(Deuteronomio 6,2-6 Ebrei 7,23-28 Marco 12,28b-34)
Gesù indica come «primo» il comandamento dell’amore verso Dio, ma subito dopo lo collega a quello dell’amore del prossimo citando Lv 19,18: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (v. 31). Le interpretazioni rabbiniche di questo comandamento non erano concordi. L’insegnamento di Gesù rappresenta la saldatura definitiva tra l’amore di Dio e quello del prossimo. Egli indica nell’amore verso il prossimo il banco di prova e la verifica dell’amore verso Dio. Lo scriba, accogliendo la parola di Gesù, ne riconosce la profonda verità, e trae come conseguenza la superiorità di questo amore a Dio e al prossimo su tutti i riti sacrificali che si compivano nel tempio: amare Dio e il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici (cfr. v. 33). Per questo Gesù dichiara che il suo interlocutore non è lontano dal regno di Dio.
L’evangelista Marco, in questo episodio, mostra un atteggiamento più «ecumenico» rispetto alla versione matteana (cfr. Mt 22,34-40). Nonostante le polemiche contro gli scribi (2,6; 3,22;…), nonostante l’esortazione a guardarsi da essi (12,38s.), nel suo vangelo presenta alcuni scribi che si aprono alla predicazione di Gesù. La comunità, quindi, non deve chiudere le porte in faccia a nessuno. È importante riconoscere il bene dovunque esso si trovi. L’osservazione conclusiva, che nessuno osava più porre domande a Gesù (v. 34), non si riferisce in modo particolare a questa scena, è invece la conclusione delle dispute avvenute fino a questo momento e serve, al tempo stesso, a collegare questa pericope con la seguente, dove Gesù pone una questione che lo riguarda e mette in imbarazzo gli scribi (vv. 35-37).
L’annuncio di questa pagina evangelica è semplice e chiaro: l’amore per l’uomo è legato all’amore di Dio, è da lui che si impara «come» amare e «quanto» amare. Non si può dire di amare Dio se non si ama il fratello con il quale si è gomito a gomito, anzi l’amore verso il fratello è il termometro che misura e verifica l’autenticità del nostro amore per Dio. Non si tratta di due comandamenti paralleli e/o semplicemente accostati, ma di due comandamenti strettamente legati l’uno all’altro: non si può dire con verità di amare Dio senza amare il prossimo, né presumere di amare il prossimo dispensandosi dai doveri e dagli atteggiamenti che esprimono l’amore per Dio. L’amore per il Dio invisibile si deve rendere visibile e deve tradursi in gesti concreti. Nella prima lettera di Giovanni si legge: «Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1 Gv 4,19-21). L’intervento di Gesù si chiude con le parole: «Non c’è altro comandamento più grande di questi» (v. 31), cioè questi due comandamenti sono i cardini su cui poggia tutta la Scrittura e che riassumono tutto l’insegnamento di Gesù.
PREGHIERA
Gesù indica come «primo» il comandamento dell’amore verso Dio, ma subito dopo lo collega a quello dell’amore del prossimo citando Lv 19,18: «Amerai il prossimo tuo come te stesso» (v. 31). Le interpretazioni rabbiniche di questo comandamento non erano concordi. L’insegnamento di Gesù rappresenta la saldatura definitiva tra l’amore di Dio e quello del prossimo. Egli indica nell’amore verso il prossimo il banco di prova e la verifica dell’amore verso Dio. Lo scriba, accogliendo la parola di Gesù, ne riconosce la profonda verità, e trae come conseguenza la superiorità di questo amore a Dio e al prossimo su tutti i riti sacrificali che si compivano nel tempio: amare Dio e il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici (cfr. v. 33). Per questo Gesù dichiara che il suo interlocutore non è lontano dal regno di Dio.
L’evangelista Marco, in questo episodio, mostra un atteggiamento più «ecumenico» rispetto alla versione matteana (cfr. Mt 22,34-40). Nonostante le polemiche contro gli scribi (2,6; 3,22;…), nonostante l’esortazione a guardarsi da essi (12,38s.), nel suo vangelo presenta alcuni scribi che si aprono alla predicazione di Gesù. La comunità, quindi, non deve chiudere le porte in faccia a nessuno. È importante riconoscere il bene dovunque esso si trovi. L’osservazione conclusiva, che nessuno osava più porre domande a Gesù (v. 34), non si riferisce in modo particolare a questa scena, è invece la conclusione delle dispute avvenute fino a questo momento e serve, al tempo stesso, a collegare questa pericope con la seguente, dove Gesù pone una questione che lo riguarda e mette in imbarazzo gli scribi (vv. 35-37).
L’annuncio di questa pagina evangelica è semplice e chiaro: l’amore per l’uomo è legato all’amore di Dio, è da lui che si impara «come» amare e «quanto» amare. Non si può dire di amare Dio se non si ama il fratello con il quale si è gomito a gomito, anzi l’amore verso il fratello è il termometro che misura e verifica l’autenticità del nostro amore per Dio. Non si tratta di due comandamenti paralleli e/o semplicemente accostati, ma di due comandamenti strettamente legati l’uno all’altro: non si può dire con verità di amare Dio senza amare il prossimo, né presumere di amare il prossimo dispensandosi dai doveri e dagli atteggiamenti che esprimono l’amore per Dio. L’amore per il Dio invisibile si deve rendere visibile e deve tradursi in gesti concreti. Nella prima lettera di Giovanni si legge: «Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello» (1 Gv 4,19-21). L’intervento di Gesù si chiude con le parole: «Non c’è altro comandamento più grande di questi» (v. 31), cioè questi due comandamenti sono i cardini su cui poggia tutta la Scrittura e che riassumono tutto l’insegnamento di Gesù.
PREGHIERA
Le regole possono essere tante, molteplici i codici che regolano questo o quel settore della vita, ma i punti di riferimento non possono che essere pochi e solidi, autentici muri portanti della nostra esistenza.
Tu, Gesù, estrai dall’Antico Testamento i due comandamenti dell’amore e li offri, uniti insieme, a coloro che desiderano percorrere la tua via, muniti di una bussola sicura. Così l’amore per Dio, considerato come l’Unico e adorato con tutto il cuore, l’intelligenza e la forza, e l’amore per il prossimo, riconosciuto uguale a noi per dignità e diritti, diventano le lampade che rischiarano il cammino, il faro sicuro che ci guida anche in mezzo alle tempeste nelle tante situazioni complicate di questa nostra vita.
Aiutaci, allora, Gesù, a non perdere di vista quello che è essenziale per correre dietro a disquisizioni che giustificano i nostri istinti, i nostri interessi, i nostri egoismi. Aiutaci a vagliare ogni cosa con il criterio dell’amore.
Tu, Gesù, estrai dall’Antico Testamento i due comandamenti dell’amore e li offri, uniti insieme, a coloro che desiderano percorrere la tua via, muniti di una bussola sicura. Così l’amore per Dio, considerato come l’Unico e adorato con tutto il cuore, l’intelligenza e la forza, e l’amore per il prossimo, riconosciuto uguale a noi per dignità e diritti, diventano le lampade che rischiarano il cammino, il faro sicuro che ci guida anche in mezzo alle tempeste nelle tante situazioni complicate di questa nostra vita.
Aiutaci, allora, Gesù, a non perdere di vista quello che è essenziale per correre dietro a disquisizioni che giustificano i nostri istinti, i nostri interessi, i nostri egoismi. Aiutaci a vagliare ogni cosa con il criterio dell’amore.
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