(Giobbe 7,1-4.6-7 1ª Corinti 9,16-19-22-23 Marco 1,29-39)
La cosiddetta giornata di Gesù (Marco 1,21-39) è inclusa tra due momenti dedicati alla preghiera: quella pubblica nella sinagoga (dove Gesù insegna) e quella privata nella solitudine di un luogo deserto. Inoltre, si svolge in due spazi tipici della vita quotidiana: la casa, spazio della vita privata con l’intimità e gli affetti che la caratterizzano, e la porta della città, spazio per eccellenza della vita pubblica. L’annuncio della parola, le guarigioni e la preghiera sono le azioni dominanti. Il brano presenta tre momenti: Gesù guarisce la suocera di Simone (vv. 29-31); la sera, dopo il tramonto del sole, guarisce molti malati (vv. 32-34); il mattino seguente si porta a pregare in un «luogo deserto» per prepararsi a un nuovo annuncio missionario (vv. 35-39).
Gesù ha da poco cominciato la sua missione; ora, nella casa di Pietro, compie uno dei primi miracoli, uno di quei gesti che parlano della vicinanza di Dio a chi si trova in stato di bisogno e di necessità. Il Maestro agisce nell’intimità di una casa, intimità accresciuta dal fatto che in quella casa Gesù ha scelto due figli, Pietro e Andrea. La casa di Simone è quasi la culla del Vangelo nascente, qui la buona notizia è data non solo ai dodici, che poi saranno i testimoni ufficiali, ma anche a una donna di cui poi non sappiamo più nulla e che tuttavia, per le poche cose che ci vengono dette, diventa un modello di come avviene e cosa può produrre l’incontro con Gesù.
In un ambiente e per una mentalità che considerava la malattia come «segno» e conseguenza del peccato (cfr. Gv 9,2), la guarigione istantanea della suocera di Pietro (vv. 30-31) acquista il significato evidente di una vittoria sul potere della morte e del peccato; è quindi una nuova rivelazione del potere divino di Gesù e della sua misericordia per i peccatori.
Marco oppone alla sinagoga, da cui Gesù è appena uscito, la casa di Pietro, immagine visibile della Chiesa, della comunità cristiana. Nella Chiesa il credente può sempre, e nuovamente, entrare in contatto con la potenza guaritrice di Gesù. La sua parola e i gesti sacramentali rendono sempre attuale la forza risanatrice della mano di Gesù.
Importanti sono anche gli altri due brevi segmenti del racconto: le guarigioni (vv. 32-34) e la preghiera di Gesù (vv. 35-38). La gente non ha potuto condurre a Gesù i malati durante il sabato, a motivo del riposo, ma a sera, quando il riposo è finito, quella piccola piazza davanti alla casa di Simone si riempie di poveri che chiedono guarigione e aiuto. È l’intera città che, secondo Marco, si raduna davanti alla porta, una città che si presenta con i suoi malati a testimoniare la drammaticità dell’esistenza quotidiana; è evidente l’intenzione polemica nei confronti di una concezione legalistica del sabato, per la quale un’istituzione che prefigura il riposo e la pace alla quale Dio chiama l’uomo impedisce ai malati di accostarsi a Gesù, l’inviato di Dio. La legge di Dio non può essere intesa come una oppressione che mantiene l’uomo nella sua miseria. Dio ha il volto di Gesù che va incontro a quell’umanità infelice.
Infine, la preghiera solitaria di Gesù, al mattino presto, richiama l’atteggiamento del pio israelita che, fedele all’insegnamento biblico, prolunga la sua preghiera tutta la notte (Sal 16,7-8; 134,1) e desidera essere in preghiera al sopraggiungere del nuovo giorno (Sal 57,9: «Svegliati, mio cuore, voglio svegliare l’aurora»). Nel contesto in cui Marco la rievoca, la preghiera di Gesù ha anche un chiaro valore di contestazione: mentre Pietro, e gli altri che lo cercano, vogliono mettere Gesù al servizio dei loro piani di gloria, Gesù ritrova ogni volta nella preghiera il vero orientamento della sua vita. Lo si vede dalla risposta che dà ai discepoli: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (v. 38), espressione, quest’ultima, che fa chiaramente riferimento alla missione che gli è stata affidata e alla quale deve obbedire. Sta qui una delle ragioni del fascino di questo brano: un Gesù sempre in attività, ma che si ferma per chi ha veramente bisogno di lui. Egli ha fretta, ma ha anche tempo per gli uomini. È l’urgenza del Regno, che vince la fretta dell’inquietudine, ma rende disponibili di fronte alle povertà del prossimo.
PREGHIERA - La tua giornata a Cafarnao, Gesù, ci mostra qual è l’anima segreta della tua missione. Tu non sei venuto a compiere un viaggio frettoloso in mezzo a noi, ma per condividere da vero fratello la nostra condizione di uomini segnati dalla fragilità, sottomessi al peccato, prigionieri della sofferenza, umiliati da fardelli troppo pesanti.
Tu sei venuto per strapparci a tutto ciò che deturpa e devasta la nostra esistenza e per farci assaporare la dignità e la grandezza di una nuova identità, quella di figli oggetto di una bontà e di una misericordia sconfinate, quella di fratelli chiamati alla generosità e al perdono.
Ecco perché nella dura lotta che ingaggi contro il male tu hai bisogno più che mai di tener costantemente desta la tua relazione con il Padre. È il suo amore, infatti, a muovere ogni tuo gesto, ad ispirare ogni tua parola. È il suo disegno di salvezza che tu vuoi portare a compimento. È il suo volto che desideri rivelare ad ognuno di noi.
