25 Settembre 2011 – Domenica XXVIª Tempo Ordinario
(Ezechiele 18,25-28 Filippesi 2,1-11 Matteo 21,28-32)
Quando si decide di affacciarsi sul mondo nuovo che il Vangelo consegna costantemente alla storia, si prende atto che da un lato si manifesta «la durezza del
giudizio sul formalismo senz’anima» e dall’altro il dramma della «incoerenza di vita della relazione con Dio». Questa presa d’atto fa emergere come i due figli evocati dal Vangelo impersonifichino i due gruppi in cui si divide il popolo.
• Da una parte gli ufficialmente onesti, i sostenitori della questione morale, i politici che si dichiarano casti e puri, gli osservanti, i non dediti agli intrallazzi, i pieni di zelo a parole (ed egli rispose: «Sì, Signore!»).
• Dall’altra parte stanno quanti sono stimati peccatori, (per il Vangelo «i pubblicani e le prostitute»), gli inosservanti, quelli che si trovano sul banco dell’opposizione, che notoriamente non ascoltano la legge di Mosè (ed egli rispose: «Non ne ho voglia»).
Ma da un’analisi attenta la realtà si capovolge: gli ossequienti fino allo spasimo alla legge di Mosè a parole (sì, vado), non aprono il cuore alla voce del Figlio di Dio; anzi lo rifiutano (ma non andò). E quegli altri che finora non avevano obbedito, che apparivano ribelli (non vado), ora ascoltano l’appello supremo di Cristo (andò).
Ha ragione Paul Claudel quando annota che «i grandi uomini sono delle parabole viventi». Solo vivendo i contenuti dei valori non ci sentiamo condannati all’adorazione del nuovo ed antico idolo degli ideali.
Collegata a questa situazione è la dialettica fra ortodossia e ortoprassi. Quanti discorsi si vanno facendo oggi di rifondazione, di partecipazione, di pulizia generale, di democrazia, di pace, di rinnovamento, di autenticità, di valori, di impegno.
Tutti parlano (sì, vado) oggi e non ci accorgiamo che stiamo sempre più creando una società di rammolliti, canalizzata dalla TV, tematizzata dai partiti, condizionata dalla réclame, imbrigliata dalle frasi fatte, defraudata dai detentori dei poteri economici
e di informazione, banalizzata dal consumismo. Una società che non ha più il senso del sacrificio, della rinuncia, della scelta e, quindi, della creatività. Una società che, avendo per sottofondo orgiastico slogan e frasi fatte, si trova oltremodo ricca di parlatori e tremendamente povera di operatori (non andò).
Aveva ragione il grande semiologo Umberto Eco quando affermava: «Siamo talmente investiti da un flusso di messaggi che lasciano ben poco spazio alle nostre possibilità di intervento consapevole e creativo». Don Milani alla conclusione della sua vita ha potuto affermare la possibilità della totale coerenza fra principi valoriali e scelte concrete di vita parlando ai ragazzi della sua scuola: «Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto».
Preghiera - Le tue parole, Gesù, provocano un brusco e duro risveglio. Eppure esse mi richiamano alla realtà e mi pongono, senza tanti preamboli, la domanda decisiva:
sono disposto a convertirmi, a cambiar modo di agire e di pensare?
Sono pronto a lasciare i percorsi abituali per mettermi veramente sulle tue vie, sui tuoi passi? Oppure continuo ad illudermi con le mie professioni di fede, con le mie dichiarazioni di intenti, con i miei discorsi sui princìpi?
Sono abile, Gesù, a maneggiare le parole, ma finisco col perdere di vista ciò che conta veramente ai tuoi occhi: le mie scelte, le mie decisioni, i comportamenti che segnano questa mia esistenza. Lo riconosco, Gesù: mi sento di casa nel tuo vangelo,
a mio agio tra le tue parabole, al punto da ritenere che mi possa bastare la loro conoscenza, un cristianesimo che passa per la testa e non smuove affatto il cuore, un cristianesimo che colora l’esterno e non raggiunge mai il profondo, un cristianesimo che si accontenta dello scenario e non produce alcuna conversione.
