(1ºRe 19,4-8 Efesini 4,30-5,2 Giovanni 6,41-51)
Credere in Gesù ha comportato, per gli interlocutori del suo tempo, la necessità di andare oltre le apparenze. Effettivamente tanto nel passato quanto nell’oggi, il numero di istrioni che imboniscono, che plagiano, che divengono star, è rilevante. Se non vi è una fede che va oltre, anche Gesù avrebbe potuto essere catalogato in queste categorie. La fede, invece, consente una lettura sapienziale della storia, delle profezie, delle attese, e sa applicare a lui la meta raggiunta dal cammino storico di Israele, il compimento delle profezie, la realizzazione delle attese. La fede si rivela, dunque, uno strumento per decodificare la storia, una chiave per interpretare la vita. Ed, in tal senso, è frutto certamente dell’adesione umana, ma è, principalmente, dono di Dio. Ogni qualvolta Gesù ha rivelato qualcosa di Dio e di se stesso, Giovanni si premura di annotare che «molti credettero in lui», come pure di constatare amaramente che qualcuno se ne va complottando contro di lui.
Tra molti credenti odierni circola la presunzione di sapere tutto, di saperne già troppo, su Gesù. Tale saccenza va a pregiudizio di tutti gli sforzi che le comunità cristiane mettono in campo per favorire una conoscenza vera e affettuosa del Signore. Effettivamente troppi, ormai, di Gesù conoscono solo ciò che torna loro comodo, rassicurante, o compatibile con proprie mentalità e costumi. Tutto ciò che richiede conversione è tranquillamente accantonato o ignorato. Occorre ribadire con forza che il Signore Gesù non è raffigurabile a nostro piacimento, a nostro uso e consumo, ma va cercato e accolto per come la Scrittura ce lo presenta.
Il mondo monastico ha elaborato la suggestiva immagine della ruminatio per descrivere come il credente deve nutrirsi di Cristo: mangiarne, masticarlo e rimasticarlo, per assimilarlo sino all’ultima fibra. Accogliere e incorporare la sua parola, la sua persona, la sua esperienza, per fare corpo. Giuseppe Prezzolini, pur nel suo travaglio spirituale, con arguzia descriveva così questa operazione: «Le religioni presiedono al commercio di Dio. Lo vendono a pezzi ed a bocconi, a fette ed a morselli, cotto, crudo e disossato, a credito ed a contanti. Bisogna invece inghiottirlo tutto intero perché faccia bene: grasso e magro, ossa e polpa, pelle e ciccia. Bisogna inghiottirlo, vivo e fresco… aprirsi tutti appena si scorge, aprir tutte le porte, quella volta è la buona, che è la prima e l’ultima. Non ci sarà un’altra occasione». Come non si vive senza mangiare ed assimilare, così non si può esistere da credenti senza incorporare Cristo a noi, o meglio, senza lasciarci incorporare a lui.
Questa comunione non ha come scopo il farci provare emozioni forti, ma, unicamente, il legarci vitalmente a lui, per apprendere l’arte di vivere come lui. E poiché la sua vita è stata tutta consacrata a «vivere per», per Dio e per l’uomo, il legarci a lui avviene nella speranza e nell’impegno di apprendere noi pure l’arte della pro-esistenza, cioè l’arte di vivere in spirito di gratuità, in spirito di dono, in spirito di servizio, in spirito di sacrificio, in una carità che dona sempre di più, sempre di meglio, educandoci ed abilitandoci a «vivere per» sino a «morire per». Si tratta di una prospettiva che può atterrire, anziché allettare, ma sta evidentemente a noi mostrarne la portata e le conseguenze, in termini di felicità, mostrando con i fatti la verità del detto neotestamentario: «Vi è più gioia nel donare che nel ricevere» (At 20,35).
PREGHIERA - Le tue affermazioni sconcertano, Gesù: come possono accettare che tu sia disceso dal cielo? Conoscono bene la tua famiglia, i tuoi parenti, il tuo villaggio. La tua vita finora è stata terribilmente simile alla loro. Ecco perché non vogliono credere che Dio li raggiunga attraverso un uomo che ha vissuto tra loro senza sconti e senza privilegi, condividendo le loro fatiche, le loro pene e le loro soddisfazioni…
Così nella vana attesa di un salvatore paracadutato direttamente dal cielo, essi si negano ad una gioia e ad una pienezza che li raggiunge nella semplicità dell’esistenza quotidiana. Strano comportamento, Gesù, che già annuncia il rifiuto che ti colpirà in modo inesorabile.
Sì, perché un Dio che si fa uomo risulta terribilmente scomodo e ci obbliga a rivedere le idee che ci siamo fatte di Lui, le maschere che abbiamo costruito e appiccicato al suo volto. Tu ti offri come un Pane che trasmette la vita eterna, tu accetti di spezzarti, di morire perché possiamo partecipare alla tua pienezza.
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