma l’Inno di San Paolo nella seconda lettura. E questa è la «via della Chiesa», esperta in umanità. La crisi culturale ed economica in atto è uno stimolo a ritrovare pietre nuove per costruire il futuro su basi diverse da quelle finora poste.
PREGHIERA
Questa domenica, l’unica dell’anno liturgico in cui viene letta la Passione del Signore, presenta gli ultimi giorni della vita di Gesù come un’alternanza di baci e di sputi, di sguardi d’amore e di tradimento, di parole di incoraggiamento e di frasi ingiuriose, di mani che spezzano il pane e di altre che contano monete, di occhi che piangono e di altri che organizzano il rito della crocifissione. È un giorno di lacrime: di angoscia come quelle di Cristo, di pentimento come quelle di Pietro, di disperazione come quelle di Giuda, di dolore come quelle delle donne.
Questa liturgia azzera la religione fai-da-te, per lasciare emergere l’unicità del Dio di Gesù Cristo, il quale toglie ogni falsa immagine di Dio. Il racconto della passione è lo svelamento supremo del Dio-Amore, che dona la vita anche a chi diffonde la morte. La storia ricomincia da un atto di amore totale e perfetto: qui sta la forza attrattiva del Crocifisso. D’ora in poi, per sapere chi sia Dio basta «inginocchiarsi ai piedi della croce» (K. Rahner). Lo ha insegnato anche il centurione, il “lontano” che fa la sua bella professione di fede.
La tentazione perenne è di costruirsi un Dio che corrisponda ai propri bisogni e rassomigli alla soluzione delle proprie richieste. Allora è facile cantare l’«Osanna», nell’attesa di prodigi a buon prezzo. Ed è altrettanto facile passare alla delusione e alla reazione impietosa: «Crocifiggilo!». L’ascolto del racconto della passione deve suscitare la conversione del cuore allo stile di Dio. La liturgia di questa domenica racchiude in sintesi il percorso della fede matura: dal prendere posto a tavola insieme a Gesù fino alla speranza che non viene meno neppure di fronte al suo corpo crocifisso e sepolto. È un percorso che chiede di immedesimarsi nei vari personaggi di quegli eventi che hanno segnato e cambiato la storia dell’umanità.
L’efficacia soggettiva di questa liturgia dipende anche dall’intensità spirituale con cui è stata vissuta l’intera Quaresima: nulla si improvvisa. Questo non significa snobbare quanti, in ossequio alla tradizione, vengono solo oggi «a prendere l’ulivo»: l’importante è partecipare con lo spirito e il corpo e verificare se la propria vita è disposta secondo il senso della passione di Cristo oppure no. È il momento della decisione per Cristo, di prendere posizione di fronte a Lui.
Credere all’amore di Cristo aiuta a credere anche negli altri amori. Quando si è disposti ad amare fino al dono della propria vita, allora si è sulla strada della liberazione. Nel sacramento del perdono Cristo guarisce ed educa la libertà umana, donandole la capacità di amare. Nella passione Gesù è profondamente umano: l’ascolto partecipe del racconto e la contemplazione del Crocifisso rendono più umani, perché l’Amore purifica ed attrae. Il gesto umanissimo di Giuseppe d’Arimatea stimola tutti ad evitare il rischio del ‘pilatismo’ (non compromettersi in nulla) quando è in gioco la cura della vita e dei più deboli.
Un particolare: Gesù entra a Gerusalemme sopra un asino, non su un cavallo. Si tratta di una scelta alternativa alle attese dominanti del dominio politico e religioso. Gesù è un uomo ‘libero’ nel modo di trattare Giuda e l’autorità, nel rifiuto della violenza e nell’attenzione alle donne, nello sguardo a Pietro traditore e nel perdono al “buon ladrone”, nel confronto perdente con Barabba e nell’accettazione della ingiustizia, nella reazione alla folla ingrata.
Il Concilio Vaticano II ha chiesto alla Chiesa di essere libera dai potentati e solidale con ogni persona, di non ‘gareggiare’ col mondo, ma di porsi in atteggiamento di servizio ad esso, di non cercare il proprio successo, ma la fedeltà al Vangelo. Attorno al Crocifisso è più facile per i cristiani battersi il petto e ricomporre l’unità.
Per l’evangelista Luca, Gesù salva il mondo con mezzi ‘poveri’: la fedeltà alla volontà del Padre, il generoso dono di sé, il silenzio, il perdono. È sempre e solo l’Amore a riscattare le vicende umane, come conferma l’Inno di San Paolo nella seconda lettura. E questa è la «via della Chiesa», esperta in umanità. La crisi culturale ed economica in atto è uno stimolo a ritrovare pietre nuove per costruire il futuro su basi diverse da quelle finora poste.
PREGHIERA
Hai sempre accuratamente evitato le manifestazioni di entusiasmo: non volevi alimentare equivoci sulla tua identità e sulla missione che hai ricevuto dal Padre. Ora, invece, Gesù, non t’importa se qualcuno avrà da ridire: seia Gerusalemme ed è lì che si compirà il disegno di Dio. Ti attende un passaggio oscuro di sofferenza e di morte, prima di conoscere la risurrezione.
Ecco perché accogli le parole e i gesti con cui la folla dei discepoli ti esprime la sua gioia. Sì, in te hanno riconosciuto il Messia atteso, l’Inviato di Dio, che viene nella mitezza, non con la forza, per salvare, non per condannare, per liberare, non per giudicare.
Avanzi su di un asino che, decisamente, non è una cavalcatura da trionfo. Avanzi disarmato, sapendo bene che dovrai lottare contro la cattiveria, contro accuse ingiuste, contro soprusi e scherni, contro insulti e violenze.
I poveri, in ogni caso, lodano Dio per la buona novella che hai portato e che apre ad un futuro di pace e di giustizia, perché la storia non è nelle mani di un potente di turno, ma in quelle tenere e sicure di Dio.
Ecco perché accogli le parole e i gesti con cui la folla dei discepoli ti esprime la sua gioia. Sì, in te hanno riconosciuto il Messia atteso, l’Inviato di Dio, che viene nella mitezza, non con la forza, per salvare, non per condannare, per liberare, non per giudicare.
Avanzi su di un asino che, decisamente, non è una cavalcatura da trionfo. Avanzi disarmato, sapendo bene che dovrai lottare contro la cattiveria, contro accuse ingiuste, contro soprusi e scherni, contro insulti e violenze.
I poveri, in ogni caso, lodano Dio per la buona novella che hai portato e che apre ad un futuro di pace e di giustizia, perché la storia non è nelle mani di un potente di turno, ma in quelle tenere e sicure di Dio.
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