(Ezechiele 18,25-28 Filippesi 2,1-11 Matteo 21,28-32)
Quando si decide di affacciarsi sul mondo nuovo che il Vangelo consegna costantemente alla storia, si prende atto che da un lato si manifesta «la durezza del
giudizio sul formalismo senz’anima» e dall’altro il dramma della «incoerenza di vita della relazione con Dio». Questa presa d’atto fa emergere come i due figli evocati dal Vangelo impersonifichino i due gruppi in cui si divide il popolo.
• Da una parte gli ufficialmente onesti, i sostenitori della questione morale, i politici che si dichiarano casti e puri, gli osservanti, i non dediti agli intrallazzi, i pieni di zelo a parole (ed egli rispose: «Sì, Signore!»).
• Dall’altra parte stanno quanti sono stimati peccatori, (per il Vangelo «i pubblicani e le prostitute»), gli inosservanti, quelli che si trovano sul banco dell’opposizione, che notoriamente non ascoltano la legge di Mosè (ed egli rispose: «Non ne ho voglia»).
Ma da un’analisi attenta la realtà si capovolge: gli ossequienti fino allo spasimo alla legge di Mosè a parole (sì, vado), non aprono il cuore alla voce del Figlio di Dio; anzi lo rifiutano (ma non andò). E quegli altri che finora non avevano obbedito, che apparivano ribelli (non vado), ora ascoltano l’appello supremo di Cristo (andò).
Ha ragione Paul Claudel quando annota che «i grandi uomini sono delle parabole viventi». Solo vivendo i contenuti dei valori non ci sentiamo condannati all’adorazione del nuovo ed antico idolo degli ideali.
Collegata a questa situazione è la dialettica fra ortodossia e ortoprassi. Quanti discorsi si vanno facendo oggi di rifondazione, di partecipazione, di pulizia generale, di democrazia, di pace, di rinnovamento, di autenticità, di valori, di impegno.
Tutti parlano (sì, vado) oggi e non ci accorgiamo che stiamo sempre più creando una società di rammolliti, canalizzata dalla TV, tematizzata dai partiti, condizionata dalla réclame, imbrigliata dalle frasi fatte, defraudata dai detentori dei poteri economici
e di informazione, banalizzata dal consumismo. Una società che non ha più il senso del sacrificio, della rinuncia, della scelta e, quindi, della creatività. Una società che, avendo per sottofondo orgiastico slogan e frasi fatte, si trova oltremodo ricca di parlatori e tremendamente povera di operatori (non andò).
Aveva ragione il grande semiologo Umberto Eco quando affermava: «Siamo talmente investiti da un flusso di messaggi che lasciano ben poco spazio alle nostre possibilità di intervento consapevole e creativo». Don Milani alla conclusione della sua vita ha potuto affermare la possibilità della totale coerenza fra principi valoriali e scelte concrete di vita parlando ai ragazzi della sua scuola: «Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto».
Preghiera - Le tue parole, Gesù, provocano un brusco e duro risveglio. Eppure esse mi richiamano alla realtà e mi pongono, senza tanti preamboli, la domanda decisiva:
sono disposto a convertirmi, a cambiar modo di agire e di pensare?
Sono pronto a lasciare i percorsi abituali per mettermi veramente sulle tue vie, sui tuoi passi? Oppure continuo ad illudermi con le mie professioni di fede, con le mie dichiarazioni di intenti, con i miei discorsi sui princìpi?
Sono abile, Gesù, a maneggiare le parole, ma finisco col perdere di vista ciò che conta veramente ai tuoi occhi: le mie scelte, le mie decisioni, i comportamenti che segnano questa mia esistenza. Lo riconosco, Gesù: mi sento di casa nel tuo vangelo,
a mio agio tra le tue parabole, al punto da ritenere che mi possa bastare la loro conoscenza, un cristianesimo che passa per la testa e non smuove affatto il cuore, un cristianesimo che colora l’esterno e non raggiunge mai il profondo, un cristianesimo che si accontenta dello scenario e non produce alcuna conversione.