Il testo evangelico di oggi appartiene alla sezione che in Matteo e Marco rievoca il ‘viaggio-scuola’ organizzato e guidato da Gesù per formare i suoi discepoli alla loro missione futura. Ad una attenta lettura della redazione matteana, l’interesse è centrato non tanto sul ‘miracolo di guarigione’, quanto sul dialogo fra Gesù e la donna cananea: quasi una lezione di Gesù al gruppo presente dei suoi discepoli, che sbrigativamente erano intervenuti per suggerire al Maestro di licenziare quella cananea! Loro, che già avevano maldestramente consigliato Gesù di mandar via in fretta gli oltre cinquemila a cui invece Gesù intendeva offrire di che nutrirsi nel deserto (cfr. Mt 14,13-21).
Ma l’episodio merita di essere esaminato ancora più da vicino, nelle sue tre scene:
vv. 21-23a: c’è anzitutto un primo tempo, in cui esiste una distanza fra la donna cananèa e Gesù. Scenicamente si ascolta un grido, più che assistere ad un incontro. Ma si faccia attenzione a quella voce, che Matteo presta ad una cananèa: è la voce dell’umanità, tante volte registrata anche nei salmi di Israele (cfr. Sal 27,7). Un testo esemplare: «Ma tu, Signore... volgiti a me e abbi pietà: ... salva il figlio della tua serva» (Sal 86,16; 25,16). E tale invocazione è dalla donna rivolta al «Signore, figlio di Davide»: dunque, secondo il credo cristiano!
vv. 23b-24: i primi ad avvicinarsi a Gesù sono i suoi discepoli, per una intercessione però che ha scarsa attenzione al dramma di quella madre! Motivazione: «perché ci viene dietro gridando!». Qualcosa di simile i discepoli avevano manifestato anche nell’episodio dei pani moltiplicati nel deserto. Alcuni perciò tradurrebbero la precisa richiesta dei discepoli non con «esaudiscila», ma con «licénziala»! A meno che Gesù non intenda rifiutare la prima intercessione dei discepoli, non per aderire alla loro domanda di essere lasciati in pace, ma – come egli afferma subito – «perché non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele» (v. 24): coerentemente con quanto indicato anche agli apostoli, in un primo tempo (cfr. Mt 10,5-6).
vv. 25-28: è la scena centrale, fondamentalmente caratterizzata dal dialogo fra Gesù e la donna, ma una donna che è madre di una figlia malata. Perciò, in ginocchio ai piedi di Gesù, come avevano fatto altri due genitori, Giairo (cfr. Mt 9,18) e il padre del ragazzo epilettico (cfr. Mt 17,14). Ma di questa cananea pagana Matteo ci fornisce altri due elementi circa la sua «grande fede», unita all’affetto materno: la sua nuova invocazione è semplificata in una formula che fa tutt’uno di lei e la figlia: «Signore, aiutami!» (cfr. Sal 109,26); e alla affermazione dura di Gesù, quasi per metterla alla prova, la donna ha pronta una soluzione di fiducia e di speranza: chiede per sé (e per i pagani) le briciole di pane che cadono dalla mensa dei figli... di Israele. La medesima grande fede, elogiata da Gesù nella donna cananea, era già stata messa in luce da Gesù nei riguardi del centurione romano di Cafarnao (cfr. Mt 8,5-13). Quando si ama, si arriva alla fede e si trova un linguaggio semplice e diretto per dire la fede come invocazione e preghiera.
Preghiera - Sulla mia strada, Gesù, hai messo tante persone che stranamente assomigliano a quella cananea. Non nuotano nell’ambiente ecclesiale e a prima vista sembrano tanto distanti da Dio. Non offrono particolari segni di pratica cristiana o di devozione, ma al momento giusto rivelano una fede grande, solida, capace di sfidare qualsiasi avversità. E così mi rimandano, inevitabilmente, alla mia esistenza, immersa nella vita di una comunità, contrassegnata da simboli e da immagini che si richiamano a te, percorsa dalla conoscenza della tua Parola.
Agli occhi degli altri tutto ciò fa di me un discepolo vicino a te. Ma qual è veramente la mia fede? Quanta ne è la sua consistenza quando si tratta di affrontare il primo ostacolo? Che cosa mi accade quando mi rivolgo a te per chiederti qualcosa e mi sembra che tu non risponda?
