Quando, su invito di Gesù, si compie la scelta di ‘seguirlo’, occorre essere consapevoli che ciò comporta la ‘rinuncia’ a noi stessi, ossia l’affidarsi al suo progetto. Gesù non ci chiede di prendere la ‘sua’ croce, ma ognuno la ‘propria’: vale a dire di essere segno della sua presenza nel mondo con tutto noi stessi.
La Parola evangelica che oggi ascoltiamo – se viene da noi recepita nella libertà dalla supponenza e nella umiltà dell’amore per le sorprese di Dio –, e le novità che essa è in grado di evocare e di provocare, suscita nella coscienza di ogni cristiano uno scombussolamento generale. Questa Parola costituisce una vocazione nella vocazione cristiana e chiama ad una conversione specifica entro la conversione globale a Cristo. Può sembrare strana questa affermazione, ma, a ben pensarci, la maggior parte dei credenti, dopo avere recepito benevolmente gli appelli di Dio che giungono mediante il vangelo, vi corrisponde in maniera generica, incerta, stentata, saltuaria, fondamentalmente mediocre. Si lascia attrarre e si abitua ad una vita che ripudia sì il male eclatante, sconvolgente, da cronaca nera, ma, nel contempo, abbraccia un bene evanescente, poco impegnativo, non duraturo, lasciato all’arbitrio dell’umore o della emozione, nella logica del ‘fuoco di paglia’.
Geremia e Pietro, nelle due pagine bibliche oggi offerteci, appaiono due testimoni qualificati di questo credere soft, nicchiando, più che aderendo totalmente alla causa di Dio. Quanti tra noi vestono gli stessi panni! Qualche cristiano non ha avuto timore nel dichiararsi così. Penso solo a due campioni della carità cristiana portata alle vette dell’eroismo: S. Giuseppe Benedetto Cottolengo e la Beata Madre Teresa di Calcutta, un prete ed una suora, vissuti in epoche ed in contesti completamente differenti, ebbene, entrambi si sono dichiarati cristiani medi – nel senso di mediocri – pur avendo già corrisposto ad una vocazione di consacrazione a Dio nella Chiesa. Entrambi parlano della ‘svolta’ accaduta nella loro vita con termini identici: una «vocazione nella vocazione», una conversione nella conversione, una chiamata ulteriore a lasciarsi alle spalle una fede ed una vita cristiana di tradizione per entrare nella logica evangelica della sequela radicale rappresentata dalla croce. Se non avessero risposto a questo secondo appello, che Dio ha fatto pervenire loro, aprendo i loro occhi su una enorme fame di carità, sarebbero rimasti un anonimo buon prete torinese ed una sconosciuta suora albanese in India. Lasciatisi attrarre e sedurre senza rimpianti, abbracciata la croce con Cristo, sono divenuti due testimoni straordinari di come le Parole evangeliche, quando vengono accolte e messe in pratica, fanno lievitare la vita, fanno ingigantire la santità. Il Cottolengo e Madre Teresa sono padre e madre di una porzione di Chiesa che ancora oggi testimonia la carità di Dio, una carità che trova nella croce la sua fons e raggiunge nella croce il suo culmen.
Preghiera - Signore Gesù, non posso meravigliarmi di quello che è accaduto a Pietro. Io, proprio come lui, faccio una fatica terribile ad accettare la croce, il passaggio inevitabile attraverso la sofferenza e la morte per giungere alla risurrezione. Io, proprio come lui, preso dall’euforia, dall’entusiasmo, decido di mettermi davanti a te, pretendo di insegnarti la strada mentre invece divento un ostacolo, un inciampo…
Signore Gesù, non è bello sentirsi chiamare ‘satana’ dopo che si è data la risposta giusta, dopo che si è stati investiti di una responsabilità importante. Ma è così che tu riconduci me e Pietro alla realtà, alla logica di un disegno d’amore che non ha nulla da spartire con i progetti di potenza, coltivati dagli uomini. È così che tu richiami ogni discepolo alla sua scelta fondamentale: mettersi dietro a te, seguire i tuoi passi, accettare di compiere lo stesso percorso che conduce prima al luogo del Calvario e poi alla gloria della Risurrezione.
