(Atti 5,12-16 Apocalisse 1,9-19 Giovanni 20,19-31)
Il Vangelo si apre con una annotazione profondamente umana: gli Apostoli avevano sprangato le porte del cenacolo perché avevano paura dei Giudei. Come facevano a credere che fosse possibile ricominciare la vita con innocenza aurorale in un mondo dove la durezza del cuore e delle menti considera come impossibili certi messaggi di vita? Non è forse vero che, ad una lettura umana, la durezza dell’esperienza della passione aveva confermato gli Apostoli che, in quel venerdì spettrale, ogni speranza era stata uccisa, con Gesù, sulla croce? Tommaso, dopo il dramma del Golgota, non aveva più dubbi. Non serviva dar credito al patetico chiacchiericcio degli Apostoli; meglio stare alla larga perché ogni attesa, ormai, si era infranta. Ma oggi, come nell’ottavo giorno di Pasqua, il Signore ci raggiunge nella nostra incredulità. Per lui tutte le barriere si infrangono. Lui, il Signore, si fa presente oltre ogni chiusura dove gli uomini si bloccano. Lui, perché il Risorto, quando noi siamo tentati di ripiegarci su noi stessi o di staccarci dagli altri credenti, a motivo della paura o dello scoraggiamento, della rinuncia o del rifiuto, si fa presente con un augurio inedito per quanti erano stati delusi.
Quello che il Signore consegna è sempre la pace, segno dell’amore, il vero dono che il Risorto rende possibile a tutti. Questo dono è attuale anche oggi perché il Risorto tratta noi con lo stesso titolo e con la stessa affabilità con cui entrava in rapporto con i suoi discepoli. È un dato di fatto che, alcune volte, è difficile per noi credere alla pace. Come si fa a credere alla pace in questa nostra società che, in alcuni casi, sembra essere capace solo di redigere bollettini di guerra nella sua millenaria storia? La salvezza può iniziare proprio da questa coscienza disturbata dalla guerra. Dalla nostra mente ferita e dalla nostra società, gravemente ammalata, può scaturire il coraggio di arrenderci al Risorto che porta ancora con sé i segni della sua sconfitta e li mostra come trofeo di vittoria.
Ai discepoli mostra, infatti, le mani e il costato dal quale Giovanni fa sgorgare sangue e acqua. È lì che i discepoli possono riconoscere il sacrificio del Calvario. E così il Signore si manifesta come sorgente dell’amore e della vita. Si compie così la Scrittura richiamata dal Signore: «dal suo seno sgorgheranno fiumi di acqua viva». In questa eucaristia il Risorto è con noi come con i discepoli la sera di Pasqua. Rendiamo, allora, grazie al Signore per questa sorgente inesauribile di vita, di pace, di gioia a motivo dello Spirito che ci è donato per vivere da figli di Dio, capaci di consegnare al mondo il messaggio d’amore e di pace del Risorto. Non dimentichiamo che la risurrezione di Cristo è il segno e l’anticipazione di una vita altra, liberata da ogni forma di morte. Chiediamo con perseveranza al Signore la forza di sperare, antidoto contro ogni forma di disperazione; forza di cui abbiamo quotidianamente bisogno per avere una vita serena.
PREGHIERA
Il Vangelo si apre con una annotazione profondamente umana: gli Apostoli avevano sprangato le porte del cenacolo perché avevano paura dei Giudei. Come facevano a credere che fosse possibile ricominciare la vita con innocenza aurorale in un mondo dove la durezza del cuore e delle menti considera come impossibili certi messaggi di vita? Non è forse vero che, ad una lettura umana, la durezza dell’esperienza della passione aveva confermato gli Apostoli che, in quel venerdì spettrale, ogni speranza era stata uccisa, con Gesù, sulla croce? Tommaso, dopo il dramma del Golgota, non aveva più dubbi. Non serviva dar credito al patetico chiacchiericcio degli Apostoli; meglio stare alla larga perché ogni attesa, ormai, si era infranta. Ma oggi, come nell’ottavo giorno di Pasqua, il Signore ci raggiunge nella nostra incredulità. Per lui tutte le barriere si infrangono. Lui, il Signore, si fa presente oltre ogni chiusura dove gli uomini si bloccano. Lui, perché il Risorto, quando noi siamo tentati di ripiegarci su noi stessi o di staccarci dagli altri credenti, a motivo della paura o dello scoraggiamento, della rinuncia o del rifiuto, si fa presente con un augurio inedito per quanti erano stati delusi.
