sabato 28 agosto 2010

51 - XXII DOMENICA – LA SCELTA DELL’UMILTA’ - 29 AGOSTO 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA

Scegliere l’ultimo posto in famiglia ( Siracide 3,19-21.30-31 Ebrei 12,18-19.22-24 Luca 14,1.7-14 )

Mettere l’umiltà al centro delle nostre considerazioni non è certamente cosa agevole, oggi, anche perché il termine ‘umiltà’ sembra essere stato completamente radiato dal vocabolario corrente. E se il vocabolario lo ignora, vuol dire che l’umiltà come atteggiamento di vita è diventata ormai un optional, anzi, una stranezza indesiderata. Eppure, non solo il cristiano ma ogni vero credente, se si mantiene alla scuola di Dio e, a maggior ragione, alla scuola del vangelo, avverte ogni giorno di più di essere chiamato sulla strada dell’umiltà. Questa è la via che Dio ha aperto dal cielo alla terra quando è sceso fino a noi. Questa è la via sulla quale Gesù si è mosso, quando abitava in mezzo a noi. Questa è la via sulla quale hanno camminato i santi ed i martiri. Questa è la via della perfezione cristiana, aperta davanti a tutti coloro che, pellegrini sulla terra, si sentono chiamati alla patria del cielo.
La liturgia della Parola odierna mette peraltro in grande evidenza il risvolto positivo dell’umiltà, quando essa è assunta sinceramente e coraggiosamente come atteggiamento di vita: con essa e per essa veniamo ammessi al banchetto del Regno. E’ questa la veste nuziale della quale non possiamo fare a meno; con essa invece riusciamo graditi al Signore e veniamo ammessi alla gioia del banchetto nuziale. E’ come dire che l’umiltà ci rende simili a Gesù e solo così Gesù riconosce in noi la nostra somiglianza con Lui. Per un cristiano l’umiltà è, ad un tempo, atteggiamento di vita e attitudine interiore. Se non è umile l’animo non possono essere umili le parole e i gesti. Ed è una lezione questa, che si può imparare solo da Gesù. E’ stato Lui a dire -e si rivolgeva ai suoi discepoli- “imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,29) Chi di noi può dire con tutta la verità di avere “imparato Cristo”? (cfr Ef 4,20)

La società, e spesso anche la famiglia, si organizza e vive sulla competitività, sulla lotta ad oltranza per i primi posti, sul denaro, come il valore ultimo ed assoluto.
I giovani ed i ragazzi oggi si preparano ad inserirsi in questo tipo di società attraverso una educazione familiare e scolastica troppo spesso fondata su una educazione all’agonismo sociale, all’arrivismo. E’ grave il pericolo di una scuola che diventa luogo di selezione sociale massificando i più, relegandoli alla categoria di “inferiori” e facendo emergere i “meglio-dotati”. Un’educazione cristiana che non punti a fare l’uomo più umano, più capace di vera relazione con l’altro, ma invece più sicuro di sé, più aristocratico, più distaccato….finisce per renderlo potenzialmente più egoista e sfruttatore.
Ovunque, ma specialmente in famiglia, scegliere l’ultimo posto significa usare il proprio posto per il servizio degli altri e non per il dominio su di loro.

domenica 22 agosto 2010

50 - XXI DOMENICA – UN AMORE ESIGENTE ED UNIVERSALE - 22 AGOSTO 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
Il TU dell’amore familiare ( Isaia 66,18-21 Ebrei 12,5-7.11-13 Luca 13,22-30 )

Quello di Dio è un amore esigente: è un amore da Dio! Ma è evidente che tale esigenza è dettata solo dall’amore. Non può essere segno di una volontà dispotica e tanto meno indice di una autorità che non lascia spazio alla libertà altrui. Anche noi conosciamo le esigenze dell’amore che non sono meno forti delle esigenze dell’autorità. Non dovremmo perciò far fatica a considerare le esigenze di Dio come segno manifestativo del suo amore assoluto e incondizionato, preveniente ed indulgente. Quello di Dio è anche un amore universale: non può essere costretto dentro categorie o limiti umani, ma vuole spaziare su tutti i tempi e in tutti i luoghi per raggiungere tutta l’umanità. A differenza del nostro, l’amore di Dio non diminuisce quando viene partecipato, anzi comunicandosi si realizza in pienezza.

