(Esodo 16,2-4.12-15 Efesini 4,17.20-24 Giovanni 6,24-35)
I passi che la folla deve compiere per conoscere chi è veramente Gesù sono tre. Prima di tutto deve purificare il proprio desiderio. All’inizio la gente non sa esattamente che cosa vuole, e spetta a Gesù spiegarle l’ambiguità di cui è vittima: «Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati» (v. 26). L’uomo è pieno di desideri, sempre rivolti a persone o a oggetti concreti: desiderio di cibo, di affetto, di salute e così via; ma se si approfondisce il senso di questi desideri, ci si accorge che sono segno di qualcosa di più grande, di un desiderio più radicale; essi spingono verso l’Assoluto, il solo pane che sazia il desiderio dell’uomo.
Il secondo passo riguarda la fede, che è il solo e giusto atteggiamento verso il dono di Dio. Si è abituati a pensare che il rapporto con Dio passi attraverso le opere che si devono compiere per essergli fedeli. Gli interlocutori di Gesù ragionano in termini di «opere» da fare, le opere della Legge che si devono compiere per piacere a Dio. Mediante le «opere» della Legge l’uomo pensa di porre un’ipoteca sulla salvezza e di poter vantare meriti di fronte a Dio. Gesù risponde che l’«opera» di Dio è una sola: credere in colui che egli ha mandato. La fede è l’unica risposta adeguata al dono di Dio, e tutto deve essere orientato a quest’unica «opera»: credere al suo inviato. È la teologia del vangelo di Giovanni: più che sulle cose da fare, egli punta sull’opera fondamentale che è riconoscere e accettare il dono di Dio mediante la fede. Il credere è caratterizzato dall’accoglienza dell’agire di Dio più che dalle opere che l’uomo compie. La fede però impegna tutta la persona. Il termine greco per dire «opera» (érgon) significa anche «fatica», «lavoro», ed esprime il carattere impegnativo di questo affidamento di tutta la vita alla promessa di Dio.
Il terzo passo è riconoscere l’origine divina del pane che dà la vera vita (vv. 30-35). Esso può essere solo dono di Dio, di quel Dio che, se era già il dispensatore della manna, opera adesso con un dono nuovo. L’azione di Dio non è qualcosa di passato, ma qualcosa di attuale e presente, che va oltre Mosè e la sua Legge. Il Padre sta preparando adesso il pane vero, un pane che vale per il presente (i verbi in greco sono tutti al presente). La gente si apre allora alla domanda vera, e chiede questo pane. Ed è a questo punto che Gesù afferma: «Io sono il pane della vita» (v. 35). È lui l’opera di Dio, è lui il pane che va accolto con fede perché è il termine ultimo del desiderio di vita dell’uomo. Quando lo si riconosce non per i doni che dà, ma come dono del Padre, allora si è trovata la vita. Apparentemente non ha risposto alla folla che gli ha chiesto un segno, ma in realtà è lui stesso il segno, un segno che si può cogliere solo «venendo a lui», aprendosi alla fede in lui.
PREGHIERA - Tu offri un segno, Gesù, perché la folla raggiunga la realtà meravigliosa del tuo dono. Offri un pane che può sfamarli e saziarli per un giorno perché desiderino quel Pane che trasmette la vita eterna. Fai fiorire una stupenda esperienza di condivisione, un anticipo dei tempi messianici, perché avvertano la voglia di partecipare alla gioia del giorno senza tramonto.
Eppure ieri come oggi gli uomini rimangono attaccati alle realtà terrene e si rifiutano di compiere il salto verso i beni eterni. Sì, siamo fatti in modo strano. Tu ci fai intravedere una pienezza inimmaginabile e noi restiamo saldamente ancorati ai bisogni quotidiani.
Tu ci inviti a solcare il mare aperto per immergerci nella profondità della vita divina e noi ci condanniamo al piccolo cabotaggio. Tu desti in noi l’attesa di qualcosa di grande, capace di trasformare questa nostra esistenza e noi ti chiediamo di rimediare alle piccole angustie che ci assillano.
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