Quello che il Signore consegna è sempre la pace, segno dell’amore, il vero dono che il Risorto rende possibile a tutti. Questo dono è attuale anche oggi perché il Risorto tratta noi con lo stesso titolo e con la stessa affabilità con cui entrava in rapporto con i suoi discepoli. È un dato di fatto che, alcune volte, è difficile per noi credere alla pace. Come si fa a credere alla pace in questa nostra società che, in alcuni casi, sembra essere capace solo di redigere bollettini di guerra nella sua millenaria storia? La salvezza può iniziare proprio da questa coscienza disturbata dalla guerra. Dalla nostra mente ferita e dalla nostra società, gravemente ammalata, può scaturire il coraggio di arrenderci al Risorto che porta ancora con sé i segni della sua sconfitta e li mostra come trofeo di vittoria.
Ai discepoli mostra, infatti, le mani e il costato dal quale Giovanni fa sgorgare sangue e acqua. È lì che i discepoli possono riconoscere il sacrificio del Calvario. E così il Signore si manifesta come sorgente dell’amore e della vita. Si compie così la Scrittura richiamata dal Signore: «dal suo seno sgorgheranno fiumi di acqua viva». In questa eucaristia il Risorto è con noi come con i discepoli la sera di Pasqua. Rendiamo, allora, grazie al Signore per questa sorgente inesauribile di vita, di pace, di gioia a motivo dello Spirito che ci è donato per vivere da figli di Dio, capaci di consegnare al mondo il messaggio d’amore e di pace del Risorto. Non dimentichiamo che la risurrezione di Cristo è il segno e l’anticipazione di una vita altra, liberata da ogni forma di morte. Chiediamo con perseveranza al Signore la forza di sperare, antidoto contro ogni forma di disperazione; forza di cui abbiamo quotidianamente bisogno per avere una vita serena.
PREGHIERA
La tua morte non è stata un incidente di percorso, da dimenticare presto nel fulgore della risurrezione. Quel passaggio angusto e terribile non è un evento da cancellare in fretta dalla memoria. Ecco perché tu non esiti a mostrare ai tuoi discepoli le mani segnate dai chiodi, il fianco squarciato dalla lancia.
Sì, tu sei proprio il Crocifisso: colui che hanno visto innalzato sul Calvario, con il corpo deturpato dalla pena della flagellazione, abbandonato da tutti e schernito dai capi religiosi.
Il soffio divino con cui trasmetti il dono dello Spirito è quello che ti ha condotto ad amare fino in fondo e a sconfiggere la morte, proprio quando essa si illudeva di averti nelle sue mani, per sempre.
La pace che trasmetti è il frutto del tuo sacrificio, una pace a caro prezzo, pagata con il sangue, con l’offerta della tua vita. Permetti che anch’io, come Tommaso, mi abbandoni a te e ti dica: «Mio Signore e mio Dio!».
Sì, tu sei proprio il Crocifisso: colui che hanno visto innalzato sul Calvario, con il corpo deturpato dalla pena della flagellazione, abbandonato da tutti e schernito dai capi religiosi.
Il soffio divino con cui trasmetti il dono dello Spirito è quello che ti ha condotto ad amare fino in fondo e a sconfiggere la morte, proprio quando essa si illudeva di averti nelle sue mani, per sempre.
La pace che trasmetti è il frutto del tuo sacrificio, una pace a caro prezzo, pagata con il sangue, con l’offerta della tua vita. Permetti che anch’io, come Tommaso, mi abbandoni a te e ti dica: «Mio Signore e mio Dio!».
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