Se ci illudiamo di aver diritto ad un posto di riguardo solamente perché fin da piccolo siamo immersi in una cultura cristiana, o perché siamo amici di un prete o di una suora, la nostra delusione sarà cocente. Non basterà neppure conoscere le tradizioni cattoliche, aver partecipato talvolta alla Messa, né aver ascoltato la Parola di Dio. Ciò che conta infatti è ben altro.
Il vangelo di Gesù non è un distintivo da mettere sul bavero,un divisa da indossare nelle grandi occasioni, una tessera da esibire per essere ammessi in luoghi esclusivi, un pass che dà diritto ad accedere a sconti privilegiati per entrare nel Regno.
La Buona Novella è tale solo se viene messa in pratica, se diventa carne e sangue della nostra esistenza, se trasforma le nostre decisioni e ci fa assumere atteggiamenti nuovi, improntati all’amore e alla giustizia, alla fraternità e alla misericordia. E’ questo l’essenziale e pertanto Gesù annuncia grosse sorprese quando le apparenze faranno posto alla realtà: allora ci saranno primi che diventeranno ultimi e ultimi che prenderanno il posto dei primi.

Il TU nella coppia…. si presenta anzitutto come un mistero, su cui non si possono mettere le mani, che è sempre al di là di quanto si pensa di aver capito o colto di lui.
Si presenta con la caratteristica di dono, qualcosa cioè che non si può pretendere ma che viene dato e il cui esserci dato ci sorprende perché ha sempre la connotazione del gratuito, del non dovuto.
Si presenta come colui che parla, che dice parole di conforto, di incoraggiamento, anche di giudizio ma che sempre rialzano e fanno camminare ancora.
Si presenta come qualcuno che attrae, con un’attrazione che suscita ricerca continua.
Si presenta come un’alleato che è dalla mia parte, che mi permette di dire in ogni circostanza: “sono amato!”.
Si presenta come colui che apre sempre nuove prospettive, nuovi orizzonti di azione, e quindi scioglie continuamente i nodi della vita, prospetta nuove vie d’uscita, nuovi possibili inizi.
Si presenta come colui che si dona, che si comunica, si manifesta, che offre una comunicazione di esperienza.

sabato 14 agosto 2010

49 - ASSUNZIONE DI MARIA: UNA DONNA VESTITA DI SOLE - 15 agosto 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA

Una mamma in Cielo (Apocalisse 11,19;12,1-6.10 1 Corinti 15,20-27 Luca 1,39-56 )

La persona di Maria racchiude e realizza in sé un cammino particolare di fede: pur nell’elezione che l’ha vista non toccata dal peccato originale e che l’ha resa Madre di Dio, essa “ha creduto per prima”. Questa precedenza nel cammino di fede la rende un modello per chiunque vuole capire cosa significhi riconoscere la completa signoria di Dio sulla propria vita.
Questa signoria trova compimento già a livello del nostro cammino di crescita umana. Mano a mano che la signoria di Dio entra nella nostra storia riusciamo a vedere con occhi nuovi la realtà che ci circonda. I nostri occhi non vedono più i soprusi, le ingiustizie di chi opprime il debole, le fandonie di chi ha la superbia nella propria lingua, la ricchezza che diventa uccisione del povero… pian piano i nostri occhi diventano simili a quelli di Maria che la rendono capace di riconoscere la potenza di Dio all’opera nella storia in favore della giustizia e della pace e ci accorgiamo come noi stessi possiamo diventare a nostra volta storia di liberazione, proprio come Maria, se ci affidiamo a questo annuncio.
La signoria di Dio trova compimento anche nel nostro cammino di fede. Con Maria ci accorgiamo di essere ‘servi del Signore’, chiamati a proclamare l’opera del Signore e le sue meraviglie, chiamati a magnificare la presenza Sua nella nostra vita. Con Maria non abbiamo paura a riconoscere di fronte al mondo la nostra elezione, non abbiamo paura a chiamarci servi e figli di Dio, non abbiamo paura dell’opera che lo Spirito Santo sta compiendo dentro di noi. Questo cammino si compie nella preghiera, nel servizio e nella testimonianza, insieme a Maria che è stata capace di rendere effettivi nella propria carne la sua preghiera del Magnificat, il suo servizio verso gli altri (la visitazione è prima di tutto risposta a un bisogno di Elisabetta) e il suo annuncio di liberazione.
L’ultimo annuncio di questa signoria di Dio sulla nostra vita avviene quando riusciamo a comprendere che essa non rimane estranea nemmeno alla nostra corporeità. Lo possiamo già intuire nell’annuncio dell’incarnazione o sentire nella nostra vita nella corporeità dei vari sacramenti. La realtà della risurrezione, che per la nostra natura umana diventa già efficace nell’assunzione di Maria al Cielo, è il richiamo ultimo ad abbandonare anche il nostro corpo alla potenza del Regno di Dio. Persino il nostro corpo, con i suoi bisogni infimi e con i suoi desideri più alti, con le sue grida di “ho fame!” e i suoi “ti amo!”, è compreso nel Regno di Dio. Il corpo di Maria, che ha portato in sé il corpo del Verbo incarnato, eppure ha affrontato il dolore della storia, diventa nella sua assunzione la promessa e la realizzazione del fatto che i nostri sogni, i nostri desideri, i nostri stessi bisogni non possono più distoglierci dalla presenza divina che ha toccato la nostra vita.

