sabato 13 aprile 2013

484 - L’ESIGENTE DOMANDA DI AMORE - 14 Aprile 2013 –IIIª Domenica di Pasqua

(Atti 5,27-32.40-41 Apocalisse 5,11-14 Giovanni 21,1-19)

Fermiamo la nostra attenzione sul rapporto strettissimo tra Pietro e Gesù. Questa volta la cosa si fa più seria perché, se dell’amore del Maestro non si può dubitare, quale amore saranno in grado di esprimere i discepoli? Per Pietro, dunque, l’esame è arduo e impegnativo, anche perché Gesù non gli domanda «Mi ami tu?» una sola volta, ma ben tre volte. Un’insistenza che crea sconcerto e tristezza in Pietro. Tuttavia Gesù sente l’esigenza di porre tale domanda perché è la condizione per affidare a Pietro la custodia del gregge del Signore. Non ci si può prendere cura di nessuno, che viene affidato dal Signore, se prima non si è garantito che ci sia l’amore per colui che affida. È commovente notare come per le prime due volte Gesù chieda a Pietro: «Mi ami tu?» (in greco agapáō), cioè di un amore uguale al mio. Pietro, consapevole del suo limite e della sua insufficienza, risponde entrambe le volte con tutte le sue forze: «Ti voglio bene» (in greco philéō), cioè come un amico sincero. Alla terza domanda è Gesù che cambia il verbo e dice: «Mi vuoi bene» da amico sincero? Quasi a dire: con tutte le forze che puoi, anche se non sono uguali alle mie? Ancora una volta è l’amore di Dio che entra negli angusti spazi umani per allargare il cuore di Pietro affinché impari ad amare il Maestro e, in lui, tutti coloro che il Maestro gli affida.
Non c’è nulla che abbia a che fare con Gesù e la sua Chiesa che non si innesti in questa domanda così esigente, ma anche così profondamente umana, che riguarda l’amore. Tutti vogliamo amare, ma spesso non sappiamo cosa o chi, o più spesso amiamo male perché non sappiamo cosa voglia dire amare. Il Risorto si dimostra anche in questo caso un vero maestro ed educatore, perché, mentre fa prendere coscienza a Pietro dei suoi limiti, gli garantisce la promessa che nella custodia dei fratelli farà esperienza di quell’amore totale e pieno (agapáō) di cui solo Gesù è stato vero maestro e testimone.

PREGHIERA
Sono tornati al lago, Gesù, là dove tutto è cominciato. Sono tornati al loro mestiere dal momento che la prospettiva di essere «pescatori di uomini» sembra del tutto svanita con la tua morte sulla croce. Sono tornati alle reti e alle barche con il cuore gonfio di tristezza e gli occhi incapaci di leggere quanto è accaduto al mattino di Pasqua, pronti a mettere in movimento le mani, a provare la fatica ben conosciuta, pur di far tacere le pene dell’anima.
Ed è lì che tu li raggiungi, al termine di una notte senza fortuna, mentre guadagnano la riva a mani vuote, senza aver pescato nulla. A loro tu avanzi una proposta ardita: tornare al largo, gettare di nuovo le reti. Ed essi ti ascoltano, anche se il loro sembra un gesto disperato, senza senso.
Solo allora, solo quando le reti si riempiono di pesci il grido di Giovanni squarcia le tenebre in cui sono immersi. È lui a riconoscerti per primo, ma è Pietro a buttarsi in acqua per venirti incontro. A lui, che ti ha rinnegato, tu chiedi di suggellare con una triplice dichiarazione d’amore la missione che gli affidi.

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