Le letture sono concordi nel dare
risalto alla vita. La riflessione della Sapienza guarda al disegno
originario del Dio della vita che ha creato l’uomo a immagine del Creatore. Il
canto di ringraziamento del Salmo 29 trae origine dall’intervento di Dio
che ha risollevato chi si trovava in cammino verso la morte. Il Vangelo non
solo presenta la donna guarita e salvata, dopo lunghi anni di tentativi andati
a vuoto, ma anche la risurrezione della figlia di uno dei capi della sinagoga.
Il racconto è costruito per porre in evidenza il contrasto tra l’azione di Dio
e la condizione umana. La richiesta di aver fede posta al papà della bambina e
l’intervento di Gesù che opera donando la vita quando tutto sembrava
impossibile mostrano la grandezza della potenza di Dio.
La guarigione della donna affetta da
perdite di sangue va colta come la guarigione totale della persona. La malattia
coinvolgeva la sfera sociale e religiosa. La donna non poteva avere alcun
contatto con le persone perché le avrebbe rese impure, impossibilitate a
rendere culto a Dio senza passare attraverso i riti di purificazione. Gesù le
ridona vita perché riconosce la sua fede e nello stesso tempo la reintegra
nella società. È tornata alla vita di relazioni interpersonali e Gesù ha posto
fine al suo lungo tempo di malattia e di impurità.
Almeno due itinerari parlano oggi di
vita: la speranza e la solidarietà. Mentre si guarda al futuro con
accentuazioni negative e ci sono tante motivazioni legate al poco senso di
responsabilità verso tutto ciò che non interessa direttamente e di cui non
valutiamo le conseguenze se non nell’immediato, avere la forza per sperare
significa credere nella vita.
Inoltre uno sguardo all’intero mondo e
alle condizioni di indigenza di intere popolazioni ci induce alla solidarietà.
Solidarietà come aiuto nell’emergenza alle persone colpite da calamità
naturali, ma anche come assistenza agli ammalati, agli anziani, a tutti coloro
che si rivelano incapaci di gestire la propria vita. In questo tempo di
ristrettezze economiche per alcuni è difficile saper amministrare le limitate
risorse a disposizione. Educare ad usare al meglio il poco che si ha: anche
questo è un gesto di solidarietà. Speranza e condivisione ci permettono di
superare le nostre visioni limitate e sono espressione della nostra adesione di
fede al Dio della vita.
Per un cristiano la vita ha senso e significato
in relazione a Cristo. L’espressione che nella preghiera liturgica ricorre
sovente «Per Cristo nostro Signore» è estremamente significativa. Ipotizzare di
vivere la vita contando soltanto sulle qualità umane è un’impresa che non
produce alcun frutto. Di fronte a qualsiasi imprevisto negativo e ancor più
confrontandosi con la malattia e con il mistero della morte – che umanamente
segna la fine – senza avere alcuna apertura ultraterrena l’unico esito
possibile è la frustrazione che consuma la vita della persona umana. Nella
relazione con Cristo anzitutto non si vive abbandonati a se stessi: il Signore
risorto ci accompagna momento per momento nella nostra esistenza terrena. In
riferimento alla sua croce qualsiasi evento, compresa la morte, non può più
essere la parola definitiva, ma apre sempre a qualcosa di nuovo in una
relazione che non finisce mai. La comunione con Cristo è il senso della vita e
ogni nostro tentativo di toglierci e negare questa realtà viene superato dal
perdono di Dio.
PREGHIERA - Nulla può resistere, Gesù, alla forza del tuo amore. Non c’è malattia o
sofferenza oscura da cui tu non ci possa liberare. Tu puoi sconfiggere anche la
morte, che ci appare come ineluttabile, basta che noi riponiamo in te la nostra
fiducia,
che ci
mettiamo risolutamente nelle tue mani, che ci abbandoniamo senza remore alla
salvezza che ci offri.
È la fede,
dunque, che ti permette di operare in noi, senza intralci. È la fede che ti
consegna la nostra esistenza perché tu la possa guarire nel profondo e
trasfigurare rendendola un segno incandescente della tua bellezza.
Permettimi,
allora, di far cadere tutto ciò che mi separa ostinatamente da te: l’attaccamento
sconsiderato al mio modo di vedere e di giudicare, la vergogna nell’ammettere
la mia fragilità, la mia debolezza, la presunzione di poter sempre farcela da
solo, senza il tuo aiuto, l’orgoglio che mi trattiene dal cercarti con la
semplicità di un povero. E apri le profondità del mio cuore alla tua tenerezza
benefica.