Donaci, Padre, di lodarti con le stesse parole di Maria, con le espressioni di gioia di tanti uomini e donne che hanno creduto e sperato in Te. Sì, o Dio, Tu sei veramente grande nel Tuo amore smisurato, che non conosce confini: in Maria Tu ci offri un segno di sicura speranza perché ognuno possa contemplare nella sua gloria il compimento e la pienezza a cui è destinato.
Attraverso di lei, giovane donna e madre di Nazareth, Tu hai realizzato il prodigio dell’Incarnazione del Tuo Figlio. A lei Tu lo hai affidato come un bambino da far crescere e preparare alla vita, nutrito del suo affetto di madre. E lei gli è rimasta accanto fino in fondo, fino al Calvario, fino alla morte sulla croce.
Per questo ha partecipato, anima e corpo, alla sua risurrezione. Per questo non ha conosciuto la corruzione del sepolcro, ma è stata trasfigurata subito dopo la morte per condividere accanto al Figlio la gioia dell’eternità. Amen.

sabato 7 agosto 2010

48 - XIX DOMENICA: POVERTA’ VOLONTARIA SEGNO DEL REGNO - 08 AGOSTO 2010

LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
La famiglia come tesoro - ( Sapienza 18,3.6-9 Ebrei 11,1-2.8-19 Luca 12,32-48 )

L’uomo nella sua riflessione morale ha sempre visto nell’avere, nella ricchezza un pericolo di alienazione, Il dio-denaro, secondo Gesù, mette l’uomo nel pericolo più minaccioso di non accorgersi della Sua venuta, di non percepire la chiamata di Dio, di non possedere quella radicale libertà di cuore che è necessaria per l’accettazione piena del Regno, Chi vuole il Regno deve dare in elemosina ai poveri i propri beni.
La povertà volontaria dei beni è una “novità assoluta”, il segno della nuova fraternità. “Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune…”, scrive Luca nel libro degli Atti 2,44. La donazione libera e gratuita dei beni è una risposta al Vangelo, è un atto di fede nell’avvento del Regno che unifica gli uomini attraverso la grazia di Dio, è un atto d’amore per l’uomo in risposta all’atto di grazia e d’amore di Dio per noi. La povertà evangelica volontaria perciò non è un programma di giustizia sociale e nemmeno una pratica ascetica, anche se non esclude questi valori, ma è un atto di fede e di amore.

Ogni autentico incontro umano deve avvenire nella povertà, perché dobbiamo saperci dimenticare e tirarci da parte affinché l’altro venga veramente a noi nella sua unicità. “ Non temete, piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto di darvi il suo Regno”…..questa dichiarazione stupenda di Gesù può essere benissimo applicata alla famiglia. Da essa gli sposi possono ricavare luce per il loro cammino di fede, conforto per le loro difficoltà e forza per la loro crescita nella carità.
“Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore!”…è un’altra verità assai nota ma che facciamo finta di non conoscere. Se sono concentrato su me stesso, sul mio lavoro, sul mio divertimento, sul rapporto con gli altri….e la famiglia è molto distante, è all’ultimo posto delle mie preoccupazioni…certamente il mio cuore è altrove…ha altre fonti a cui dissetarsi. La famiglia deve essere l’unico tesoro che assorbe le migliori nostre energie.