La Parola evangelica che oggi ascoltiamo – se viene da noi recepita nella libertà dalla supponenza e nella umiltà dell’amore per le sorprese di Dio –, e le novità che essa è in grado di evocare e di provocare, suscita nella coscienza di ogni cristiano uno scombussolamento generale. Questa Parola costituisce una vocazione nella vocazione cristiana e chiama ad una conversione specifica entro la conversione globale a Cristo. Può sembrare strana questa affermazione, ma, a ben pensarci, la maggior parte dei credenti, dopo avere recepito benevolmente gli appelli di Dio che giungono mediante il vangelo, vi corrisponde in maniera generica, incerta, stentata, saltuaria, fondamentalmente mediocre. Si lascia attrarre e si abitua ad una vita che ripudia sì il male eclatante, sconvolgente, da cronaca nera, ma, nel contempo, abbraccia un bene evanescente, poco impegnativo, non duraturo, lasciato all’arbitrio dell’umore o della emozione, nella logica del ‘fuoco di paglia’.
Geremia e Pietro, nelle due pagine bibliche oggi offerteci, appaiono due testimoni qualificati di questo credere soft, nicchiando, più che aderendo totalmente alla causa di Dio. Quanti tra noi vestono gli stessi panni! Qualche cristiano non ha avuto timore nel dichiararsi così. Penso solo a due campioni della carità cristiana portata alle vette dell’eroismo: S. Giuseppe Benedetto Cottolengo e la Beata Madre Teresa di Calcutta, un prete ed una suora, vissuti in epoche ed in contesti completamente differenti, ebbene, entrambi si sono dichiarati cristiani medi – nel senso di mediocri – pur avendo già corrisposto ad una vocazione di consacrazione a Dio nella Chiesa. Entrambi parlano della ‘svolta’ accaduta nella loro vita con termini identici: una «vocazione nella vocazione», una conversione nella conversione, una chiamata ulteriore a lasciarsi alle spalle una fede ed una vita cristiana di tradizione per entrare nella logica evangelica della sequela radicale rappresentata dalla croce. Se non avessero risposto a questo secondo appello, che Dio ha fatto pervenire loro, aprendo i loro occhi su una enorme fame di carità, sarebbero rimasti un anonimo buon prete torinese ed una sconosciuta suora albanese in India. Lasciatisi attrarre e sedurre senza rimpianti, abbracciata la croce con Cristo, sono divenuti due testimoni straordinari di come le Parole evangeliche, quando vengono accolte e messe in pratica, fanno lievitare la vita, fanno ingigantire la santità. Il Cottolengo e Madre Teresa sono padre e madre di una porzione di Chiesa che ancora oggi testimonia la carità di Dio, una carità che trova nella croce la sua fons e raggiunge nella croce il suo culmen.
Preghiera - Signore Gesù, non posso meravigliarmi di quello che è accaduto a Pietro. Io, proprio come lui, faccio una fatica terribile ad accettare la croce, il passaggio inevitabile attraverso la sofferenza e la morte per giungere alla risurrezione. Io, proprio come lui, preso dall’euforia, dall’entusiasmo, decido di mettermi davanti a te, pretendo di insegnarti la strada mentre invece divento un ostacolo, un inciampo…
Signore Gesù, non è bello sentirsi chiamare ‘satana’ dopo che si è data la risposta giusta, dopo che si è stati investiti di una responsabilità importante. Ma è così che tu riconduci me e Pietro alla realtà, alla logica di un disegno d’amore che non ha nulla da spartire con i progetti di potenza, coltivati dagli uomini. È così che tu richiami ogni discepolo alla sua scelta fondamentale: mettersi dietro a te, seguire i tuoi passi, accettare di compiere lo stesso percorso che conduce prima al luogo del Calvario e poi alla gloria della Risurrezione.