Signore Gesù, donami la grazia di stupirmi della fede altrui, della fede dei ‘lontani’, della fede dei miei compagni di viaggio. Donami di accoglierla come un dono prezioso destinato a riaccendere e a ravvivare la mia fiducia e il mio amore per te.
Ma l’episodio merita di essere esaminato ancora più da vicino, nelle sue tre scene:
vv. 21-23a: c’è anzitutto un primo tempo, in cui esiste una distanza fra la donna cananèa e Gesù. Scenicamente si ascolta un grido, più che assistere ad un incontro. Ma si faccia attenzione a quella voce, che Matteo presta ad una cananèa: è la voce dell’umanità, tante volte registrata anche nei salmi di Israele (cfr. Sal 27,7). Un testo esemplare: «Ma tu, Signore... volgiti a me e abbi pietà: ... salva il figlio della tua serva» (Sal 86,16; 25,16). E tale invocazione è dalla donna rivolta al «Signore, figlio di Davide»: dunque, secondo il credo cristiano!
vv. 23b-24: i primi ad avvicinarsi a Gesù sono i suoi discepoli, per una intercessione però che ha scarsa attenzione al dramma di quella madre! Motivazione: «perché ci viene dietro gridando!». Qualcosa di simile i discepoli avevano manifestato anche nell’episodio dei pani moltiplicati nel deserto. Alcuni perciò tradurrebbero la precisa richiesta dei discepoli non con «esaudiscila», ma con «licénziala»! A meno che Gesù non intenda rifiutare la prima intercessione dei discepoli, non per aderire alla loro domanda di essere lasciati in pace, ma – come egli afferma subito – «perché non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele» (v. 24): coerentemente con quanto indicato anche agli apostoli, in un primo tempo (cfr. Mt 10,5-6).
vv. 25-28: è la scena centrale, fondamentalmente caratterizzata dal dialogo fra Gesù e la donna, ma una donna che è madre di una figlia malata. Perciò, in ginocchio ai piedi di Gesù, come avevano fatto altri due genitori, Giairo (cfr. Mt 9,18) e il padre del ragazzo epilettico (cfr. Mt 17,14). Ma di questa cananea pagana Matteo ci fornisce altri due elementi circa la sua «grande fede», unita all’affetto materno: la sua nuova invocazione è semplificata in una formula che fa tutt’uno di lei e la figlia: «Signore, aiutami!» (cfr. Sal 109,26); e alla affermazione dura di Gesù, quasi per metterla alla prova, la donna ha pronta una soluzione di fiducia e di speranza: chiede per sé (e per i pagani) le briciole di pane che cadono dalla mensa dei figli... di Israele. La medesima grande fede, elogiata da Gesù nella donna cananea, era già stata messa in luce da Gesù nei riguardi del centurione romano di Cafarnao (cfr. Mt 8,5-13). Quando si ama, si arriva alla fede e si trova un linguaggio semplice e diretto per dire la fede come invocazione e preghiera.
Preghiera - Sulla mia strada, Gesù, hai messo tante persone che stranamente assomigliano a quella cananea. Non nuotano nell’ambiente ecclesiale e a prima vista sembrano tanto distanti da Dio. Non offrono particolari segni di pratica cristiana o di devozione, ma al momento giusto rivelano una fede grande, solida, capace di sfidare qualsiasi avversità. E così mi rimandano, inevitabilmente, alla mia esistenza, immersa nella vita di una comunità, contrassegnata da simboli e da immagini che si richiamano a te, percorsa dalla conoscenza della tua Parola.
Agli occhi degli altri tutto ciò fa di me un discepolo vicino a te. Ma qual è veramente la mia fede? Quanta ne è la sua consistenza quando si tratta di affrontare il primo ostacolo? Che cosa mi accade quando mi rivolgo a te per chiederti qualcosa e mi sembra che tu non risponda?
Signore Gesù, donami la grazia di stupirmi della fede altrui, della fede dei ‘lontani’, della fede dei miei compagni di viaggio. Donami di accoglierla come un dono prezioso destinato a riaccendere e a ravvivare la mia fiducia e il mio amore per te.
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