(Daniele 12,1-3 Ebrei 10,11-14.18 Marco 13,24-32)
Gesù, nel parlare degli eventi finali, attinge ampiamente alla tradizione apocalittica che ama esprimersi attraverso immagini catastrofiche e frasi enigmatiche. Lo scopo di Gesù, però, non è quello di incutere paura, e neppure di soddisfare la curiosità su come e quando avverrà la fine del mondo. Il «quando» verrà la fine rimane misterioso e segreto, l’attenzione viene spostata sul «come» prepararsi e sul «che cosa» fare nell’attesa del grande evento (cfr. Mc 13,33-37). L’immagine suggestiva che egli utilizza è profondamente evocativa: una pianta che si risveglia dal letargo invernale e vive la sua primavera (v. 28: «Dalla pianta di fico imparate…»). Le prime gemme non hanno solo la bellezza di una nuova fioritura, sono il segno della stagione che cambia, della primavera che arriva con il suo carico di luce e calore. La storia che viviamo è una pianta che giunge a maturazione. Il destino dell’universo è quello di giungere alla sua fioritura. E la nostra primavera ha un nome solo: Gesù Cristo. «Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte» (v. 29). Dio ci chiede di percepire la sua azione discreta e continua nella storia. Forse troppe volte la routine quotidiana ci fa dimenticare il passare lento, ma costante del tempo, e ci fa dimenticare che siamo pellegrini in cammino. La solidità apparente del mondo che ci circonda non ci deve far dimenticare che siamo su un treno in corsa… di qui la necessità nell’impegno.
Perché la comunità non si perda in calcoli sterili ecco il v. 32: «Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo, né il Figlio, eccetto il Padre». Marco intende comunicare la certezza di quell’incontro, intende ribadire che la storia non va verso la fine, ma verso l’incontro di Dio con l’umanità riunita attorno a Lui; questa è la certezza! Ma vuole anche affidare questo giorno, i tempi e i modi di questo avvenimento, al mistero di Dio e solo di Dio, al punto che «neppure il Figlio lo conosce», in quanto la decisione di questo avvenimento spetta solo al Padre. Il Figlio riconosce questa sua non-competenza presentandosi come pronto ad accogliere i tempi stabiliti dal Padre, così come li ha accettati nel corso della sua vita terrena. Gesù diventa così ancora una volta modello per la chiesa, per una comunità che non è ossessionata dal voler conoscere le scadenze, ma è preoccupata di vivere e discernere i tempi e i momenti di Dio, ed è impegnata nell’obbedire e nel vegliare. Nessuno conosce quando sarà la fine del mondo, ma essa potrebbe giungere oggi stesso. Per questo Gesù dice: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento» (v. 33).
In questo tempo, segnato dall’incertezza e dalla caducità, il cristiano ha un punto di riferimento sicuro e stabile: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (v. 31). Solo la parola di colui verso il quale cammina l’intero universo non muterà, solo la parola di Dio rimane come «stella polare» che orienta il cammino della storia. Dobbiamo cambiare completamente lo stato d’animo con cui ascoltiamo le pagine che parlano della fine del mondo e del ritorno di Cristo. Infatti, si è finito per considerare un castigo e una oscura minaccia quella che invece la Scrittura chiama «la beata speranza» dei cristiani, e cioè la venuta del Signore Gesù Cristo (Tt 2,13). I discorsi ricorrenti sulla fine del mondo hanno su molti l’effetto devastante di rafforzare l’idea di un Dio perennemente arrabbiato, pronto a dare sfogo alla sua ira sul mondo. Ma questo non è il Dio della Bibbia, che un salmo descrive come «misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno […], perché egli sa bene di che siamo plasmati» (Sal 103,8-9.14).
PREGHIERA
Tu non vuoi che perdiamo tempo dietro profezie strane, né che ci lasciamo infatuare da complicati calcoli astrologici. Questo mondo è destinato a finire, ma chi crede in te, Gesù, sa di non andare incontro ad un baratro oscuro, ma verso un compimento destinato a portare una gioia eterna.
Sì, tu ci inviti ad essere pellegrini su questa terra perché cittadini di un altro mondo, impegnati a realizzare quaggiù la giustizia e la solidarietà e nello stesso tempo certi che solo per dono di Dio potremo vedere quella pace, quella fraternità, quella condivisione che nulla potrà mai infrangere.
Anzi, tu ci chiedi di affrontare i passaggi cruciali, i momenti dolorosi, i cambiamenti epocali, le situazioni difficili con la serena certezza di essere nelle mani di Dio perché è lui che guida la storia degli uomini.
Donaci, dunque, Gesù, di vivere con operosa speranza nell’attesa di quel giorno in cui tu ritornerai nella gloria.
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