venerdì 5 aprile 2013

480 - CRISTO, NOSTRA PASQUA, È RISORTO! - 31 Marzo 2013 – Domenica di Pasqua

(Atti 10,34.37-43  Colossesi 3,1-4  Giovanni 20,1-9 )
 
Celebrare con fede e impegno la Pasqua ci porta a riconoscere  il bisogno di riportare dentro questo evento di vita la storia dell’uomo perché si rigeneri, si apra all’inedito e renda possibile la novità della vita risorta.
La nostra società non facilita la risurrezione. È una società antipasquale. Celebra i propri corsi storici senza fantasia. È una società dove tutto avviene in massa e per la massa. L’uomo pasquale è all’opposto: vive nel contesto senza lasciarsi imbrigliare perché un altro fatto ha visto nella sua vita: il Signore risorto! Oggi tutto può essere programmato senza lasciare spazio all’immaginazione perché viene spodestata dalla ripetizione. La richiesta di senso chiede un intervento deciso, ma qui c’è il silenzio. L’unica buona notizia, la vittoria sulla morte, l’abbiamo esorcizzata, l’abbiamo confinata nelle stanze asettiche dell’ospedale, l’abbiamo nascosta agli occhi dei bambini e, per un bisogno di rassicurazione, abbiamo incrementato il commercio di amuleti e portafortuna.
Abbiamo assolutizzato l’attimo fuggente. La religione dello scenario ha rimosso il sudario e le vesti. Eppure la salvezza deve ripartire da questo giorno santo che, a prima vista, appare molto strano perché sembra evidenziare più l’assenza che la presenza, più l’ansia che la pace. Di fatto annuncia come l’umanità, che tutto possiede, senta la necessità di costruire una storia nuova. Ci si accorge, ogni giorno, di essere poveri di verità, mendicanti di certezze, segnati dalla debolezza della fede, assetati di incontro con l’Assoluto. Solo radicandoci nell’evento della risurrezione, rimarcato con profondità dal Vangelo, possiamo rendere autentico, vero e credibile, il nostro annuncio della Pasqua al mondo sulle orme di Pietro che, con il suo discorso negli Atti degli Apostoli, rivela come, in Cristo Risorto, «Dio agisca non in virtù dell’appartenenza al popolo giudaico, ma solo in virtù della fede».
È da questo dato che parte il nostro impegno a dare un volto storico al fatto radicale della risurrezione. Ci aiuta, in questo, il centurione, militare romano-pagano, che pronuncia le prime parole di un atto di fede che precede l’evento stesso: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Il silenzio di Dio di fronte alla morte del Figlio trova nella voce del centurione l’altro suono del silenzio divino. Se è vero che il chicco di grano caduto in terra deve morire per dare frutto, così il silenzio di Dio nel dramma della morte di Cristo è stato necessario per far udire a noi la voce del centurione perché, dentro la fragilità della nostra fede, giunga oggi al mondo il nostro annuncio liberante: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
 
PREGHIERA
Quel mattino la prima ipotesi è quella di Maria Maddalena: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Siamo nell’orizzonte del venerdì santo, nel dolore del lutto di fronte ad una morte ineluttabile, ad una sconfitta cocente. Tutto si è svolto così rapidamente! La tua cattura, Gesù, nell’orto degli ulivi, il tuo giudizio e la condanna, l’esecuzione sul Calvario, il tuo corpo deposto in un sepolcro in tutta fretta, mentre incombe il riposo del sabato… Nel cuore non c’è posto che per la tristezza e lo smarrimento…
Quel mattino quando Pietro e Giovanni si recano di corsa al sepolcro li attende una tomba vuota, i teli posati a terra, il sudario avvolto in un luogo a parte. Ed è proprio lì che il cuore di Giovanni, l’apostolo amato, si apre alla risurrezione e alla fede. Ti ha seguito, Giovanni, fino in fondo. Proprio lui, il più giovane, è rimasto con te, vicino a te fino ai piedi della croce, assieme alla Madre tua. E ora, lui che si è lasciato guidare dall’amore, considera l’accaduto con occhi diversi e riconosce l’azione di Dio.

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