Beati coloro che hanno scelto di vivere sobriamente
per condividere i loro beni con i poveri.
Beati coloro che rinunciano a più offerte di lavoro
per risolvere i problemi dei disoccupati.
Beati i funzionari che sveltiscono gli iter burocratici
e tentano di risolvere i problemi delle persone non informate.
Beati i banchieri, i commercianti e gli agenti di vendita
che non approfittano delle situazioni per aumentare i loro guadagni.
Beati i politici ed i sindacalisti
che si impegnano a trovare soluzioni concrete alla disoccupazione.
Beati noi quando smetteremo di pensare:“Che male c’è nel frodare? Lo fanno tutti…”
allora la vita sociale sarà un’anticipazione del Regno dei Cieli.
Beati i genitori che fanno della famiglia il loro tesoro
avranno figli felici e sereni.
Beate le famiglie che sanno dare a “Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare”
non saranno mai sole nelle difficoltà.

giovedì 5 agosto 2010

47 - A META’ SETTIMANA…PER RIASSAPORARE LA PAROLA!

Guardare in Cielo…per vivere meglio!
“ Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù…pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra!”. Sono parole che abbiamo ascoltato nella lettera dei Colossesi di domenica.
Possiamo notare, secondo S; Paolo, tre momenti della nostra unione con il Signore Gesù: “risorti con Cristo”, “vita nascosta con Cristo”, “manifestati con Lui”. Il battesimo ci fa partecipi della risurrezione di Cristo, ci fa morire al peccato e condividere la vita umile e nascosta di Cristo, e finalmente prendere parte alla sua glorificazione. Durante questa vita siamo impegnati a sviluppare i primi due momenti: quello che fa morire “le cose della terra”, i comportamenti cattivi che derivano dalla natura umana corrotta, e quello che cerca “le cose di lassù”, per cui il cristiano si rinnova continuamente e diventa icona vivente sempre più simile al Padre, presso il quale si è assiso il Signore risorto.
Notiamo in particolare due cose negative da evitare. La prima è quella di mentirsi reciprocamente. Tale modo di essere non ha ragione d’essere: gli altri non sono degli stranieri … ma in forza del battesimo sono dei fratelli e delle sorelle nei quali è presente Cristo “tutto in tutti”. Quanto è importante la reciproca sincerità all’interno della vita di coppia e familiare. Nelle bugie non si cresce e non si educa. Come dice il vecchio proverbio…le bugie hanno le gambe corte e non portano da nessuna parte anzi rendono i rapporti tumultuosi e difficili. La seconda realtà da far morire è “quella avarizia insaziabile che è idolatria”….che suppone una totale consacrazione al dio-denaro. Impariamo ad essere saggi gestendo con responsabilità le realtà di questo mondo secondo la legge di Dio, a utilità nostra e dei fratelli…è questa una grazia che dobbiamo chiedere con costanza al Signore.

Il nome…un patrimonio!
Il nome, specialmente nella sua valenza etimologico-simbolica, rivela l’identità più vera dell’essere di Dio come anche della persona umana, fonda le relazioni in termini positivi o negativi, dice conoscenza,appartenenza, presenza reciproca, cura perso-nale, protezione…apre a possibilità inedite di accesso al potere dell’altro in forza di un’alleanza, esprime iconicamente la missione cui si è destinati.
Rivelare il nome vuol dire manifestare la propria essenza e le proprie caratteristiche in prospettiva relazionale; dare il nome è prerogativa di sovranità; cambiare il nome è un’azione tipicamente divina, di cui Dio si avvale per indicare i nuovi ruoli assegnati a coloro che Egli sceglie come suoi servi ed amici; conferire un nome nuovo è dono ed espressione di fiducia, contiene una promessa, ma al tempo stesso esige un impegno, responsabilità, fedeltà da parte di chi lo riceve in ordine alla missione affidata; invocare il nome è proprio di formule di giuramento, di benedizione, di maledizione, chiamando in causa la potenza divina, ma anche evocazione di una presenza reale; chiamare per nome implica una familiarità, una conoscenza ed intimità che sono ultimamente indirizzate ad una cura speciale in vista della salvezza.