La famiglia come tesoro - ( Sapienza 18,3.6-9 Ebrei 11,1-2.8-19 Luca 12,32-48 )
L’uomo nella sua riflessione morale ha sempre visto nell’avere, nella ricchezza un pericolo di alienazione, Il dio-denaro, secondo Gesù, mette l’uomo nel pericolo più minaccioso di non accorgersi della Sua venuta, di non percepire la chiamata di Dio, di non possedere quella radicale libertà di cuore che è necessaria per l’accettazione piena del Regno, Chi vuole il Regno deve dare in elemosina ai poveri i propri beni.
La povertà volontaria dei beni è una “novità assoluta”, il segno della nuova fraternità. “Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune…”, scrive Luca nel libro degli Atti 2,44. La donazione libera e gratuita dei beni è una risposta al Vangelo, è un atto di fede nell’avvento del Regno che unifica gli uomini attraverso la grazia di Dio, è un atto d’amore per l’uomo in risposta all’atto di grazia e d’amore di Dio per noi. La povertà evangelica volontaria perciò non è un programma di giustizia sociale e nemmeno una pratica ascetica, anche se non esclude questi valori, ma è un atto di fede e di amore.
Ogni autentico incontro umano deve avvenire nella povertà, perché dobbiamo saperci dimenticare e tirarci da parte affinché l’altro venga veramente a noi nella sua unicità. “ Non temete, piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto di darvi il suo Regno”…..questa dichiarazione stupenda di Gesù può essere benissimo applicata alla famiglia. Da essa gli sposi possono ricavare luce per il loro cammino di fede, conforto per le loro difficoltà e forza per la loro crescita nella carità.
“Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore!”…è un’altra verità assai nota ma che facciamo finta di non conoscere. Se sono concentrato su me stesso, sul mio lavoro, sul mio divertimento, sul rapporto con gli altri….e la famiglia è molto distante, è all’ultimo posto delle mie preoccupazioni…certamente il mio cuore è altrove…ha altre fonti a cui dissetarsi. La famiglia deve essere l’unico tesoro che assorbe le migliori nostre energie.
Beati coloro che hanno scelto di vivere sobriamente
per condividere i loro beni con i poveri.
Beati coloro che rinunciano a più offerte di lavoro
per risolvere i problemi dei disoccupati.
Beati i funzionari che sveltiscono gli iter burocratici
e tentano di risolvere i problemi delle persone non informate.
Beati i banchieri, i commercianti e gli agenti di vendita
che non approfittano delle situazioni per aumentare i loro guadagni.
Beati i politici ed i sindacalisti
che si impegnano a trovare soluzioni concrete alla disoccupazione.
Beati noi quando smetteremo di pensare:“Che male c’è nel frodare? Lo fanno tutti…”
allora la vita sociale sarà un’anticipazione del Regno dei Cieli.
Beati i genitori che fanno della famiglia il loro tesoro
avranno figli felici e sereni.
Beate le famiglie che sanno dare a “Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare”
non saranno mai sole nelle difficoltà.
L’uomo nella sua riflessione morale ha sempre visto nell’avere, nella ricchezza un pericolo di alienazione, Il dio-denaro, secondo Gesù, mette l’uomo nel pericolo più minaccioso di non accorgersi della Sua venuta, di non percepire la chiamata di Dio, di non possedere quella radicale libertà di cuore che è necessaria per l’accettazione piena del Regno, Chi vuole il Regno deve dare in elemosina ai poveri i propri beni.
La povertà volontaria dei beni è una “novità assoluta”, il segno della nuova fraternità. “Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune…”, scrive Luca nel libro degli Atti 2,44. La donazione libera e gratuita dei beni è una risposta al Vangelo, è un atto di fede nell’avvento del Regno che unifica gli uomini attraverso la grazia di Dio, è un atto d’amore per l’uomo in risposta all’atto di grazia e d’amore di Dio per noi. La povertà evangelica volontaria perciò non è un programma di giustizia sociale e nemmeno una pratica ascetica, anche se non esclude questi valori, ma è un atto di fede e di amore.
Ogni autentico incontro umano deve avvenire nella povertà, perché dobbiamo saperci dimenticare e tirarci da parte affinché l’altro venga veramente a noi nella sua unicità. “ Non temete, piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto di darvi il suo Regno”…..questa dichiarazione stupenda di Gesù può essere benissimo applicata alla famiglia. Da essa gli sposi possono ricavare luce per il loro cammino di fede, conforto per le loro difficoltà e forza per la loro crescita nella carità.
“Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore!”…è un’altra verità assai nota ma che facciamo finta di non conoscere. Se sono concentrato su me stesso, sul mio lavoro, sul mio divertimento, sul rapporto con gli altri….e la famiglia è molto distante, è all’ultimo posto delle mie preoccupazioni…certamente il mio cuore è altrove…ha altre fonti a cui dissetarsi. La famiglia deve essere l’unico tesoro che assorbe le migliori nostre energie.
Beati coloro che hanno scelto di vivere sobriamente
per condividere i loro beni con i poveri.
Beati coloro che rinunciano a più offerte di lavoro
per risolvere i problemi dei disoccupati.
Beati i funzionari che sveltiscono gli iter burocratici
e tentano di risolvere i problemi delle persone non informate.
Beati i banchieri, i commercianti e gli agenti di vendita
che non approfittano delle situazioni per aumentare i loro guadagni.
Beati i politici ed i sindacalisti
che si impegnano a trovare soluzioni concrete alla disoccupazione.
Beati noi quando smetteremo di pensare:“Che male c’è nel frodare? Lo fanno tutti…”
allora la vita sociale sarà un’anticipazione del Regno dei Cieli.
Beati i genitori che fanno della famiglia il loro tesoro
avranno figli felici e sereni.
Beate le famiglie che sanno dare a “Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare”
non saranno mai sole nelle difficoltà.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.