LA PAROLA DOMENICALE LETTA IN FAMIGLIA
Scegliere l’ultimo posto in famiglia ( Siracide 3,19-21.30-31 Ebrei 12,18-19.22-24 Luca 14,1.7-14 )
Mettere l’umiltà al centro delle nostre considerazioni non è certamente cosa agevole, oggi, anche perché il termine ‘umiltà’ sembra essere stato completamente radiato dal vocabolario corrente. E se il vocabolario lo ignora, vuol dire che l’umiltà come atteggiamento di vita è diventata ormai un optional, anzi, una stranezza indesiderata. Eppure, non solo il cristiano ma ogni vero credente, se si mantiene alla scuola di Dio e, a maggior ragione, alla scuola del vangelo, avverte ogni giorno di più di essere chiamato sulla strada dell’umiltà. Questa è la via che Dio ha aperto dal cielo alla terra quando è sceso fino a noi. Questa è la via sulla quale Gesù si è mosso, quando abitava in mezzo a noi. Questa è la via sulla quale hanno camminato i santi ed i martiri. Questa è la via della perfezione cristiana, aperta davanti a tutti coloro che, pellegrini sulla terra, si sentono chiamati alla patria del cielo.
La liturgia della Parola odierna mette peraltro in grande evidenza il risvolto positivo dell’umiltà, quando essa è assunta sinceramente e coraggiosamente come atteggiamento di vita: con essa e per essa veniamo ammessi al banchetto del Regno. E’ questa la veste nuziale della quale non possiamo fare a meno; con essa invece riusciamo graditi al Signore e veniamo ammessi alla gioia del banchetto nuziale. E’ come dire che l’umiltà ci rende simili a Gesù e solo così Gesù riconosce in noi la nostra somiglianza con Lui. Per un cristiano l’umiltà è, ad un tempo, atteggiamento di vita e attitudine interiore. Se non è umile l’animo non possono essere umili le parole e i gesti. Ed è una lezione questa, che si può imparare solo da Gesù. E’ stato Lui a dire -e si rivolgeva ai suoi discepoli- “imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,29) Chi di noi può dire con tutta la verità di avere “imparato Cristo”? (cfr Ef 4,20)
La società, e spesso anche la famiglia, si organizza e vive sulla competitività, sulla lotta ad oltranza per i primi posti, sul denaro, come il valore ultimo ed assoluto.
I giovani ed i ragazzi oggi si preparano ad inserirsi in questo tipo di società attraverso una educazione familiare e scolastica troppo spesso fondata su una educazione all’agonismo sociale, all’arrivismo. E’ grave il pericolo di una scuola che diventa luogo di selezione sociale massificando i più, relegandoli alla categoria di “inferiori” e facendo emergere i “meglio-dotati”. Un’educazione cristiana che non punti a fare l’uomo più umano, più capace di vera relazione con l’altro, ma invece più sicuro di sé, più aristocratico, più distaccato….finisce per renderlo potenzialmente più egoista e sfruttatore.
Ovunque, ma specialmente in famiglia, scegliere l’ultimo posto significa usare il proprio posto per il servizio degli altri e non per il dominio su di loro.
Scegliere l’ultimo posto in famiglia ( Siracide 3,19-21.30-31 Ebrei 12,18-19.22-24 Luca 14,1.7-14 )
Mettere l’umiltà al centro delle nostre considerazioni non è certamente cosa agevole, oggi, anche perché il termine ‘umiltà’ sembra essere stato completamente radiato dal vocabolario corrente. E se il vocabolario lo ignora, vuol dire che l’umiltà come atteggiamento di vita è diventata ormai un optional, anzi, una stranezza indesiderata. Eppure, non solo il cristiano ma ogni vero credente, se si mantiene alla scuola di Dio e, a maggior ragione, alla scuola del vangelo, avverte ogni giorno di più di essere chiamato sulla strada dell’umiltà. Questa è la via che Dio ha aperto dal cielo alla terra quando è sceso fino a noi. Questa è la via sulla quale Gesù si è mosso, quando abitava in mezzo a noi. Questa è la via sulla quale hanno camminato i santi ed i martiri. Questa è la via della perfezione cristiana, aperta davanti a tutti coloro che, pellegrini sulla terra, si sentono chiamati alla patria del cielo.
La liturgia della Parola odierna mette peraltro in grande evidenza il risvolto positivo dell’umiltà, quando essa è assunta sinceramente e coraggiosamente come atteggiamento di vita: con essa e per essa veniamo ammessi al banchetto del Regno. E’ questa la veste nuziale della quale non possiamo fare a meno; con essa invece riusciamo graditi al Signore e veniamo ammessi alla gioia del banchetto nuziale. E’ come dire che l’umiltà ci rende simili a Gesù e solo così Gesù riconosce in noi la nostra somiglianza con Lui. Per un cristiano l’umiltà è, ad un tempo, atteggiamento di vita e attitudine interiore. Se non è umile l’animo non possono essere umili le parole e i gesti. Ed è una lezione questa, che si può imparare solo da Gesù. E’ stato Lui a dire -e si rivolgeva ai suoi discepoli- “imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,29) Chi di noi può dire con tutta la verità di avere “imparato Cristo”? (cfr Ef 4,20)
La società, e spesso anche la famiglia, si organizza e vive sulla competitività, sulla lotta ad oltranza per i primi posti, sul denaro, come il valore ultimo ed assoluto.
I giovani ed i ragazzi oggi si preparano ad inserirsi in questo tipo di società attraverso una educazione familiare e scolastica troppo spesso fondata su una educazione all’agonismo sociale, all’arrivismo. E’ grave il pericolo di una scuola che diventa luogo di selezione sociale massificando i più, relegandoli alla categoria di “inferiori” e facendo emergere i “meglio-dotati”. Un’educazione cristiana che non punti a fare l’uomo più umano, più capace di vera relazione con l’altro, ma invece più sicuro di sé, più aristocratico, più distaccato….finisce per renderlo potenzialmente più egoista e sfruttatore.
Ovunque, ma specialmente in famiglia, scegliere l’ultimo posto significa usare il proprio posto per il servizio degli altri e non per il dominio su di loro.