sabato 29 dicembre 2012

455 - ACCOGLIERE DIO - 23 Dicembre 2012 –IVª Domenica di Avvento

(Michea5,1-4 Ebrei 10,5-10 Luca 1,39-45)

Accogliere Dio significa mettersi in cammino verso il compimento, mossi dalla pro­messa: «la gravidanza di Elisabetta è un invito per Maria a rin­tracciare il senso dell’agire di Dio». Il credente non è un ‘se­dentario’, ma uno che si mette per strada. Abbandona i luoghi conosciuti per lasciarsi condurre dalla parola del Signore, alla ricerca dei segni che egli offre. È attraverso di essi, infatti, che è possibile decifrare la storia. Non è casuale che la storia della salvezza ci conduca per le strade del mondo. La strada di Abra­mo che abbandona il suo clan e si fida della promessa di Dio. La strada di Mosè che torna in Egitto dopo l’esperienza del roveto ardente per liberare il suo popolo dalla schiavitù. La strada di Israele verso la libertà e la terra che Dio gli donerà. La strada di Elia, il profeta stanco e scoraggiato, che cammina quaranta gior­ni e quaranta notti verso l’Oreb, il luogo dell’appuntamento. Il credente è un viandante, un pellegrino, mosso dalla sete di Dio. Mettersi in cammino in fretta, senza indugio: questa fretta non è dettata dalla cu­riosità, ma dal desiderio di entrare in quel progetto che è stato appena rivelato a Maria. Il credente è ‘determinato’, deciso nel vincolare la sua vita al disegno di Dio. L’orizzonte del suo per­corso è stato radicalmente cambiato dall’intervento di Dio, che ha fatto irruzione nella sua storia. In modo imprevisto e con un annuncio sorprendente. Domandando una disponibilità a tutta prova, ma anche offrendo un segno. Ed è proprio questo segno che Maria si precipita a riconoscere di persona, per essere con­fermata nella sua decisione di accettare senza riserve il piano di Dio.
Accogliere Dio significa aprirsi all’incontro tra creature toccate dalla grazia, trasfor­mate nella loro esistenza: è un incontro di gioia quello che av­viene tra Elisabetta e Maria, una gioia che irraggia da queste due donne, così diverse tra loro, eppure accomunate da un’e­sperienza di grazia, dall’intervento inaspettato di Dio nella lvita. E in effetti la sorgente della gioia, che traspare dalle parole e dai gesti, è proprio lui, Dio. Egli sta operando meraviglie: la donna sterile, già avanti negli anni, è ormai prossima al parto; la vergine ha appena concepito e porta in grembo il Messia, il Figlio stesso di Dio. Tutto questo è straordinariamente grande e queste due creature, illuminate dallo Spirito, ne sono coscienti. In questo incontro ognuno interviene a suo modo: c’è il grido di Elisabetta, mossa dallo Spirito; la danza del Battista nel grem­bo di sua madre; il cantico di Maria che condensa la gratitudine di tutti i poveri che lungo i secoli hanno beneficiato dell’amore sorprendente di Dio. Elisabetta dichiara, proprio perché «piena di Spirito Santo», ciò che sta accadendo in Maria ed identifica in che cosa consista la sua grandezza: «Beata colei che ha cre­duto nell’adempimento delle parole del Signore». Non si tratta solo di un riconoscimento che corrisponde ad una ‘conoscenza’, a qualcosa che coinvolge la mente ed il cuore. È con tutto il suo essere che questa donna ‘vibra’ perché il suo bimbo, dentro di lei, «esulta di gioia». Maria, quando apre la bocca, manifesta ciò di cui è ricolmo il suo cuore. E sgorgano le parole della gratitu­dine e della meraviglia. Parole sue, anche se appartengono ad una tradizione di ricerca e di attesa, di preghiera e di contem­plazione che viene da più lontano e in cui è totalmente immersa. Sono espressioni di fede che testimoniano la certezza che Dio prende a cuore la sorte dei suoi figli e rivela la sua preferenza per i poveri e per gli abbandonati. Non è un Dio ‘neutrale’, che sta ad osservare alla finestra: egli si schiera perché vuole cam­biare il corso della storia. Il suo amore ha generato, proprio per questo, un progetto di salvezza che riguarda tutti gli uomini.
Dio è entrato nella storia di queste due donne: basta assistere, con gli occhi di Luca, al loro incontro, per rallegrarsi di ciò che sta avvenendo. Dio opera e coloro che lo accolgono, con fede e disponibilità, partecipano ad un’avventura che trasforma dal profondo la loro esistenza. Sì, è veramente nuovo il loro rap­porto con lui. La loro vita non è più quella di prima. Ma sono nuove anche le relazioni che nascono con quelli che incontrano, relazioni che trasudano consolazione e speranza. Come sarebbe bello che anche i nostri incontri, nella vita quotidiana, diventas­sero simili a questo! Come sarebbe bello se, invece di cedere al bisogno irrefrenabile della chiacchiera, parola leggera che si perde nel vento, noi avessimo l’audacia di riconoscere ognuno quello che Dio sta facendo nella nostra vita e ce lo comunicassi­mo per raddoppiare la nostra gioia e la nostra speranza! Come sarebbe bello se, nel linguaggio semplice e piano di ogni giorno, noi dessimo voce alla gratitudine di un popolo che vede i segni di Dio nella sua storia!
Saremo capaci anche noi, a Natale, di dar vita ad incontri di questo genere? La festa che celebriamo, la consapevolezza che Dio è entrato nella nostra storia, metterà sulle nostre bocche espressioni di gioia e sapremo rallegrarci di ciò che egli opera in coloro che ci vivono accanto?

PREGHIERA­
Benedetta è Maria, la madre tua, Gesù. Benedetta per la sua fede: ha accolto la proposta di Dio che veniva a sconvolgere la sua esistenza, i suoi progetti, i suoi disegni sul futuro. Si è fidata totalmente di lui e si è detta pronta a fare la sua volontà.
Benedetta per la sua prontezza nel venire a vedere il segno che le è stato offerto: Elisabetta, la donna anziana e per giunta sterile, sta per dare alla luce un figlio, è già al sesto mese.
Benedetta per la sua generosità nell’accorrere in aiuto alla sua parente ormai prossima al parto: la “serva del Signore” non si nega alle umili incombenze e ai piccoli servizi che alleviano tanti disagi.
Ma benedetta soprattutto Maria perché porta in grembo te, Gesù, il dono più grande che Dio fa agli uomini. Benedetta perché è l’Arca della Nuova Alleanza, davanti alla quale il Battista danza di gioia, di esultanza nel grembo di sua madre, lui che ti annuncerà agli uomini.

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