La cosiddetta giornata di Gesù (Marco 1,21-39) è inclusa tra due momenti dedicati alla preghiera: quella pubblica nella sinagoga (dove Gesù insegna) e quella privata nella solitudine di un luogo deserto. Inoltre, si svolge in due spazi tipici della vita quotidiana: la casa, spazio della vita privata con l’intimità e gli affetti che la caratterizzano, e la porta della città, spazio per eccellenza della vita pubblica. L’annuncio della parola, le guarigioni e la preghiera sono le azioni dominanti. Il brano presenta tre momenti: Gesù guarisce la suocera di Simone (vv. 29-31); la sera, dopo il tramonto del sole, guarisce molti malati (vv. 32-34); il mattino seguente si porta a pregare in un «luogo deserto» per prepararsi a un nuovo annuncio missionario (vv. 35-39).
Gesù ha da poco cominciato la sua missione; ora, nella casa di Pietro, compie uno dei primi miracoli, uno di quei gesti che parlano della vicinanza di Dio a chi si trova in stato di bisogno e di necessità. Il Maestro agisce nell’intimità di una casa, intimità accresciuta dal fatto che in quella casa Gesù ha scelto due figli, Pietro e Andrea. La casa di Simone è quasi la culla del Vangelo nascente, qui la buona notizia è data non solo ai dodici, che poi saranno i testimoni ufficiali, ma anche a una donna di cui poi non sappiamo più nulla e che tuttavia, per le poche cose che ci vengono dette, diventa un modello di come avviene e cosa può produrre l’incontro con Gesù.
In un ambiente e per una mentalità che considerava la malattia come «segno» e conseguenza del peccato (cfr. Gv 9,2), la guarigione istantanea della suocera di Pietro (vv. 30-31) acquista il significato evidente di una vittoria sul potere della morte e del peccato; è quindi una nuova rivelazione del potere divino di Gesù e della sua misericordia per i peccatori.
Marco oppone alla sinagoga, da cui Gesù è appena uscito, la casa di Pietro, immagine visibile della Chiesa, della comunità cristiana. Nella Chiesa il credente può sempre, e nuovamente, entrare in contatto con la potenza guaritrice di Gesù. La sua parola e i gesti sacramentali rendono sempre attuale la forza risanatrice della mano di Gesù.
Importanti sono anche gli altri due brevi segmenti del racconto: le guarigioni (vv. 32-34) e la preghiera di Gesù (vv. 35-38). La gente non ha potuto condurre a Gesù i malati durante il sabato, a motivo del riposo, ma a sera, quando il riposo è finito, quella piccola piazza davanti alla casa di Simone si riempie di poveri che chiedono guarigione e aiuto. È l’intera città che, secondo Marco, si raduna davanti alla porta, una città che si presenta con i suoi malati a testimoniare la drammaticità dell’esistenza quotidiana; è evidente l’intenzione polemica nei confronti di una concezione legalistica del sabato, per la quale un’istituzione che prefigura il riposo e la pace alla quale Dio chiama l’uomo impedisce ai malati di accostarsi a Gesù, l’inviato di Dio. La legge di Dio non può essere intesa come una oppressione che mantiene l’uomo nella sua miseria. Dio ha il volto di Gesù che va incontro a quell’umanità infelice.
Infine, la preghiera solitaria di Gesù, al mattino presto, richiama l’atteggiamento del pio israelita che, fedele all’insegnamento biblico, prolunga la sua preghiera tutta la notte (Sal 16,7-8; 134,1) e desidera essere in preghiera al sopraggiungere del nuovo giorno (Sal 57,9: «Svegliati, mio cuore, voglio svegliare l’aurora»). Nel contesto in cui Marco la rievoca, la preghiera di Gesù ha anche un chiaro valore di contestazione: mentre Pietro, e gli altri che lo cercano, vogliono mettere Gesù al servizio dei loro piani di gloria, Gesù ritrova ogni volta nella preghiera il vero orientamento della sua vita. Lo si vede dalla risposta che dà ai discepoli: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (v. 38), espressione, quest’ultima, che fa chiaramente riferimento alla missione che gli è stata affidata e alla quale deve obbedire. Sta qui una delle ragioni del fascino di questo brano: un Gesù sempre in attività, ma che si ferma per chi ha veramente bisogno di lui. Egli ha fretta, ma ha anche tempo per gli uomini. È l’urgenza del Regno, che vince la fretta dell’inquietudine, ma rende disponibili di fronte alle povertà del prossimo.
PREGHIERA - La tua giornata a Cafarnao, Gesù, ci mostra qual è l’anima segreta della tua missione. Tu non sei venuto a compiere un viaggio frettoloso in mezzo a noi, ma per condividere da vero fratello la nostra condizione di uomini segnati dalla fragilità, sottomessi al peccato, prigionieri della sofferenza, umiliati da fardelli troppo pesanti.
Tu sei venuto per strapparci a tutto ciò che deturpa e devasta la nostra esistenza e per farci assaporare la dignità e la grandezza di una nuova identità, quella di figli oggetto di una bontà e di una misericordia sconfinate, quella di fratelli chiamati alla generosità e al perdono.
Ecco perché nella dura lotta che ingaggi contro il male tu hai bisogno più che mai di tener costantemente desta la tua relazione con il Padre. È il suo amore, infatti, a muovere ogni tuo gesto, ad ispirare ogni tua parola. È il suo disegno di salvezza che tu vuoi portare a compimento. È il suo volto che desideri rivelare ad ognuno di noi.
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